2022-07-03
La logica dell’emergenza ricorrente: così si impone l’ideologia dominante
Da una catastrofe incombente all’altra. La guerra tiene meno la ribalta, ecco dunque la siccità, l’inflazione e torna la pandemia. Si costruisce una realtà artificiale. Perché i problemi non vanno risolti ma alimentati.È diventato difficile persino stare al passo con l’Apocalisse. Non fai in tempo a preoccuparti per una catastrofe incombente che già te ne viene scodellata un’altra ancora più clamorosa. Si può osservare il funzionamento del meccanismo scorrendo le prime pagine dei quotidiani e ascoltando i titoli dei telegiornali delle ultime settimane. La guerra, all’improvviso, ha iniziato a scomparire. Benché la situazione si faccia sotto molti aspetti più tesa, la ferocia del conflitto che quattro mesi fa angosciava le masse oggi è ridotta a un rumore di fondo, una vibrazione di basso tra le tante. Altre emergenze s’impongono: la siccità, l’inflazione ma, soprattutto, il grande classico Covid.Ora, può tranquillamente darsi che un fenomeno si attenui e poi torni a manifestarsi con decisione, ridiventando preoccupante, Ma il punto è che l’attuale logica dell’emergenza continua e ripetuta prescinde totalmente dalla realtà e dalle evidenze fattuali. Teoricamente, dovremmo essere più preoccupati ora dalla guerra che tre mesi fa. E invece si riprende a parlare del Covid che - a prescindere dall’aumento dei contagi, ovviamente favorito dall’ostinazione nel tamponamento massivo - miete lo stesso numero di vittime della scorsa estate.Volete un altro esempio ancora più impressionante? Pensate all’immigrazione. Fino a un paio d’anni fa era «il» tema di cui tutti dovevano occuparsi. Non passava giorno senza che qualche eurofenomeno si dilettasse a farci la morale sulla necessità dell’accoglienza al fine di fermare le morti in mare. Ebbene, i flussi si sono intensificati di nuovo, gli sbarchi avvengono a migliaia. E, guarda un po’, ci sono di nuovo i morti: in acqua, in Libia, nei deserti africani, a Mellila. Vi pare che qualcuno si sia scosso? Sentite appelli quotidiani e martellanti sulle stragi dei disperati? Macché. Ciò che prima era spaventosa catastrofe oggi è ordinaria amministrazione. Peggio: è un argomento che non merita nemmeno d’essere menzionato, anche se il problema esiste eccome.Risulta piuttosto chiaro, dunque, come le emergenze siano utilizzate in modo strumentale per esercitare il controllo sulla popolazione. La strategia non è certo inedita, tutt’altro. Ma in questo periodo storico si rivela particolarmente efficace, come spiega un meraviglioso saggio di Mattias Desmet, professore di psicologia clinica all’Università di Ghent, intitolato Psicologia del totalitarismo (La Linea). Desmet mostra quali siano stati gli effetti a lungo termine di quella che definisce «ideologica meccanicista», di cui il culto della scienza è evidentemente una propaggine.La grande illusione del meccanicismo è quella di poter conoscere interamente la realtà attraverso la misurazione e la quantificazione. Il punto è che - come la stessa scienza ha ampiamente dimostrato negli ultimi decenni - pretendere di arrivare a una misurazione esatta del reale è sostanzialmente impossibile. Anzi, più ci si affida al numero più si deve approssimare, e in questo modo si costruisce - nei fatti - una realtà fittizia, artificiale.Questa finzione, per altro, tende ad autoalimentarsi. Una delle conseguenze storiche dell’affermarsi del meccanicismo è stata l’enfasi sull’individuo, che ha condotto all’allentamento dei legami sociali e all’atomizzazione. L’essere umano atomizzato si sente sperduto, disorientato, di conseguenza tende a cercare appigli. E la perversa fede scientifica glieli offre sotto forma di cifre e statistiche utili a sostenere una quantità crescente di norme che regolano ogni aspetto dell’esistenza.In particolare durante la pandemia, dice Desmet, abbiamo trovato «una società pervasa da sentimenti di paura e disagio che nel mare dei numeri ha selezionato proprio quelli che inizialmente hanno confermato e poi rafforzato i suoi timori, producendo conseguenze del tutto sproporzionate […]. Attraverso i mezzi d’informazione l’ideologia dominante presenta dati che via via confermano le sue ipotesi e crea una realtà sostanzialmente fittizia nella quale una buona parte della popolazione crede ciecamente».Non è un quadro confortante. Anche perché, continua Desmet, «è a questo livello che Hannah Arendt colloca il soggetto ideale succube dello Stato totalitario: il soggetto che non distingue più tra finzione (pseudo)scientifica e realtà».È un bel paradosso. L’enfasi contemporanea sull’individuo - alimentata anche dallo spauracchio delle masse urlanti mobilitate dai totalitarismi del passato - ci ha riportato sullo stesso terreno da cui prometteva di levarci. Non è un caso che autori che furono molto letti proprio dai «capi carismatici» dei regimi di un tempo oggi tornino di grande attualità. Ad esempio Gustave Le Bon, autore della Psicologia delle folle.L’individuo isolato e disorientato risulta facilmente suggestionabile e tende - anche per vincere l’ansia che lo attanaglia - ad annegarsi nella folla, il che lo rende ancora più manipolabile. «Dal solo fatto di essere parte di una folla, un uomo discende da generazioni su una scala di civiltà», scriveva Le Bon. «Individualmente, potrebbe essere un uomo civilizzato; nella folla diviene “barbaro” in preda all’istinto. Possiede la spontaneità, la violenza, la ferocità, e l’entusiasmo e l’eroismo dei primitivi. […] Un individuo nella folla è un granello di sabbia fra altri granelli di sabbia, mossi dalla volontà del vento».Siamo al cuore della questione. La folla, diceva Le Bon, non è un insieme di cervelli, essa possiede una sorta di cervello collettivo sul quale un leader carismatico può agire scatenando istinti ed emozioni potenti. In che modo? Le Bon coglie il punto: «Con le parole e le immagini».È in questo esatto punto che l’ideologia meccanicista e la sua fede cieca nella scienza si rovesciano in ciò che - almeno all’apparenza - dovrebbe essere il loro contrario: la magia. I grandi maghi rinascimentali e gli esoteristi di fine Ottocento avevano perfettamente compreso la potenza suggestiva delle immagini. Alcuni teosofi parlavano a questo proposito di «forme-pensiero», cioè «forze mentali che sono in grado di assumere potere sulla materia». Quando una collettività - una folla - si concentra su una forma-pensiero, essa diviene un’entità quasi autonoma, in grado di influenzare la realtà. Si crea così ciò che gli esoteristi chiamano «eggregore» (da aggregare, unire). Per sommi capi, funziona così: un leader carismatico, utilizzando le giuste parole e i giusti segni, crea un’immagine che catalizza l’attenzione delle folle. Questa immagine diviene allora potentissima, una sorta di pensiero vivente, e come un virus si espande, contagiando: la popolazione che l’ha evocata ne viene infine soggiogata.Non aveva torto, in fondo, l’antropologo James George Frazer quando scriveva che scienziati e maghi sono più simili di quanto si creda. Essi non possono, come vorrebbero, dominare la natura. Ma in certi casi possono dominare le folle: basta che riescano a generare immagini ed emozioni adatte allo scopo, ad esempio quelle suscitate dall’enfasi mediatica sulle varie catastrofi incombenti. A questo serve la logica dell’emergenza ricorrente: non ci spinge a risolvere i problemi, ma li alimenta.
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