2019-08-27
La mamma di Tafida:«Certa che il Gaslini salverà mia figlia»
Stamani l'incontro con gli specialisti dell'ospedale genovese: «Conto su di loro. A Londra vogliono far morire la bambina».A poche ore dall'incontro con i medici dell'ospedale Gaslini, Shelina Begum è serena. Lo confessa al telefono da Londra: «Sono felice, aspettavo questo momento. Ci credo» dice. Sa che gli specialisti genovesi che questa mattina incontrerà nella struttura sanitaria del capoluogo ligure potrebbero darle le risposte che desidera sul futuro della sua bambina, Tafida Raqeeb, che ha cinque anni e dal 9 febbraio è ricoverata nella capitale britannica in seguito a un grave malore. Dopo mesi di cure, a luglio i medici del Royal London hospital hanno stabilito che è inutile tenerla attaccata a un respiratore e vorrebbero spegnerlo. Come nel caso di Charlie Gard, come in quello di Alfie Evans, la ragione vuole dettare legge e il sentimento non lo accetta. Il viaggio a Genova, propiziato dall'avvocato Filippo Martini, dell'associazione Giuristi per la vita, sembra una grande opportunità. «Forse mi diranno cosa fare» sussurra Shelina, che ha 39 anni e lavora come legale. Ha poco tempo per parlare, è sfinita da questi mesi trascorsi al capezzale del suo piccolo angelo, dalla chiusura mentale dei medici, dalla loro incapacità di capire il tormento dei genitori. «A me importa solo salvare la vita di Tafida» scandisce a bassa voce. Parla a monosillabi, come se la tensione avesse un impatto sul suo eloquio altrimenti fluente. In queste settimane si è divisa tra l'ospedale e lo studio inglese che la sta aiutando in vista dell'udienza in tribunale della prossima settimana. Chiediamo se hanno studiato qualche strategia per perorare la propria causa. «Non servono strategie», dice. «Si tratta solo della vita della bambina. Racconteremo la verità, tutta la verità e faremo in modo che capiscano cosa vogliamo». Le parole di una donna ormai abituata a combattere: contro le decisioni dei medici, contro i provvedimenti dei vertici ospedalieri, anche contro i legali che sostengono il punto di vista clinico a dispetto del fatto che coincida con la condanna a morte di una bambina innocente. La sua voce è tagliente, secca. Si addolcisce solo quando ci informiamo sulla salute della piccola. «Tafida va bene», spiega. «Ci sono giorni migliori e giorni peggiori, ma nel complesso va bene». Pochi giorni fa, parlando alla stampa, Shelina ha sottolineato come la piccola sia sveglia e vigile. Il suo ritmo sonno-veglia è normale e alla mamma sembra anche che sia cresciuta di peso, visto che alcuni vestiti le stanno stretti. Non proprio la descrizione di un vegetale, anche se i medici continuano a sostenere che la piccola sia praticamente morta. «Ce lo hanno annunciato tante volte in questi mesi e lei ce l'ha sempre fatta» ha dichiarato in diverse occasioni la mamma. Settimana dopo settimana, secondo lei, Tafida ha fatto registrate miglioramenti. Anche il diagramma che controlla la respirazione artificiale lo dimostra. Le macchine la aiutano a respirare a un livello minimo, mentre l'intubazione è utile perché non è in condizioni di mangiare autonomamente. Nella preparazione all'udienza davanti alla Corte, che si terrà all'inizio di settembre, la famiglia ha raccolto tutti questi documenti. E molti altri ancora. Sul ricorso la famiglia di Tafida ha puntato tutto. Costerà tanto, ma poco importa se consentirà di ottenere il permesso di portare altrove la piccola e di farla curare anziché «terminare», come vorrebbero nel Regno Unito. «La raccolta di fondi per aiutarci in questo senso procede, ma un po' lentamente», spiega la signora Begum. «Devo rimettere attenzione su questa cosa, ma fino ad oggi non ci sono riuscita». Le ultime settimane sono state dedicate al processo, nonostante la questione economica sia tutt'altro che banale. La famiglia di Tafida non è abbastanza povera da ottenere aiuti statali, ma neppure così ricca da poter affrontare una causa senza contraccolpi. Tanto che di recente i genitori hanno dichiarato ai tabloid inglesi che potrebbero essere costretti a vendere la casa per affrontare le spese dell'udienza. Un grande sacrificio, ma solo l'ultimo di una serie, per questa famiglia che si sente calpestata dallo Stato in cui aveva creduto.Shelina Begum è di origine bangalese ma è cresciuta e si è formata nel Regno Unito, di cui è stata una fiera cittadina. Fino a quell'incontro con i medici del Royal London Hospital in luglio. La negazione dei diritti dei bambini - ormai ricorrente Oltremanica, come dimostrano i casi di Charlie Gard, Alfie Evans e Isaiah Haastrup - oltraggia il suo concetto di equità e legittimità e la disturba. Come darle torto?
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)