2019-03-03
La propaganda di Bruxelles resta in mutande
L'ultima trovata è Capitan Europa, copia sbiadita e ridicola di Capitan America che dal pubblico incassa quasi solo sberleffi. Gli eurocrati ci trattano come minorati: mandano camioncini elettorali nelle piazze ma guai a parlare di Brexit o austerità.Stasera a Che tempo che fa l'intervista al presidente francese. L'operazione va in porto con la mediazione dell'ex premier, vicino ad Jaques Attali. Centrodestra in trincea. Per Maurizio Gasparri «farà concorrenza a Paperissima».Lo speciale contiene due articoli. Proprio nel bel mezzo del periodo di Carnevale, e a poco meno di tre mesi dal voto per il rinnovo del Parlamento, l'Unione europea mette in scena una ridicola pagliacciata. Protagonista della vicenda, un uomo mascherato che si fa chiamare «Capitan Europa». Le dodici stelle gialle stampate sulla maglietta blu (stesso colore della calzamaglia aderente), la bandiera europea a mo' di mantello, tricorno in testa, mascherina sul volto e, per finire, un paio di succinte e imbarazzanti mutandine gialle. È questo il ritratto del supereroe europeo, che nella biografia di Twitter (social network dove conta appena 3.700 follower) rivela il suo potere segreto, l'Ue appunto. La trovata fa ridere? Piuttosto, parafrasando il celebre comico Martufello, fa schifo. Ma evidentemente, mettiamo le mani avanti, il nostro senso dell'umorismo si discosta un tantino da quello dei nostri partner nordeuropei. Non si spiega altrimenti la scelta, da parte dell'ufficio comunicazione del Parlamento europeo, di valorizzare questo singolare personaggio. «Il 26 maggio, tre mesi da oggi, Capitan Europa voterà alle elezioni europee per scegliere il proprio rappresentante all'interno del Parlamento europeo», ha twittato il 26 febbraio scorso l'account ufficiale di Strasburgo, «come la nostra stella, #stavoltavoto (hashtag ufficiale della campagna, ndr) per un'Europa scelta da me! E tu per quale motivo voti?».Vi lasciamo immaginare i commenti. «Ridicolo», «patetico», «grottesco», sono solo alcuni degli epiteti in risposta al ritratto del sorridente giovane mascherato. Se molti preferiscono postare solo una sarcastica gif (filmati di pochi secondi di tendenza su Internet, ndr), altri ci vanno giù più pesante. «Una sola parola. Frexit», scrive un utente, mentre un altro lamenta: «È impossibile! L'account del Parlamento europeo è stato hackerato!». Più avanti i commenti vanno da «schifo angosciante, a immagine dell'Europa», a «che immaginazione! Usare un clone di Capitan America dà l'idea della vostra stupidità», fino a «l'Ue prima era solo qualcosa di ostile e antipatico, ora invece è anche dozzinale».Che dire, gli iscritti al social network mostrano di non aver apprezzato l'uscita. Ma il vero interrogativo, semmai, è con quale criterio il Parlamento abbia deciso di investire Capitan Europa del ruolo di house organ. Dopo due giorni, accortisi della caduta di stile, i social media manager spiegano con un altro tweet che «ci siamo lasciati trasportare dall'entusiasmo di Capitan Europa, ma desideriamo precisare che si tratta di un'iniziativa individuale e indipendente rispetto alla campagna di mobilitazione del Parlamento europeo». Contattato da alcuni media, Capitan Europa spiega di essere «sorpreso dal rischio che il Parlamento abbia corso scegliendo la mia immagine per la loro comunicazione», aggiungendo di essere semplicemente «un cittadino impegnato nella promozione dell'ideale europeo», tra l'altro «non sempre in linea con le attuali politiche dell'Ue». Come si dice in questi casi, insomma, il Parlamento europeo è incappato in un vero e proprio «epic fail».Ma basta dare uno sguardo più in generale agli strumenti della campagna elettorale per rendersi conto del livello di autoreferenzialità della propaganda europea. Proprio in