2023-05-01
La «mano di Dia» beffa il Napoli. Ma la festa è solamente rimandata
Il talento senegalese della Salernitana segna l’1-1 e gela tutta una città già pronta a esplodere. Appuntamento rinviato a giovedì contro l’Udinese. Intanto, ieri, registrati cinque feriti nelle ore antecedenti alla partita.«O’ Monaciello si è distratto». Per un’oretta il simbolo più originale della superstizione partenopea aveva fatto il suo dovere; era andato ad appollaiarsi con il saio da frate e i sandali dalle fibbie d’argento sulla traversa della porta di Guillermo Ochoa (Salernitana) che stava parando tutto al Maradona. E il Napoli aveva segnato il presunto gol scudetto. La zuccata di Mathias Olivera, difensore uruguagio, poteva bastare per rendere felice un popolo e regalargli con largo anticipo il terzo titolo della storia; al 62’ lo ha fatto impazzire, ha provocato un boato tellurico da Bagnoli a Nisida, ha acceso la miccia della festa mobile. Poi O’ Monaciello si è addormentato. Nulla ha potuto sul tiro del pareggio (1-1) al tramonto della sfida, quello partito dal piede raffinato e velenoso del senegalese Boulaye Dia (dodicesima rete stagionale come Paulo Dybala e Rafael Leao), formidabile fighter sottovalutato, autore della giocata che ha avuto l’immenso potere di far ammutolire l’intero golfo fino a Sorrento. Tutto rimandato, mai fidarsi del destino e dei derby. Ieri sera i caroselli li facevano a Salerno e scandivano negli sfottò: «È stata la mano di Dia». Nella giornata più capricciosa dell’anno, l’urlo definitivo si è strozzato in gola ai tifosi napoletani. Abbacchiati all’ora dello spaghetto perché la Lazio vinceva a San Siro con l’Inter, esaltati all’ora del caffè dai gol di Lautaro Martinez e di Robin Gosens che hanno ribaltato il risultato (3-1), pronti a far partire i fuochi d’artificio sulla merenda, infine con nessuna voglia di andare a cena fuori. «È il football, è la vita» direbbe Al Pacino in quel film e Luciano Spalletti non può che diventare filosofo mentre la torta invecchia in attesa del prossimo match point. Mancano un punto o due, dovrà andare a prenderseli a Udine giovedì. Il tecnico non si scompone: «Non siamo più così brillanti, non ci sono più quella qualità e quella lucidità. L’ultimo chilometro è il più faticoso». Poi recupera la vena sorniona: «Mi hanno sempre accusato di non aver vinto niente in Italia, valeva la pena aspettare. Giorno più, giorno meno. Lo scudetto rinviato allunga il godimento, faremo gioire tutti, tranne certi cecchini». I giornalisti, i fantasmi del passato, tutto è utile per compattare il gruppo. A lui riesce ciò che non riuscì a Maurizio Sarri, un cammino da imperatore. È il primo a sapere che la regola del tre a Napoli non tradisce mai. Non si scappa: terzo titolo 33 anni dopo Diego Maradona, il conto alla rovescia è sereno, il regista tifoso Paolo Sorrentino eviterà di portare jella (ha detto troppo presto «Questo è uno dei giorni più emozionanti della mia vita»). E O’ Monaciello non può abbioccarsi sempre. Così, dopo lo scudetto Diego e quello Cattivo - la moneta da cento in testa ad Alemao a Bergamo, c’erano ancora le lire -, lo scudetto Comodo è in fondo a via Caracciolo. Con la consueta coreografia popolare: la nonna vestita d’azzurro, il nipote con i riccioli di Maradona, le undici maglie degli eroi appese ai balconi dei palazzi in formazione tipo (4-2-3-1) dal quarto al primo piano, le zinne al vento minacciate da Marisa Laurito, le teche votive con i santi calciatori. Tutto già visto, tutto nell’immaginario perché - c’è da aggiungere a dire il vero - le vittorie del Napoli sono state più rappresentate al cinema che vissute live. È lo scudetto sospeso, come il caffè. Solo il Napoli può vincerlo, ormai il Napoli non può più perderlo. Lo stesso Napoli di Spalletti (la mente), di Victor Osimhen (il braccio), di Khvicha Kvaratskhelia (il fattore K, fantasia sudamericana nonostante le troppe consonanti) che ha già ampiamente meritato di cucirselo sulle maglie. Il team di Aurelio De Laurentiis ha dominato tutti, belli e brutti, soprattutto ha fatto venire la gastrite alle squadre «del potere del Nord», nemico infinito e spesso immaginifico. Ora sarà fondamentale tenere Osimhen, puntato dai club miliardari di Premier e valutato 120 milioni, e blindare Kvara sul quale hanno messo gli occhi Bayern Monaco e Real Madrid. È il momento più delicato per il presidente, che notoriamente quando vede un affare impacchetta il campione in confezione lusso.Al di là del mezzo inciampo con la Salernitana, la cavalcata dei ragazzi vestiti d’azzurro è tutta in due numeri da record: 18 punti di vantaggio sulla Lazio seconda (in attesa di Bologna-Juventus), festeggiamenti ipotetici con cinque giornate d’anticipo. In ogni caso un’enormità, un distacco da Eddy Merckx, tutti doppiati se si trattasse di Formula Uno. C’è un terzo numero da primato, molto meno edificante: ancor prima che la partita con la Salernitana finisse c’erano cinque feriti, due dei quali carabinieri. Nella piazza Plebiscito piena come un uovo, fra boati di speranza e ululati di delusione, mantenere l’ordine pubblico è stato molto difficile. «Un giorno all’improvviso» e Napoli ricomincia a pazziare. Ora l’attesa si sposta a giovedì sera. Mortaretti e follia, paradiso e inferno insieme. Praticamente una pastiera.
Guido Guidesi, assessore allo Sviluppo Economico della Regione Lombardia (Ansa)