2022-05-27
La prima trattativa inizia dal grano: partono i bastimenti di cereali ucraini
Le quotazioni del frumento in Borsa scendono del 12% negli Usa Possibile pure un corridoio umanitario. Vladimir Putin: basta sanzioni.Qualcosa si muove nell’est Europa. Dalla guerra per il grano, infatti, passa di certo anche la fine della guerra russo-ucraina. La buona notizia è che qualche spiraglio di ottimismo inizia a intravedersi. Il merito, va detto è anche di Turchia e Cina. Dopo mesi di impennate, infatti, le quotazioni mondiali del grano sono scese del 12% nell’ultima settimana sotto la spinta del via libera al passaggio delle navi cargo straniere annunciato dalla Russia a Mariupol, ma anche per le nuove opportunità offerte dal trasporto ferroviario.Basta dare uno sguardo all’apertura Borsa merci future di Chicago, che rappresenta il punto di riferimento mondiale del commercio delle materie prime agricole, per vedere che il grano è sceso verso gli 11 dollari per bushel (27,2 chili). Insieme al frumento sono andate giù, ad esempio, anche le quotazioni del mais destinato all’alimentazione animale. Come sottolinea Coldiretti, insomma, la partenza delle navi significa lo svuotamento dei magazzini dove si stima la presenza di oltre 20 milioni di tonnellate di cereali tra grano, orzo e mais destinati alle esportazioni sia in Paesi ricchi che in quelli più poveri, dove il blocco rischia di provocare rivolte e carestie. Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran, che acquistano più del 60% del proprio grano da Russia e Ucraina ma, precisa sempre Coldiretti, anche Libano, Tunisia Yemen, e Libia e Pakistan sono fortemente dipendenti dalle forniture dei due Paesi.«In queste ore si stanno cominciando a sbloccare alcune navi commerciali per portare via parte del grano ucraino dai porti» del Paese, ha detto ieri il ministro degli Esteri Luigi Di Maio intervenendo alla seconda giornata dell’Educazione alimentare di Coldiretti. Come ha spiegato ieri il viceministro degli Esteri, Andrey Rudenko, rispondendo ad un appello in questo senso lanciato dall’Occidente a Mosca, pare dunque che la Russia appaia pronta al dialogo con tutti i partner internazionali sulle forniture di grano dall’Ucraina. In più, come ha detto il viceministro, l’ex Unione Sovietica sarebbe pronta a fornire un corridoio umanitario per le navi che trasportano prodotti alimentari fuori dall’Ucraina. Certo, dal punto di vista di Mosca le sanzioni dovrebbero essere revocate per evitare una crisi alimentare globale. Inoltre, ha aggiunto Rudenko, un’eventuale scorta occidentale delle navi che trasportano grano dall’Ucraina aggraverebbe seriamente la situazione nel Mar Nero, più precisamente quella del Mar D’Azov, la sezione settentrionale del Mar Nero controllata interamente dalle navi di Mosca. A ribadire questo concetto ci ha pensato lo stesso presidente russo Vladimir Putin in un colloquio telefonico con il premier Mario Draghi. Nel corso della telefonata «è stata discussa la situazione in Ucraina» e «in particolare le iniziative russe per riportare le pace nelle città liberate del Donbass», spiega un comunicato diffuso dal Cremlino. I due hanno parlato inoltre dei negoziati fra Mosca e Kiev, «congelati» dalla parte ucraina, e della crisi alimentare globale. «Il presidente Putin ha sottolineato come la Russia sia pronta a dare un contributo significativo al superamento della crisi alimentare attraverso l’esportazione di grano e di fertilizzanti, sempre che le restrizioni occidentali politicamente motivate siano revocate», conclude il comunicato. D’altronde la telefonata tra Draghi e Putin non è stata certo casuale. Il «la» per le trattative sul grano e sull’intero conflitto è partito quando il premier ha incontrato il presidente americano Biden e i due statisti hanno discusso anche di misure di sicurezza alimentare ed energia e si sono impegnati a lavorare insieme sulla crisi in atto. Inoltre, va detto, le due nazioni che hanno fatto da mediatori in questa «guerra nella guerra» sono state Turchia e Cina. Ankara è infatti da tempo in trattative con Mosca e Kiev per aprire un corridoio che passi dalla Turchia attraverso il Bosforo. «Con l’apertura di un corridoio dalla Turchia, c’è una richiesta per far sì che questi cereali raggiungano i propri mercati di riferimento. I negoziati sono ancora in corso», ha fatto sapere ieri un funzionario governativo che ha preferito rimanere anonimo. Non meno importante è stato il lavoro della Cina. Pechino da giorni propone di aprire un «canale verde» che renda possibile le esportazioni di grano da parte di Russia e Ucraina, dandosi disponibile per «mantenere la comunicazione di tutte le parti» coinvolte nella guerra. La proposta cinese è emersa durante il colloquio telefonico tra il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, con l’omologa tedesca Annalena Baerbock. In più, la Cina ha anche fatto sapere tramite un comunicato che la «comunità internazionale dovrebbe spingere per un cessate il fuoco tempestivo e fornire un canale verde a Russia e Ucraina sull’export di grano». Ora, insomma, qualche spiraglio di sereno tra le nubi inizia a vedersi. Ma non è certo ancora il momento di cantare vittoria. Il rischio di una ricaduta è dietro l’angolo se l’Occidente non farà qualcosa.