questi giorni è partita l'iniziativa «Eu truck tour», organizzata dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea. Un camion stazionerà in cinque piazze italiane, incontrando anche gli studenti delle scuole per «rispondere a domande sul senso di appartenenza all'Ue, sui temi che stanno loro più a cuore, sulle questioni di cui l'Ue dovrebbe occuparsi di più o di meno». Il progetto dedica «particolare attenzione» alla campagna istituzionale denominata «Stavolta voto», al fine di «sollecitare i più giovani a partecipare alle elezioni europee, a comprenderne il senso e ad esercitare così la loro cittadinanza europea attiva». È chiaro in questo caso il tentativo di plasmare sin dalla più tenera età all'ideale europeista. «Cosa fa per me l'Europa», uno dei due portali multilingue attivati in occasione della scadenza elettorale, descrive con dovizia di particolari gli aspetti positivi portati dall'Ue nei campi più disparati. Nessun cenno, c'era da immaginarselo, alle politiche di austerità, ai limiti ormai palesi della moneta unica, ai litigi sul budget, alla Brexit o al surplus tedesco. Nel favoloso mondo immaginato da Bruxelles, l'elettore viene trattato alla stregua di un minus habens al quale rifilare figure discutibili come quella di Capitan Europa, e la sola preferenza giusta in termini di voto risulta quella accordata ai partiti più fedeli alla tradizione europeista.Come raccontato dal nostro quotidiano nei mesi scorsi, la scelta di escludere il dissenso dalla campagna elettorale è stata messa nero su bianco dalle alte sfere del Parlamento europeo all'interno del piano di comunicazione approvato l'anno scorso. Considerato che quella strategia è costata ben 33 milioni di euro ed è finanziata anche dalle nostre tasche, sarebbe auspicabile che tutte le voci, anche quelle critiche, trovino in questi mesi il giusto spazio.Antonio Grizzuti<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-propaganda-di-bruxelles-resta-in-mutande-2630480074.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="fazio-srotola-lo-zerbino-per-macron-grazie-alla-mediazione-di-letta-jr" data-post-id="2630480074" data-published-at="1758065043" data-use-pagination="False"> Fazio srotola lo zerbino per Macron grazie alla mediazione di Letta jr Il nuovo ambasciatore francese, pagato dallo Stato italiano 186.000 euro al mese per quattro anni (la fonte è lui), sta per entrare all'Eliseo sul cavallo della Rai per intervistare il suo presidente, Emmanuel Macron. Le voci da viale Mazzini dicono che Fabio Fazio sia in ansia, incerto se optare per una giacca nera con camicia bianca senza cravatta o un classico completo blu, più consono all'ufficialità dell'officium, nel senso di cerimonia. In direzione Rai 1 ovviamente non sanno con precisione neppure questo, come non sapevano che il conduttore stava organizzando il colpo a sorpresa che ha pietrificato l'establishment dell'azienda. Quando la direttrice Teresa De Santis dichiara candidamente «non ci hanno informato di nulla», in realtà ammette due debolezze che stanno molto innervosendo l'azionista politico, vale a dire il governo, e soprattutto la Lega. La prima è l'accettazione a scatola chiusa del prodotto Che tempo che fa (cosa mai accaduta nell'era renziana), la seconda è la consapevolezza che la rivoluzione annunciata da Lega e 5 stelle e sbandierata con terrore vittimista dal Pd non si è mai realizzata. La stessa De Santis, dopo una lunga militanza a sinistra (scuola Manifesto), è approdata alla poltrona di Raiuno in quota Lega per misteriose armonie di corridoio. Ed è molto meno fidata di quanto non lo sia Carlo Freccero per la Raidue grillina. Dubbi, silenzi e sospetti di un trappolone accompagnano la domenica verso l'intervista dell'anno questa sera alle 20.35 (è certamente un colpo televisivo) e della discordia. Se Matteo