2020-04-06
«La lezione di questo virus: soltanto Dio ci può salvare»
Il grande scrittore cattolico Vittorio Messori: «La modernità ha dimenticato il peccato originale. La gente non ritrova sé stessa chiusa in casa, domani avremo più poveri e più guerre finanziarie».«Andrà tutto bene». «Nulla sarà come prima». «Il dopo sarà bellissimo». «Distanti ma uniti». Sono molte le frasi incoraggianti che si rincorrono durante questa epidemia. Ma il domani sarà davvero migliore dell'oggi? E su che cosa basare questa speranza? Risponde Vittorio Messori, il più grande e più letto scrittore cattolico contemporaneo: l'ultimo suo libro, Quando il cielo si fa segno, ricorda che Dio parla sempre. Anche nelle circostanze più tragiche.Negli ultimi decenni, sospinti dai progressi della scienza e della tecnologia, abbiamo corso come pazzi e ora improvvisamente il mondo è fermo e noi siamo soli in casa davanti a noi stessi. Molti dicono che siamo a un punto di svolta. È d'accordo? «Conosco abbastanza la storia avendone scritto parecchio nei miei libri, per dirmi molto scettico. Queste svolte generali per certi eventi non avvengono. La storia non procede per salti, ma lentamente. D'altro canto, mi torna in mente l'esempio tragico di appena un secolo fa che abbiamo quasi dimenticato».L'epidemia di influenza spagnola.«Divampò nel 1918 pochi mesi prima che si chiudesse la guerra mondiale. Quella sventura fu chiamata spagnola semplicemente perché la Spagna era il solo Paese neutrale nel conflitto e poteva pubblicare quello che altrove la censura di guerra vietava. La spagnola fu un'epidemia che secondo alcuni falciò un terzo della popolazione europea. Terribile, anche perché non c'era nulla con cui contrastarla. Ebbene, venne la spagnola, morirono masse di persone, la guerra finì e tutto continuò come prima, al tal punto che vent'anni dopo scoppiò un'altra guerra mondiale ben peggiore della prima. Quella che fu la peggiore sventura del secolo non condizionò in nessun modo la storia né i popoli, tant'è vero che anche nella Seconda guerra mondiale buona parte della gente andò al fronte con entusiasmo».Stare chiusi in casa non costringe a ripensare sé stessi?«Il ministro francese dell'educazione ha fatto sapere che da quando i suoi connazionali sono costretti tra le mura domestiche, sin dal primo giorno, di colpo, le frequentazioni dei siti pornografici sono salite più del 50%. È così che la gente riflette sulla propria sorte. In molti Stati Usa in cui, talvolta, come da noi ora, la gente è posta agli arresti domiciliari, uno dei risultati è un balzo delle richieste di divorzio».Si sente ripetere che, passata questa pandemia, nulla sarà più come prima.«A cambiare saranno le condizioni economiche. Vedo una feroce lotta determinata dalla crisi, che procurerà scontri tra i partecipanti all'Unione europea per la spartizione dei soldi, mentre milioni di persone cadranno nell'indigenza avendo perso il lavoro».Questa è la sua riflessione da storico. E da cristiano?«La cultura occidentale a partire dal Settecento ha cercato di cancellare come pericolosa invenzione quello che i credenti chiamano il peccato originale. L'esistenza del peccato originale non porterà mai al mondo felice, senza guerre né epidemie. Ogni utopia è destinata a finire male, così come il sogno di un'umanità migliore dopo il coronavirus. Il mio non è pessimismo, ma realismo. La storia ha inevitabilmente dimostrato che il peccato originale esiste e che l'uomo non è in grado di salvarsi da sé né di salvare il mondo».Gli uomini del Duemila non riprenderanno coscienza del peccato originale? «La ripresa che vedo è quella del conflitto tra banchieri e finanzieri. Ha fatto caso che nel mondo è stato chiuso tutto, fuorché le borse valori? Immagino che gli squali della finanza saranno feroci, così come quanti hanno perso il posto di lavoro e tutti coloro, tra cui moltissimi nostri meridionali, che campano al nero: per loro non può esserci nessun aiuto. Il Sud è una bomba pronta a esplodere. Prevedo gravi movimenti sociali. Cambierà sicuramente qualcosa ma, ahimè, sarà un movimento feroce».Che cosa si aspetta?«Un mondo molto più difficile e complicato di prima. Non che in precedenza stessimo bene, ma d'ora in poi sarà anche peggio, con più disoccupati, poveri, orfani. Il futuro non sarà glorioso, non sarà un mondo che ha ritrovato sé stesso restando chiuso in casa».La preghiera del Papa in piazza San Pietro non può aiutare?