2022-08-09
La Milano di Sala è memoria e inclusione. Basta che le vittime non siano «scomode»
Nessuna commemorazione per i dieci italiani innocenti uccisi da due bombe piazzate nel capoluogo lombardo l’8 agosto 1944 dai partigiani. Alcuni consiglieri della Lega avevano chiesto un ricordo ufficiale, ma la giunta dem ha negato ogni onore ai caduti.Martiri di serie B. Vittime civili innocenti in coda per il pane e il latte ma senza il diritto di essere ricordate come si deve. Sono i dieci italiani uccisi (più 17 feriti) da due bombe che l’8 agosto 1944 alle 8.15 in viale Abruzzi a Milano fecero saltare in aria un camion con rimorchio tedesco; uomini, donne e un ragazzino di 12 anni che si trovavano accanto all’autocarro per ricevere generi alimentari. L’attentato, a opera della terza brigata d’assalto partigiana Garibaldi Gap, fu alla base della rappresaglia nazista, nota come la strage di piazzale Loreto. Allora 15 antifascisti furono fucilati su ordine del comando germanico di occupazione e il loro sacrificio viene giustamente rievocato ogni anno il 10 agosto con una commovente cerimonia organizzata dal Comune di Milano. Ma degli italiani dilaniati dalle esplosioni (temporizzate a due minuti di distanza per colpire i soccorritori della prima deflagrazione) non c’è mai stata traccia. Un vuoto di memoria collettivo, un senso di colpa ingiustificato, una rimozione poco credibile, soprattutto dopo l’uscita del libro Vittime dimenticate, che lo storico Pierangelo Pavesi ha pubblicato con l’editore Ritter. Il saggio ricostruisce minuziosamente gli eventi di quei giorni, attraverso testimonianze, scritti, documenti raccolti negli archivi civili e militari per riportare alla luce il tragico episodio abbandonato nel limbo dell’oblio e del conformismo politico. «Ho un sogno, che Milano dedichi una lapide anche alle dieci vittime civili dimenticate», ripete Pavesi che con i suoi libri scopre verità nascoste in quegli anni bui, vicende che aiutano a completare narrazioni lacunose o parzialmente fantasiose, date per scontate solo perché ripetute plurime volte in mezzo secolo di pubblicazioni politicamente orientate. Più volte ha contattato invano i responsabili del Comune (la vicesindaca Anna Scavuzzo, l’assessore Marco Granelli) perché contribuissero a inserire i dieci «fantasmi» nella cerimonia ufficiale. Il mese scorso il caso è approdato in Consiglio comunale con una mozione firmata dai consiglieri della Lega Samuele Piscina, Silvia Sardone, Alessandro Verri e Pietro Marrapodi per inserire la ricorrenza nella piattaforma «Milano è memoria». «È doveroso riportare alla luce la strage di civili avvenuta in viale Abruzzi l’8 agosto 1944 in cui persero la vita 10 milanesi innocenti», recita la mozione. «Chiediamo che il consiglio comunale impegni sindaco e giunta a dichiarare l’8 agosto giornata di commemorazione, a ergere un cippo con incisi i nomi delle vittime civili, in memoria di tutti i civili innocenti morti durante la guerra, analogo a quello inaugurato per i 15 martiri partigiani. E infine a prevedere nella giornata di commemorazione iniziative per diffondere la conoscenza del tragico evento presso i giovani delle scuole».In attesa dell’ufficializzazione di una nuova ricorrenza, sembrava più verosimile l’inserimento dei nomi dei caduti dimenticati nelle commemorazioni del 10 agosto: impegno minimo, esposizione politica zero, massimo risultato di marketing. Quindi in linea con la filosofia comportamentale dell’apparenza, cara alla giunta di Beppe Sala. Invece la risposta è stata negativa, della serie: Milano è memoria (ma selettiva). Nessuna commemorazione, nessuna integrazione, nessun cippo democratico. Niente di niente per i fantasmi milanesi, solo il fastidio percepito nell’averli riscoperti. Al massimo, ha fatto sapere l’assessore Granelli, saranno ricordati in ottobre con i 184 bambini uccisi nella strage di Gorla (20 ottobre 1944) da un bombardamento angloamericano su una scuola. Messi lì come vecchi e scomodi reperti senza alcuna attinenza storica. Più emozionale sarà la fiaccolata nel quartiere che alcuni cittadini stanno organizzando per settembre.«Abbiamo l’ennesima conferma che per la sinistra ci sono morti di serie A e morti di serie B, a seconda di chi commette l’atroce delitto», commenta Piscina. «L’attentato fu attuato dai partigiani dei Gap associati alle brigate Garibaldi della Lombardia, come emerso dagli studi dello scrittore Pavesi che ha rinvenuto presso l’archivio dell’Istituto Gramsci di Roma il bollettino del delitto in questione, n. 011033. A fronte di un fatto storico ampiamente documentato e accertato è sopraggiunto l’irrigidimento della sinistra a palazzo Marino che ha bocciato il documento». Chi teorizza nei convegni la memoria condivisa non riesce a condividerla neppure per restituirla a cittadini innocenti, uccisi mentre facevano la fila per il pane. La giunta Sala non ha il coraggio di pronunciare i loro nomi neanche 78 anni dopo i fatti. Li ricordiamo noi. Erano Edoardo Zanini (operaio), Giuseppe Giudici (fattorino), Giuseppe Zanicotti (tipografo), Gianfranco Moro (meccanico), Ettore Brambilla (tappezziere), Amelia Berlese (casalinga), Maria Ferrari (casalinga), Antonio Beltramini (droghiere), Enrico Masnata (ragioniere) e Primo Brioschi, ragazzo di 12 anni. Sono le vittime dimenticate delle bombe dei gappisti, allora guidati da Giovanni Pesce, medaglia d’oro della Resistenza, successivamente capo della scorta di Palmiro Togliatti. Lui ha sempre smentito ogni coinvolgimento ma le carte ritrovate all’Istituto Gramsci, e archiviate in un anno sbagliato per impedire le ricerche, raccontano una storia diversa. Una storia che la Milano più inclusiva si rifiuta di includere.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)