Salvini attende di vederla per giudicarla, i suoi fedelissimi lasciano trasparire ironia («In fondo è il personaggio più di destra che Fazio incontra negli ultimi tre mesi», «Si vede che non era disponibile Roberto Saviano»), ma sono pronti a legarsela al dito. La posizione ufficiale del partito è quella rappresentata dal capogruppo in Commissione di Vigilanza, Paolo Tiramani: «Fazio non dovrebbe intervistare politici, visto il tipo di contenitore che conduce. Perciò ci piacerebbe sapere a che titolo interviene Macron; ci aspettiamo che non interferisca nella politica italiana». Poi ricorda al partner televisivo di Luciana Littizzetto ciò che gli aveva detto una settimana fa: «Se desidera emigrare, il volo glielo paghiamo noi di tasca nostra, ma il biglietto deve essere di sola andata». Mentre il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida, ha pronta un'interrogazione in Vigilanza per sapere «a quanto ammontano le spese per il viaggio della troupe all'Eliseo», la leader Giorgia Meloni si è concentrata sui contenuti dell'intervista: «Sarebbero interessanti domande sulle politiche neocoloniali che la Francia porta avanti in Africa, sul franco Cfa, sul controllo dell'economia di queste nazioni». Sui social gira invece ben altra, surreale scaletta in stile simil Fazio: Quando ci invadete? Le interessa la Sardegna? Come fa ad essere così bello? Com'è stare con una signora venticinquenne? Ancora più tranchant il giudizio dell'operazione da parte del senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri: «Molti protestano, ma in fondo questa intervista è un tentativo della Rai di fare concorrenza a Paperissima. Fazio non è un giornalista e Macron non è un presidente, ma un Toninelli che ha studiato e male. Sono due persone non capaci di svolgere le funzioni a cui sono stati chiamati e di cui presto bisognerà liberarsi. Di Fazio anche per gli inutili costi per ascolti bassi che hanno inguaiato da anni Rai 1». Il conduttore con il dubbio se mettersi la cravatta oppure no, non fa un plissè, anzi è felice di essere la punta di diamante del Pd dentro una Rai che fatica a prendere le distanze dalla sinistra organica. Ha un contratto blindato da un colpo di coda renziano, sa che nessuno spenderebbe nove milioni per pagare la penale determinata da una cacciata, e tira dritto. La vicenda è passata sopra molte teste e la ricostruzione del blitz è lo sport preferito della dietrologia investigativa del weekend. Le strade sono due: una richiesta di intervista da parte dello stesso Macron nella telefonata al presidente Sergio Mattarella per ristabilire cordiali rapporti con i cittadini italiani dopo la vicenda dell'ambasciatore ritirato (versione Le Figaro) e una via più suggestiva. Quella che porta a Enrico Letta. L'ex premier lampo, in esilio culturale autoimposto a Parigi, è stato ospite di Fazio tre settimane fa. In quell'occasione il conduttore avrebbe espresso la richiesta impossibile e Letta avrebbe fatto da ponte grazie ai buoni uffici con l'Eliseo attraverso ambienti politici affini (Jacques Attali e amici comuni) sino ad arrivare all'insperato sì di Macron. Per ora la Rai ha reagito in modo trasversale. Ieri è stata annunciata la chiusura della fiction Il paradiso delle signore: la seconda stagione non sarà finanziata con i 19 milioni di euro previsti. La trasmissione è prodotta dalla società francese Banijay, partner di Magnolia che affianca L'Officina, contenitore finanziario e organizzativo di tutti i programmi di Fabio Fazio. Anche con i buoni uffici di Banijay si è arrivati fino a Macron. Salvini l'aveva profetizzato a Carbonia: «Fazio continuerà a fare le sue splendide interviste, magari guadagnando meno quattrini». Rai 1 ore 20.35, toast con la cipolla e rutto libero alla Fantozzi. Anche se non è una partita di calcio. Giorgio Gandola