2022-05-10
La nuova Europa ha già i suoi scettici. In 13 si ribellano: «È sconsiderato»
Da un gruppo di Paesi membri, tra cui le nazioni più schierate contro la Russia, arriva un attacco al progetto di una confederazione che superi i trattati e stravolga l’assetto istituzionale dell’Ue.Il 9 maggio non è stato un giorno importante soltanto per la Russia, ma anche per l’Ue: ieri a Strasburgo sono stati presentati i risultati di quel simulacro chiamato pomposamente Consultazione sul futuro dell’Europa, un referendum online sul futuro dell’Europa, mai comunicato dalle nostre istituzioni (troppo impegnate a sponsorizzare i vaccini), che si è tenuto negli ultimi dodici mesi. In realtà un flop: 680.000 partecipanti su 446 milioni di abitanti, lo 0,15%. Con l’occasione, è stato notificato il cammino - o meglio, la corsa - verso lo smantellamento della vecchia Ue, per fare spazio alla fiammante Confederazione europea, annunciata in Italia da Enrico Letta ed evocata da Emmanuel Macron, ieri a Strasburgo in veste di Presidente di turno del Consiglio dei capi di Stato e di governo Ue. «Una nuova architettura», ha spiegato, «perché l’Europa è più grande dell’Unione europea». La vecchia Ue, insomma, sembra andare in soffitta, diventando di fatto la «bad company» di «un’Europa più forte e più sovrana» alla quale gli Stati membri sono chiamati a cedere le loro competenze.Sembra impossibile che ciò che è stato perseguito (con ben altri scenari e obiettivi politici) e mai raggiunto per decenni si materializzi all’improvviso e in tempi da maratona. Ma la guerra Usa-Russia sulla pelle del tormentato popolo ucraino ha spinto i dirigenti Ue a cercare una nuova dimensione continentale. E intendono procedere in fretta, evitando che qualche scheggia impazzita - oggi Orbán, domani chissà - rischi di ostacolare, a colpi di veti incrociati, il nuovo scenario geopolitico. Come? «Il voto all’unanimità non è più adatto alla realtà. O andiamo avanti con i limiti dei trattati attuali oppure li cambiamo. È arrivato il momento di darvi delle risposte», ha spiegato von der Leyen rivolgendosi ai partecipanti al referendum. Subito dopo, Macron ha annunciato l’istituzione della Convenzione per la revisione dei trattati. Il colpo di mano non è piaciuto a 13 Paesi membri (Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Lettonia, Malta, Polonia, Romania, Svezia e Slovenia) che, a chiusura dei lavori, hanno lamentato in un documento informale di non gradire la fretta: «Avviare un processo per cambiare i trattati è sconsiderato e prematuro. La modifica dei trattati non è mai stata uno scopo della Conferenza». Bacchettata anche a von der Leyen, che ha impostato il suo discorso su un «ce lo chiedono i cittadini» poco plausibile, vista la scarsa affluenza al referendum: «Le idee dei cittadini non dovrebbero essere strumentalizzate per servire speciali interessi istituzionali», hanno tuonato i 13. In effetti i mandarini dell’Unione europea stanno rivoluzionando sotto i nostri occhi l’impalcatura militare, geografica, giuridica ed economica dell’Europa e l’urgenza della guerra impedisce loro di perdere tempo a cercare l’accordo di tutti: «Dovremo fare passi avanti nella semplicità», ha dichiarato Macron, spiegando che alcuni Paesi andranno avanti come avanguardia per attirare gli altri: «Non dobbiamo lasciare che i più scettici e reticenti blocchino tutto». Insomma, chi c’è, c’è, ma «muoviamoci con la massima celerità», come aveva avvisato Draghi lo scorso 3 maggio a Bruxelles. Von der Leyen e Macron hanno già anticipato che i primi passi saranno mossi al Consiglio Ue di giugno, e consolidati a settembre, dissidenti permettendo. L’intento dichiarato è di abolire il diritto di veto: ciò comporterà una massiccia cessione di competenze nazionali e, di fatto, la fine degli Stati nazione.Cosa sta per succedere? Innanzitutto l’Ue intende creare questo nuovo soggetto politico allargando la propria sfera d’influenza: ai 27 Stati membri se ne aggiungeranno altri nove (Albania, Macedonia del Nord, Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina e Kosovo, in lista d’attesa da anni, ma anche Georgia e Moldavia, oltre naturalmente all’Ucraina). E come rimediare al dettaglio che questi Paesi sono ben lontani dai nostri standard economici, giuridici e democratici? «Creando un nuovo spazio di cooperazione politica», ha spiegato Macron. In parallelo proseguirebbe il loro percorso di adesione alla Ue. A seguire, l’istituzione di un’Unione europea della difesa (budget 8 miliardi, esercito d’intervento rapido di almeno 5.000 uomini), «in totale complementarità con la Nato». Quindi, si investirà in modo massiccio sulle spese militari. Ricadute sui cittadini: a parte i potenti flussi migratori dai nuovi Paesi aderenti, il mercato unico sarà caratterizzato da norme uguali per tutti e da un controllo più stretto; gli scambi saranno di esclusiva pertinenza Ue e Made in Italy potrebbe presto diventare una parolaccia.«Salario minimo e politiche sociali uniche», ha poi annunciato Von Der Leyen, aggiungendo che l’Europa «dovrà svolgere un ruolo maggiore nella sanità e nella difesa» (cioè decisioni condivise su pandemia e guerra). Il coronamento di questo processo «democratico» saranno le liste di voto transnazionali per le elezioni Europee: ci si potrà candidare non soltanto nel nostro Paese ma anche negli altri, e viceversa. Tra le 49 proposte presentate dai (pochi) cittadini consultati, l’insegnamento obbligatorio dell’inglese come lingua comune, l’introduzione del diritto all’istruzione digitale (Dad per tutti, come da «Piano d’azione per l’Istruzione digitale 2021-2027»), e poi ancora l’inserimento dell’insegnamento della biodiversità, del «riconoscimento delle fake news» e dell’uso responsabile di Internet nei programmi scolastici, oltre a uguali diritti familiari «a prescindere dal genere, dall’età e dalle condizioni di salute». Ci si domandava all’inizio come sia stato possibile questo scatto d’integrazione. Chi scrive ha lavorato al Parlamento europeo ai tempi dell’euro e dell’allargamento: questi grandi cambiamenti sono stati sempre preparati attraverso un coinvolgimento dei cittadini. È accaduto anche stavolta, ma sembra essere un’operazione di maquillage: le istituzioni Ue stanno procedendo sulla base di una legittimazione che popolare non è. Questo è lo scenario nel quale ci muoveremo nei prossimi anni, ed è uno scenario che passa letteralmente sopra le nostre teste.
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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