2021-07-20
La messa in latino la difende Onfray
Michel Onfray (Eric Fougere/Corbis via Getty Images)
L'«ateologo» si schiera a favore del rito amato dai tradizionalisti e «depennato» dal Papa come fattore di divisione: «Quella liturgia è patrimonio della nostra civiltà».Siamo in un mondo strabocchevole di eccessi e di difetti. Di abbandoni, di viltà, di apostasie perfino. Ma anche di ritorni, di conversioni e di riconversioni. Un caso già celebre, ma che presto diverrà celeberrimo, è quello del filosofo francese Michel Onfray (1959), di cui ha parlato più volte questo giornale. Ateo e teorico dell'ateismo, intellettuale e polemista, scrittore tra i più prolifici in Europa, con oltre 100 saggi all'attivo, Onfray ha percorso dall'interno il marxismo, l'anarchismo e il libertarismo radicale. Ma non si è fermato a queste limacciose correnti, come un Saviano qualunque, no. Ha proseguito coraggiosamente nella propria ricerca intellettuale, sempre libera e al di fuori della doxa dominante. Dopo aver confutato il freudismo (2010) ha iniziato una parabola - discendente per i progressisti, ascendenti per altri - che lo ha portato a dichiarare esplicitamente che l'urgenza più pressante sta oggi nella difesa della civiltà. E altresì nella difesa del cristianesimo, la cui recente decadenza è sintomo della decadenza più generale della cultura, dell'educazione e dei costumi.Sul Figaro, a proposito del (parziale) divieto della messa in rito antico da parte di papa Francesco, domenica scorsa Onfray ha ribadito le sue analisi più note, sempre con puntualità storica e filosofica, e acume pari all'autonomia da ogni consorteria intellettuale. Esordisce da par suo scrivendo che le questioni interne alla Chiesa gli interessano molto. Perché «se Dio non c'è in questo mondo, il mio mondo è quello che è stato reso possibile dal Dio dei cristiani». Una frase di questo genere, scritta per rivalutare la dignità culturale della liturgia cattolica e il suo legame con la politica in senso forte, vale più di mille articoli di liturgisti all'acqua di rose. «Il cristianesimo», continua Onfray, «ha plasmato la mia civiltà, che credo di poter amare e difendere senza dovermi battere il petto». I medesimi concetti aveva elaborato nella sua magnifica opera di «conversione culturale», il cui titolo è tutto un programma: Decadenza. Vita e morte della civiltà giudaico-cristiana (Ponte delle Grazie).Secondo il filosofo, che già in passato aveva espresso la sua stima per i cattolici «tradizionalisti» e per «i preti in talare nera» e la sua avversione-commiserazione per i «progressisti», la messa in latino, fortemente voluta da Benedetto XVI, «è il patrimonio del tempo genealogico della nostra civiltà». Coloro che, nella Chiesa, si mettono al rimorchio dell'illuminismo, con vari secoli di ritardo, portano, secondo il direttore di Front populaire, alla «abolizione del sacro e della trascendenza». Quell'antica liturgia, multisecolare e universale, portava con sé «una lunga storia di rituali, di celebrazioni, di preghiere, e tutto ciò cristallizzato in una forma che offre uno spettacolo totale, un Gesamtkunstwerk». Il termine, che risale al romanticismo tedesco, significa un'opera d'arte in cui convergono tante arti assieme: canzone (qui il canto gregoriano), musica (organo), pittura scultura e architettura, sintetizzate nell'arte ecclesiastica di ogni epoca, dal romanico al barocco.La cristianità che intende difendere l'ateo Onfray è quella che a suo dire «ha reso possibile la civiltà dell'allegoria, del simbolismo, della metafora». Facendo una sintesi ardua e incomparabile tra l'eredità ebraica dell'Antico Testamento e il meglio della romanità e della grecità. Per questo, secondo Onfray, Ratzinger va ringraziato sia per la messa in latino che per il discorso di Ratisbona, in cui si coniugavano perfettamente fede e ragione, Bibbia e scienza, religione e progresso. Ma questi binomi come imbarazzano oggi gli atei più aggressivi (e forse meno convinti del loro ateismo) così danno fastidio a quei cattolici che mettono la modernità sopra la fede e il Vangelo.Il percorso fatto da Onfray dal Trattato di ateologia (2005), in cui con Nietzsche si malediceva il cristianesimo, a Teoria della dittatura (2019), in cui se ne recupera la valenza profetica, è del tutto speculare al cammino, inverso, compiuto dalla nostra civiltà. E questa non è certo una bella notizia.