2019-11-11
Laura Ravetto: «La maggioranza si spaccherà. A strappare sarà Zingaretti»
La deputata azzurra: «Il segretario dem è come un generale senza truppe, si convincerà a portare tutti al voto. Forza Italia? S'è liberata di chi cercava visibilità ed è in recupero».«Sull'Ilva il governo può cadere, dipende tutto da Nicola Zingaretti. E se si vota Forza Italia va in rimonta: Silvio Berlusconi ha dettato la linea dell'unità del centrodestra». Laura Ravetto, anima azzurra della prima ora, ha sempre sostenuto l'opportunità di una solida alleanza con la Lega. L'unico inciucio della sua vita lo ha siglato sposandosi con l'allora deputato Pd Dario Ginefra: «Sapesse le litigate in casa quando parliamo di immigrazione». Intanto sull'Ilva di Taranto le nubi non si diradano. «Su una bomba sociale di queste dimensioni il governo ha innegabili responsabilità. E comunque un governo di centrodestra avrebbe scritto le regole in maniera sensata fin dall'inizio, senza consentire ad Arcelor Mittal di andarsene così». Qua si parla di nazionalizzazione. «Sì, purché sia l'extrema ratio, una soluzione temporanea. Parliamo dei soldi dei cittadini. È sostenibile economicamente? E l'Europa ce lo consentirà? Spero che questi dilemmi vengano vagliati con intelligenza, a differenza di quanto è accaduto finora».Perché siamo arrivati a questo punto? «Nel migliore dei casi per via dell'incompetenza di chi ci governa. Nel peggiore dei casi a causa di una lotta tra bande armate all'interno del M5s».E dunque?«Intanto si ripristini immediatamente quello scudo penale la cui eliminazione ha creato alibi all'azienda. Sullo scudo hanno imbastito una crociata ideologica contro i padroni, ma si tratta di un istituto che consente l'attuazione dei piani aziendali rispetto a problemi creati da altri. Funziona così in tutta Europa».Un'Europa nella quale, tra l'altro, siamo fanalino di coda in termini di crescita, secondo le previsioni di Bruxelles. «Torniamo sullo stesso punto. Avere un esecutivo che ha una visione anti impresa non aiuta. Mi stupisce che il Partito democratico sia diventato succube dei 5 stelle, abbracciando la sua visione anti industriale. E questa manovra fatta di micro balzelli lo dimostra». D'altronde la coperta è sempre troppo corta.«È vero che i margini sono pochi, ma continuo a pensare a quegli 8 miliardi stanziati per il reddito di cittadinanza, un'operazione puramente assistenzialista. Non sarebbe stato meglio impiegare quei soldi per una vera riduzione del cuneo fiscale?». Tornando all'Ilva, pensa che questo governo possa cadere su Taranto, come l'esecutivo gialloblù si spaccò sulla Tav?«A me interessa la salvezza dell'Ilva. Poi è chiaro che se l'emergenza si aggravasse qualcuno potrebbe staccare la spina. Ma non è ai 5 stelle che dobbiamo guardare: loro sono disperati, se si va al voto non saprebbero da che parte voltarsi». Quindi?«È il Pd di Zingaretti che potrebbe lasciare. Molti dirigenti del partito cominciano a rendersi conto che questa alleanza li sta facendo affondare». Nella maggioranza non si ravvisa gran voglia di elezioni.«Zingaretti non controlla il gruppo parlamentare. Piuttosto che continuare a essere un generale senza truppe, potrebbe convincersi a portare tutti al voto». E questo mentre Matteo Salvini apre all'ipotesi di Mario Draghi al Quirinale.«Per me l'uomo giusto per il Quirinale è Berlusconi. Certo, quella di Salvini è una mossa intelligente, perché toglie un alibi al governo: quello di stare in piedi per scegliere il presidente della Repubblica “adatto". Detto questo, se si va al voto siamo pronti, e le regionali in Emilia Romagna sono una grande opportunità». Ma in Umbria i consensi di Forza Italia sono scesi. «Non nego che il partito abbia subito una flessione rispetto al passato. Ma in Umbria i dati bisogna saperli leggere: c'erano ben due liste civiche riconducibili a Forza Italia, tra cui quella che fa capo al governatore Donatella Tesei, che arriva dalla nostra area». Quindi siete ottimisti?«I sondaggi dicono che stiamo recuperando, e per un motivo molto semplice: nel partito è tornato a parlare solo Berlusconi. Ha dettato la linea, scendendo in piazza con Salvini a San Giovanni. E la linea è quella dell'unità del centrodestra. In passato, invece, in troppi hanno cercato visibilità, con l'unico risultato di confondere l'elettorato». Il governatore ligure Giovanni Toti dice che quelli confusi siete voi: prima trattavate Salvini come un nemico, adesso come un imperatore. «Su Salvini non mi sono mai confusa: lo conosco da anni, da quando andavamo insieme a Telelombardia. Qualunque fosse l'argomento, lui parlava comunque dei problemi reali della gente. Questa abitudine un po' l'ho imparata da lui». Non è proprio la vicinanza alla Lega che sta prosciugando i voti di Forza Italia?