2024-11-12
La Meloni sbugiarda Lepore: «Disperato»
Il premier si collega da Roma al comizio per Elena Ugolini e stende il primo cittadino di Bologna: «In privato cerca collaborazione, in pubblico mi insulta». Matteo Piantedosi: «Dal sindaco tesi irresponsabili». Sulla stessa linea Guido Crosetto: «Soffia sul fuoco, è vergognoso».«Non stupisce come il clima si sia surriscaldato in queste settimane, lo fanno sempre quando hanno paura di perdere il loro potere». Spegne così Giorgia Meloni le polemiche su antifascismo e camicie nere sollevato da una sinistra «ferma agli slogan degli anni Settanta». Il premier (in videocollegamento per aver fato tardi alla riunione con i sindacati a Palazzo Chigi) è intervenuta a sostegno della chiusura della campagna elettorale di Elena Ugolini a Bologna dopo le fortissime polemiche delle scorse ore sugli scontri di piazza tra polizia e antagonisti che a Bologna tentavano di raggiugere i manifestanti di CasaPound che sfilavano in corteo. Clima teso figlio anche delle parole irresponsabili del segretario della Cgil, Maurizio Landini, che nei giorni scorsi invitava alla rivolta sociale. «Con toni che non hanno precedenti nella storia sindacale», ha precisato il presidente del Consiglio. «Noi sappiamo benissimo da che parte stare» sottolinea, non da quella dei «soliti violenti che lanciano sassi e petardi». E risponde alle parole del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, che nelle scorse ore ha continuato a invadere programmi radio e tv accusando «il governo di aver mandato le camicie nere a Roma». «Questa è sempre stata la carta della disperazione della sinistra», spiega Meloni. «Quando non hanno nulla da rivendicare del loro lavoro e quando non hanno un progetto o una visione da raccontare giocano la carta dell’avversario impresentabile. Non so a quali camicie nere si riferisca il sindaco di Bologna, perché le uniche camicie che ho visto sono quelle blu dei poliziotti, aggrediti dai centri sociali e dagli antagonisti amici della sinistra», tuona prima di esprimere ancora una volta la «totale solidarietà alle forze dell’ordine che a Bologna hanno affrontato i soliti violenti fra lanci di petardi e sassi rischiando la propria incolumità». Infine sulla vicenda, una stilettata: «Voglio dire una cosa al sindaco di Bologna: diffidate sempre di chi ha una faccia in pubblico e una in privato, diffido di chi in privato mi chiede collaborazione e davanti alle telecamere mi definisce picchiatrice fascista. Se lo pensa non dovrebbe chiedermi collaborazione, non dovrebbe voler collaborare con me, un po’ di coerenza». Meloni è convinta che ormai i cittadini a questo giochino non caschino più: «Ormai hanno imparato e noi vogliamo parlare solo di Emilia-Romagna». Prima del premier, durissima la reazione del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi che accusa Lepore di essere un irresponsabile: «C’è qualche irresponsabilità nell’accreditare la tesi non veritiera della presunta contrarietà allo svolgimento di una manifestazione facendo riferimento a documenti ufficiali che, al contrario, testimoniano che nessun divieto era stato richiesto. Ancor più grave insinuare presunte regie o interventi da Roma». Anche Piantedosi si mostra deluso dall’atteggiamento di un amministratore con cui il governo ha lavorato anche di recente in condizioni di emergenza: «Al sindaco Lepore, come doveroso, il governo ha sempre assicurato ogni forma di convinta e leale collaborazione, da ultimo in occasione della recente alluvione della città e delle connesse polemiche che ne sono conseguite». Adesso però «viene messa in discussione la correttezza dell’operato della prefettura e delle forze di polizia nella complessa e sempre delicata attività di gestione dell’ordine pubblico». La smentita sui fatti raccontati da Lepore è arrivata nuovamente anche dal prefetto di Bologna, Attilio Visconti, che sottolinea: «Nessuna indicazione in ordine allo svolgimento dell’evento o alle modalità di gestione dello stesso sono pervenute dal ministero dell’Interno o da chiunque altro, rientrando ogni valutazione in materia tra le esclusive prerogative e responsabilità dell’autorità provinciale di pubblica sicurezza». E aggiunge: «Alla luce di tali considerazioni si può trarre ogni ulteriore più opportuna valutazione anche rispetto ad altre estemporanee affermazioni da alcuni rilasciate, al limite del diffamatorio, sull’operato delle autorità locali e del governo». Insomma, un clima decisamente non sereno con una sinistra che continua a buttare benzina sul fuoco in cerca di attenzioni (e di voti). Al sindaco Lepore «mi permetto di dirgli che parlare di un governo e di un ministro che “con una regia mirata ci ha mandato le squadracce fasciste in città” è vergognoso», commenta il ministro della Difesa, Guido Crosetto. «Così non fa altro che esacerbare gli animi e soffiare sul fuoco». Il più furioso è il vicepremier Matteo Salvini: «È un problema che il sindaco di una grande città pensi al fascismo quando il problema sono i centri sociali rossi», ribatte e durante il comizio di chiusura di Ugolini a Bologna. «Con Lepore sto collaborando da ministro. In politica e nella vita c’è anche la dignità, il buon gusto e il rispetto. Sono andato a incontrare i dieci ragazzi del reparto mobile di Bologna che sono stati assaltati da 300 criminali rossi. Le uniche camicie nere sono sotto le camicie rosse. Gli unici fascisti sono rimasti quelli dei centri socialì. Mi sarei aspettato dal sindaco di Bologna un comunicato di due righe: scusate, italiani. Chiederò un encomio per quei ragazzi che per salvare altre vite hanno rischiato la loro vita».«Cinque agenti aggrediti da 200/300 persone non mi pare un gesto di grande coraggio. Non c’entra niente con il contestare l’estrema destra. Le forze dell’ordine sono figli del popolo che difendono e garantiscono la nostra sicurezza. I figli di papà che li hanno aggrediti forse era meglio che andassero a lavorare», così il vicepremier Antonio Tajani.
Giancarlo Fancel Country Manager e Ceo di Generali Italia
Rifugiati attraversano il confine dal Darfur, in Sudan, verso il Ciad (Getty Images)
Dopo 18 mesi d’assedio, i paramilitari di Hemeti hanno conquistato al Fasher, ultima roccaforte governativa del Darfur. Migliaia i civili uccisi e stupri di massa. L’Onu parla della peggior catastrofe umanitaria del pianeta.