
Lo Stato pontificio ha agito secondo le regole della diplomazia. Con il placet del Santo Padre e del segretario di Stato, Pietro Parolin. Visto che la pressione della Cei non è bastata.Qualcuno ieri, un po' pateticamente, raccontava su qualche media che la richiesta formale del Vaticano al governo italiano di «rimodulare» il ddl Zan fosse frutto della solita Curia che fa «un dispetto al Papa». La cosa è semplicemente ridicola, e svela come lo sport di tirare il Pontefice per la talare sia molto diffuso tra i suoi presunti supporter più liberal.Se monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati della segreteria di Stato, il 17 giugno si reca all'ambasciata italiana presso la Santa Sede e consegna nelle mani del primo consigliere una «nota verbale», cioè una formale comunicazione, per un rischio di violazione dell'accordo di revisione del Concordato, non lo fa senza il placet di Francesco.E, infatti, come hanno confermato alla Verità due fonti vaticane, il placet del Papa c'è stato. Non si muove la segreteria di Stato del Vaticano, peraltro con un atto senza precedenti nella storia del rapporto tra i due Stati, senza che il Papa non solo venga informato, ma dia il suo «ok». La genesi della nota che segnala un rischio di lesa libertà religiosa, avviene in Terza loggia con il coinvolgimento diretto e pieno del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, in tandem appunto con il segretario per i rapporti con gli Stati, Gallagher.Le innumerevoli istanze giunte sulla scrivania di Parolin, con il combinato disposto di una certa impasse politica (il ddl alternativo allo Zan, quello a firma Ronzulli-Salvini, giace nel cassetto polveroso), sono alla base dell'atto di inusitata forza diplomatica che è stato messo in campo dalla Santa Sede. Anche i vescovi italiani, con l'azione del presidente della Cei, il cardinal Gualtiero Bassetti, hanno contribuito al lavoro sul tavolo della segreteria di Stato per affrontare al massimo livello un problema che nei due comunicati emessi dalla Cei sulla questione ddl Zan era stato segnalato.Il 10 giugno 2020 il primo comunicato Cei rilevava che «non si riscontra alcun vuoto normativo, ma nemmeno lacune che giustifichino l'urgenza di nuove disposizioni», mettendo subito in forte evidenza il fatto che il ddl rischia di «aprire a derive liberticide». Poi il 28 aprile scorso, con una nota più soft, in cui il tono era quello dei «diversi dubbi sul testo», e quindi si diceva della necessità che «un testo così importante» crescesse «con il dialogo». In pratica: «rimodulatelo», cioè buttate nel cestino questo e fatene un altro.La linea è questa ormai, e l'atto diplomatico messo in campo dalla segreteria di Stato è in continuità con i comunicati Cei. La decisione, nell'aria da qualche tempo, alla fine si è concretizzata. Ieri fonti vaticane venivano riprese dalle agenzie per dire appunto che l'obiettivo del salto di qualità non è quello «di bloccare» il ddl Zan, ma di «rimodularlo in modo che la Chiesa possa continuare a svolgere la sua azione pastorale, educativa e sociale liberamente». Alla fine, ovviamente, c'è stato il passaggio a Santa Marta, dove il Papa ha detto al cardinale Parolin di andare avanti. Qualcuno si lascia sfuggire che il Papa potrebbe aver dato il suo placet per poi in qualche modo rimodellarlo in interventi successivi, il fatto però resta in tutta la sua enormità: lo Stato Vaticano è andato «in punta di diritto» a chiedere conto allo Stato italiano su un disegno di legge in cui ravvede possibili riduzioni «della libertà garantita alla Chiesa cattolica».
Il toro iconico di Wall Street a New York (iStock)
Democratici spaccati sul via libera alla ripresa delle attività Usa. E i mercati ringraziano. In evidenza Piazza Affari: + 2,28%.
Il più lungo shutdown della storia americana - oltre 40 giorni - si sta avviando a conclusione. O almeno così sembra. Domenica sera, il Senato statunitense ha approvato, con 60 voti a favore e 40 contrari, una mozione procedurale volta a spianare la strada a un accordo di compromesso che, se confermato, dovrebbe prorogare il finanziamento delle agenzie governative fino al 30 gennaio. A schierarsi con i repubblicani sono stati sette senatori dem e un indipendente affiliato all’Asinello. In base all’intesa, verranno riattivati vari programmi sociali (tra cui l’assistenza alimentare per le persone a basso reddito), saranno bloccati i licenziamenti del personale federale e saranno garantiti gli arretrati ai dipendenti che erano stati lasciati a casa a causa del congelamento delle agenzie governative. Resta tuttavia sul tavolo il nodo dei sussidi previsti ai sensi dell’Obamacare. L’accordo prevede infatti che se ne discuterà a dicembre, ma non garantisce che la loro estensione sarà approvata: un’estensione che, ricordiamolo, era considerata un punto cruciale per gran parte del Partito democratico.
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
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In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.