«Questa è una bufala. La politica è fatta di numeri, e le alleanze sono imprescindibili. Non c'è nessuna cannibalizzazione, restiamo fondamentali. Forza Italia ha bisogno della Lega per vincere, e viceversa». Eppure tanti tra di voi temono uno sbilanciamento a destra del partito. «Salvini non è un estremista. Anzi, è un doroteo rispetto a Umberto Bossi che parlava di secessione». La sua presenza alla convention di Cambiamo di Toti si è notata. «All'epoca Toti si batteva per una maggiore democrazia nel partito: poi la sua scelta di confluire nel gruppo misto proprio non l'ho compresa. Detto questo, ci sono sensibilità diverse? L'importante è ritrovarsi uniti in un'area liberale e cristiana». Di fronte alle accuse di tradimento, su Twitter lei scrisse: «Se parlo io…». Se parla lei che succede?«Era la risposta all'editoriale di un giornalista. Ho voluto solo mettere le cose in chiaro. Nel mio partito c'era chi voleva accreditarsi come iperlealista di Berlusconi, additando me come traditrice. Ecco, mi risulta che in passato queste persone non fossero così fedeli al fondatore». Sì, però adesso facciamo i nomi. «Ma no che non li faccio, i nomi. Anche perché ognuno è libero di fare ciò che vuole. Io però ricordo a tutti che non accetto strumentalizzazioni. E che ho buona memoria». Mara Carfagna apre al dialogo con Renzi. Sembra che entro Natale fonderà un suo movimento. È un addio? «Sono certissima che Mara non andrà con Matteo Renzi e non creerà gruppi autonomi. E ne sono certa, perché la conosco». Ma le sirene renziane si fanno sentire?«Chi oggi va con Renzi, tira acqua al mulino della sinistra. E sarebbe paradossale. Io mi occupo di contribuire a far crescere i consensi di Forza Italia, anche perché qualunque trattativa va condotta da posizioni di forza». Berlusconi ha lanciato l'Altra Italia. Con quale scopo?«Berlusconi, che ha sempre avuto l'anima del federatore, sta dicendo: io sono disponibile a creare uno spazio più ampio che ci consenta di unire tutti. È un gesto di generosità. Purtroppo qualcuno nel partito si è spaventato: l'hanno interpretata, sbagliando, come un'alternativa a Forza Italia». Quindi il simbolo di Forza Italia non verrà ritirato?«Berlusconi non lo farà mai. Se qualcuno pensasse di ritirare il marchio, correrei a prendere per me il copyright». Alla fine tutto dipende tutto dalla legge elettorale. «Io mi schiero apertamente per il maggioritario, anche in vista del referendum: ci costringerebbe ad allearci. Persino i 5 stelle, con il maggioritario, deciderebbero finalmente cosa fare da grandi, anziché allearsi con tutti per tenersi la poltrona». L'alternativa è un nuovo grande centro. «Il centro è una chimera irraggiungibile. Gli spostamenti che vedo in questi giorni mi sembrano tattiche di palazzo: Renzi, ad esempio, gioca la sua mano sulle nomine e torna protagonista. Per carità, è politica anche questa. Ma non è il tipo politica che piace a me». Ha fatto bene il centrodestra ad astenersi sulla commissione Segre sull'odio razziale? «Se fossi stata in Senato, mi sarei alzata in piedi ad applaudire Liliana Segre, come i nostri senatori dicono di aver fatto. Figuriamoci se siamo contrari alla battaglia contro l'odio razziale e religioso. Il fatto è che anche il centrodestra aveva avanzato una mozione simile, e la sinistra non ha voluto firmare un documento condiviso. La maggioranza ha cercato lo scontro, inducendo i nostri senatori all'astensione». Lei è stata nominata responsabile immigrazione di Forza Italia, mentre il governo discute sulle modifiche al memorandum con la Libia. «Saranno costretti a confermarlo così com'è. Quella della maggioranza, che attualmente critica l'accordo, è solo propaganda: devono tenersi buona Laura Boldrini che adesso governa con loro. Rinnoveranno il memorandum tale e quale, perché non c'è altra strada. L'alternativa è un dramma migratorio che riverserebbe 150.000 migranti sulle nostre coste».
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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