2019-09-26
La nuova crisi dell’ex Embraco simbolo delle nozze tra Pd e 5 stelle
Carlo Calenda annunciò il salvataggio. Ma, come per Mercatone Uno, non c'è nulla di concreto. Luigi Di Maio si è limitato a prendere tempo.La ex Embraco di Riva di Chieri è stata per anni nel gruppo Whirlpool. Dallo scorso luglio è passata a Ventures, un'azienda cino-israeliana. A metà settembre avrebbe dovuto avviare la produzione di robot destinati alla pulizia dei pannelli solari. Il condizionale è dovuto al fatto che i macchinari sono fermi e, stando alla denuncia dei sindacati e dei dipendenti (ieri in sciopero a Torino), mancano pure le materie prime. Il rischio è che i 200 operai dei 411 rientrati in fabbrica debbano riuscire subito. Il timore è, ovviamente che l'azienda salti di nuovo e che riparta il circo delle trattative e delle dichiarazioni politiche. Usiamo il termine circo sperando di non offendere i lavoratori ma per descrivere il dramma di un circolo vizioso da cui l'Italia e il ministero dello sviluppo economico non riescono a uscire. Embraco non è una azienda qualunque. È il simbolo del fallimento delle ultime due gestioni del Mise. Attorno allo stabilimento i piemontese tra marzo del 2018 e luglio del 2018 si è scatenata una bufera mediatica e una lunga scia di promesse che si stanno rivelando un semplice modo per buttare il là la palla. A fine giugno dello scorso anno l'ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda si diceva «molto felice per la positiva conclusione della vicenda». «Oggi», aggiungeva, «è stato formalizzato il progetto di reindustrializzazione che abbiamo negoziato insieme ai sindacati. È la dimostrazione che con concretezza e lavoro serio, piuttosto che con gli slogan, si combattono gli effetti delle delocalizzazioni. Ma», avvertiva, «bisogna continuare a vigilare fino alla fine». Monito che non èì stato certo colto dal successore Luigi Di Maio. All'epoca, il governo Gentiloni era andato persino a battere i pugni a Bruxelles per impedire che la Slovacchia usasse incentivi per accaparrarsi lo stabilimento e lasciare all'Italia operai senza lavoro. Esplose anche la polemica sui precedenti fondi pubblici utilizzati dal gruppo, tanto che Calenda arrivò persino a dire: «Non tratto con questa gentaglia». Tante parole rimaste al vento, perché adesso lo stabilimento è ancora in tilt e al ministero dello sviluppo eocnomico nemmeno ha monitorato la vicenda né controllato lo stato di avanzamento degli investimenti. Esattamente il medesimo schema fallimentare che si è verificato per Mercatone Uno. Ai tempi del governo Gentiloni, la storica azienda di mobili fa slavata per finta da una società maltese che aveva poche migliaia di euro di capitale e che a garanzia mise 10 milioni di euro, in buona parte frutto della svendita di uno dei magazzino di Mercatone Uno. Arrivato al Mise, Di Maio ha gestito la pratica secondo lo stesso schema: aspettare. Tanto che a fine maggio scorso, i dipendenti apprendono tramite social e whatsapp gli imminenti licenziamenti. E via nuovo circo di dichiarazioni e il Mise torva la soluzione. Cassa integrazione e altri costi per il pubblico. Lo scorso 16 settembre era previsto un incontro al minsitero che è saltato. Il nuovo ministro è sempre un 5 stelle. Stefano Patuanelli si trova a fronteggiare l'eredità di Calenda e di Di Maio. Il 31 ottobre scade il termine per la presentazione di eventuali offerte. Se il buongiorno si vede dal mattino, c'è da temere che Patuanelli segua la tradizione e per i dipendenti di Mercatone Uno le speranze si assottigliano. Anche perché i tavoli di crisi continuano a rimanere costantemente sopra le 100 pratiche e in arrivo c'è un'altra bomba mediatica. Che si chiama Whirlpool. Ieri gli operai a Napoli sono scesi per strada in sciopero. L'ipotesi di una cessione dell'azienda alla svizzera Passivere frigerazione solutions, la Prs, è, per i lavoratori «un pacco, una fregatura», perché «non ci sono garanzie sul mantenimento dei livelli occupazionali». Già la scorsa settimana, Patuanelli, che oggi, a Roma, incontrerà il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, aveva chiesto di ritirare la procedura della cessione del sito di via Argine e scusarsi con lavoratori e istituzioni. Dalla multinazionale, hanno fatto sapere che vendere il sito di Napoli sarebbe l'unico modo per salvaguardare gli oltre 400 posti di lavoro. Parole che agli operai non bastano: chiedono certezze, garanzie, il rispetto di patti già presi con l'accordo dell'ottobre 2018, sottoscritto pure dai vertici Whirlpool. Se non si cambia lo schema e si ridefinisce il modello, il governo giallorosso proporrà gli errori che hanno contraddistinto gli ultimi anni. E la gestione dei tavoli di crisi sarà solo un modo per spostare il problema e al massimo guadagnare qualche voto in più alle elezioni di breve termine.
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