2020-05-14
La «potenza di fuoco» era un bluff: già finiti i soldi per le garanzie
Il Fondo ha richieste per 8,6 miliardi, il governo ne ha messi 1,7. Se le imprese non potranno restituirli, si dovrà alzare il deficit.Sono 175.458, per un importo di 8,67 miliardi di euro, le richieste di garanzie pervenute al Fondo di garanzia tra il 17 marzo (data del decreto Cura Italia) e la giornata di martedì. I numeri sono stati aggiornati ieri dal Mediocredito centrale, spiegando che di queste domande 173.259 sono quelle pervenute proprio ai sensi del Cura Italia e del decreto per la liquidità delle imprese. Ancora più in dettaglio, sono 149.723 le operazioni riferite a finanziamenti fino a 25.000 euro, con copertura al 100% per un importo finanziato di euro 3,15 miliardi, per i quali l'intervento del Fondo «è concesso automaticamente e possono essere erogati senza attendere l'esito definitivo dell'istruttoria da parte del Gestore». Secondo l'Abi, l'associazione dei banchieri, si tratta di cifre «che evidenziano lo sforzo eccezionale delle banche e dei lavoratori bancari». Ma dimostrano anche che lo Stato ha già di fatto esaurito il budget che aveva a disposizione. Ha infatti messo come sottostante per Mcc soltanto 1,7 miliardi. Quindi: o il fondo aumenta la leva e quindi alza il rischio di mancate coperture nel momento in cui i fidi non vengono restituiti. Oppure il governo dovrà ammettere il fallimento dell'operazione. Ma c'è un altro risvolto. Quando aumenteranno i fallimenti salirà di conseguenza il deficit per lo Stato. Che si sia arrivati a questo punto non sorprende. Nell'ultimo decreto, l'ex dl aprile diventato poi dl Rilancio, il Mef e di conseguenza il governo hanno preannunciato un incremento del deficit di 55 miliardi, mentre sempre secondo i tecnici il 2020 si chiuderà con un saldo netto da finanziare di ben 155 miliardi. Il primo, il deficit, è semplicemente il saldo del conto economico, il secondo, invece, rappresenta le poste finanziarie. E quindi una posta temporale che può tranquillamente andare oltre l'anno corrente. Nel testo del Def, documento di finanza pubblica, al vaglio del Parlamento, ballano ben 100 miliardi. Di questa enorme somma, circa la metà dovrebbe consistere in garanzia per Cdp e Simest ai fini di interventi in aziende o acquisizioni. L'altra metà riguarda le garanzie legate al decreto imprese del 17 marzo. Non solo. È in arrivo un altro fondo di garanzia per spingere l'anticipazione di Cig e assegni ordinari da parte delle banche. Per dare piena attuazione alla Convenzione in tema di anticipazione sociale in favore dei lavoratori destinatari dei trattamenti di integrazione al reddito, stipulata il 30 marzo tra Abi e parti sociali, è istituito, nello stato di previsione del ministero dell'Economia, un Fondo di garanzia per l'accesso all'anticipazione del trattamento di integrazione salariale, ordinario o in deroga nonché dell'assegno ordinario. La dotazione iniziale non è ancora cifrata nella bozza del decreto Rilancio aggiornata e criteri, condizioni e modalità di funzionamento del fondo verranno decise da Mef, ministero del Lavoro, Abi e parti sociali entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto.Nelle settimane scorse durante il dibattito alla Camera sul Def e sullo scostamento il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, aveva definito quella del governo «una manovra espansiva poderosa, di entità mai raggiunta dal dopoguerra a oggi» che comunque «non mette a repentaglio la sostenibilità della finanza pubblica». Eppure Bankitalia ha lanciato l'allarme sui 450 miliardi di garanzie pubbliche attivate dai decreti che potrebbero anche superare quelli del biennio 2012-2013, quando si avvicinarono al 10%. Ricordando anche che l'uscita dalla crisi con una «ripresa a V (con un forte recupero dopo il crollo sugli stessi livelli pre crisi) non c'è nemmeno nel profilo del Def o negli scenari della Vigilanza. Siamo già nella fase di pensare a un andamento se non a L (ripresa piatta), forse a U. E se le cartucce per le aziende sono esaurite già adesso, o viene imposto nuovo deficit o aumenteranno i fidi che non vengono rimborsati. Con il risultato che quando si andranno a escutere le garanzie, diventerà ancora più pesante la zavorra di deficit lasciata in eredità ai governi futuri nei prossimi anni. Tradotto: una volta scaduta la moratoria sui prestiti concessi tramite il decreto imprese, saranno migliaia le aziende fallite o non in grado di ripagare le banche. A quel punto, gli istituti escuteranno le garanzie pubbliche e quelle somme da saldo netto a finanziare diventeranno automaticamente deficit.Non solo. In piena emergenza da coronavirus Bruxelles non si metterà mai a fare distinzione tra un 10% di deficit o un 12 oppure un 14. Mentre nel 2022, quando sarà rientrata la pandemia, il prossimo governo dovrà fare i conti con le norme Ue e il fiscal compact e a quel punto anche le virgole torneranno a fare la differenza in Europa e sui mercati. Magari per ridiscutere le condizioni dei fondi portati a casa in questi giorni.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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