2022-10-26
La Meloni detta l’agenda economica. Parità con lo Stato, sovranità, dignità
Dal discorso del premier a Montecitorio emerge una visione conservatrice in otto punti: dalla riforma fiscale, alla proprietà pubblica delle reti, fino alla tutela delle infrastrutture strategiche. E fine dei bonus.Libertà economica, sovranità e dignità. È un po’ la sintesi della visione economica che traspare dalle parole del premier Giorgia Meloni. Quando si insediò il predecessore, Mario Draghi, dallo stesso scranno della Camera lanciò l’idea di avviare la riforma fiscale, quella della burocrazia. Attaccò la Cina e criticò la Russia. Fede atlantista e nessuna particolare critica all’Europa. Draghi però non ha mai tratteggiato la propria idea di Italia e quando gli è stato chiesto ha sempre rimandato a dopo l’emergenza. Prima il Covid, poi l’energia. Non ha mai declinato una filosofia economica sulla rete unica, su Mps o sulle altre grosse partite. Basti pensare allo scontro su Generali. Per lui evidentemente una questione di letteratura, non di declinazione sociale. Il corso del governo ha poi consentito la messa a terra di alcune riforme, lo stop di altre. L’interruzione anticipata della legislatura ci lascerà un interrogativo. Si sarebbe espresso sui dossier più delicati o sarebbe rimasto sempre al riparo dell’incarico tecnico? Quello conta è che, a dispetto dei cantori, l’eredità del governo Draghi dal punto di vista economico è pessima. Inflazione quasi a due cifre, costi della produzione insostenibili e mercato del lavoro sempre più frammentato. Vedremo come andrà alla fine del governo Meloni ma le sue dichiarazioni non hanno nulla di ambiguo e politicamente tratteggiano in modo chiaro una visione conservatrice del Paese. Nell’ora di presentazione delle linee programmatiche di Fratelli d’Italia, il premier ha toccato ben otto punti economici che messi in fila descrivono Fdi come un partito conservatore, ben inserito nella compagine dell’Ecr e interessato a dialogare con Bruxelles per sottolineare istanze italiane ma condivise trasversalmente e interessato a dialogare con la controparte americana (da notare il passaggio sugli investimenti esteri). Primo punto. Servono accordi commerciali, approvvigionamenti di materie prime, scelte geopolitiche nell’ambito di una Ue che fino ad oggi si è fatta trovare impreparata. In pratica, Europa delle nazioni e non aggregato di poteri confusi e in conflitto tra di loro. Secondo punto. Arriva la legge di bilancio. E l’obiettivo sarà allargare la platea di quei beni considerati di prima necessità con l’Iva al 5%. Non è un dettaglio, ma una filosofia. Non a caso nel terzo punto in questione, Meloni suggerisce di archiviare la logica dei bonus «in favore di investimenti di medio termine destinati al benessere della comunità nazionale». Insomma, basta aiuti a pioggia e basta erogare il reddito di cittadinanza senza correlarlo alla dignità del lavoro. Dignità che spunta anche con il quarto pilastro del discorso. Cittadino e Stato devono essere alla pari e mai il contribuente si deve sentire la parte debole di fronte a uno Stato tiranno che non ne ascolta le esigenze e ne frustra le aspettative. In pratica, quinto pilastro, «chi ha la volontà di fare impresa in Italia va sostenuto e agevolato. Il nostro motto sarà: “non disturbare chi vuole fare”». Beh, in un Paese che per anni ha subito l’influsso socialista e la mazzata in stile sovietico del Covid è bello sapere che qualcuno ha la forza e la semplicità di parlare di impresa e di riconoscere quando lo Stato deve fare un passo indietro. Certo, ascoltando la Meloni sembra di vedere piani differenti di Stato. Quello che si rivolge ai cittadini e quello che si rivolge alle imprese estere e alle infrastrutture nazionali. E qui scatta il concetto di sovranità: il sesto pilastro del discorso di insediamento. «Intendiamo tutelare le infrastrutture strategiche nazionali assicurando la proprietà pubblica delle reti, sulle quali le aziende potranno offrire servizi in regime di libera concorrenza, a partire da quella delle comunicazioni. La transizione digitale, fortemente sostenuta dal Pnrr, deve accompagnarsi alla sovranità tecnologica, al cloud nazionale e alla cyber-security». Senza dimenticare che pur desiderando aprire agli investimenti esteri, il governo annuncia di estendere la clausola di salvaguardia nazionale per le infrastrutture pubbliche come porti e aeroporti. Il premier, nell’illustrare quello è che il settimo punto del programma economico, va giù duro: «Perché il modello degli oligarchi seduti su dei pozzi di petrolio ad accumulare miliardi senza neanche assicurare investimenti non è un modello di libero mercato degno di una democrazia occidentale». Il riferimento non è certo a russi o ucraini o ex sovietici in generale. Ma ai Benetton per quanto riguarda il passato e ai francesi di Vivendi per quanto riguarda il presente e quindi la rete unica. Durante la replica in Aula, il neo premier ha annunciato la creazione di un sottosegretario con deleghe digitali. Dipenderà direttamente da Palazzo Chigi e le competenze andranno dallo spazio, al cloud fino alle telecomunicazioni. I vertici di Tim hanno fissato un cda venerdì e adesso, rispetto a prima, troveranno una idea di infrastruttura molto diversa da quella dei consiglieri Francesco Giavazzi e Antonio Funiciello. Adesso Giovanbattista Fazzolari e Alessio Butti metteranno a terra il concetto di sovranità. A onor del vero in coerenza con quanto sostenuto negli ultimi anni. Speravamo maggior liberismo? Dobbiamo però ricordarci che il mondo adesso vede le infrastrutture energetiche e digitali come armi da fuoco e c’è la corsa a riportarsele a casa. Concludiamo con l’ottavo punto. Quello che ci sta molto a cuore. Taglio delle imposte e flat tax. Speriamo che vadano di pari passo con gli altri pilastri ideologici. L’Italia più che in crisi economica è in crisi sociale. E per rilanciare un Paese serve una trasformazione sociale che derivi dalle scelte economiche e finanziarie. Se la strada è sbagliata si instaura un circolo vizioso. Se, è giusta, tutto riparte.
Renato Mazzoncini, ad di A2a (Imagoeconomica)
Il ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara (Ansa)