«Io ho delle riserve su questo Papa, da cattolico sono amareggiato nel dovere esprimere, quando proprio è necessario, il dissenso da certe sue affermazioni e azioni. Tuttavia, l'ho molto ammirato per quella preghiera. In primo luogo per la coreografia, straordinaria e aiutata dal tempo: il buio che lentamente scendeva su una deserta piazza e questo ultraottantenne zoppicante che ha letto un bel testo. Quelle parole lo hanno riscattato da tanti altri suoi discorsi, spesso improvvisati. Mi è dispiaciuto che abbia subito danni quel prezioso crocifisso, tolto dalla chiesa di San Marcellino per essere collocato sotto la pioggia. Un capolavoro d'arte e un segno di profonda fede popolare». Il Papa ha riacceso una fede sopita?«Queste cose vanno chieste al Padreterno, l'unico che “scruta i cuori e le reni", come dice la Scrittura. Non facciamoci illusioni. Moltissimi hanno guardato in televisione quel gesto, ma gli indici di ascolto sono stati molto più bassi non solo di una finale di un mondiale di calcio ma anche del festival di Sanremo. Amadeus ha battuto Francesco. Ancora una volta, bisogna essere realisti. Se fossi Papa per un anno e avessi mano libera, imporrei come dovere per i credenti il realismo cristiano, la concretezza, il rifiuto di ogni utopia. I Vangeli e le lettere di San Paolo accettano il mondo così com'è. Lo stesso Gesù sa che alcuni cambieranno ma certamente non tutti».Un altro evento televisivo seguitissimo è stato il rosario recitato la sera della festa di San Giuseppe, anche se battuto negli ascolti dalla fiction di Don Matteo. Il senso della preghiera non è perso del tutto?«Diceva uno scrittore francese dopo la terribile esperienza della Prima guerra mondiale che “nelle trincee non ci sono atei". Combattendo al fronte aveva visto che anche i bestemmiatori più incalliti, al momento di rischiare la vita andando all'assalto, si appellavano alla Madonna o a qualche santo. Oggi in molti c'è paura, è chiaro, e la paura va sempre alla ricerca di qualcosa che possa consolarla».Non ci sono atei nemmeno nelle epidemie: è questo che dice? «So di gruppi di preghiera che si collegano da luoghi lontani nell'adorazione perpetua o nella recita continua del rosario: ma questi il rosario lo dicevano anche prima. Dio solo sa se, passata la paura, resterà la fede riscoperta in questi tempi».Una volta si diceva che le pestilenze fossero castighi di Dio. Oggi la Chiesa bandisce questa terminologia. Ma non c'è un messaggio divino in un evento così tragico?«È uno dei grandi misteri anche della teologia. I teologi concordano nel dire che queste non sono vendette o cattiverie di Dio. Di certo sono segni. Avvertimenti. La domanda tuttavia resta: che cosa vuole dirci Dio, creatore di tutto, che ha fatto una terra a tratti gradevolissima e a tratti drammatica, come in queste occasioni? Spesso anche i sacerdoti dimenticano che Gesù non ha promesso il paradiso in terra: ha promesso un paradiso, ma uno solo, quello dopo la morte».E che senso dare a tutto questo dolore?«Nella prospettiva cristiana queste prove servono per forgiarti quando varcherai quella porta e, se ne sarai degno, entrerai in quella che sarà davvero la gioia per sempre. Questo mondo è soltanto il preambolo di quello autentico. Il mondo che noi vediamo ha la “emme" minuscola: quello con la maiuscola si apre con la morte e sarà il mondo senza fine dove trionferà sempre e solo l'amore e la gioia. Il credente di fronte a ogni evento non può ignorare che tutti siamo provvisori e siamo alla prova per potere accedere al paradiso».Lei pensa mai alla morte?«Ogni sera prego per una buona morte. Ma la buona morte per cui prego non è andare a letto sereni e non svegliarsi più, senza dolore né sofferenza, fulminati da un infarto. La buona morte è chiudere gli occhi in grazia di Dio e potere sperare nel paradiso, cioè nella gioia eterna. Purtroppo, anche in molto sedicente cristianesimo si è persa di vista la prospettiva, spesso scandalosa per il mondo, che deve dare la fede».Lei ha studiato e scritto molto su eventi miracolosi accaduti nella storia. A Dio di questi tempi bisogna chiedere un miracolo?«I miracoli sono rari. Sono segni che non ci sono stati promessi e che vengono concessi misteriosamente ad alcuni. Prendiamo il caso di Lourdes. Lì esiste un grosso equivoco: è il luogo della guarigione, ma la Madonna, nelle poche parole che ha detto a Bernadette, non ha mai promesso che avrebbe guarito i malati. L'intenzione di Maria è di guarirci sì, ma dal peccato».Una guarigione spirituale?«Questa è sicura per tutti quelli che la chiedono, quella fisica non altrettanto. Lourdes è frequentata da 172 anni. In questo secolo e mezzo e più vi sono transitati circa un miliardo di pellegrini. Ma i miracoli ottenuti per intervento di Maria e riconosciuti come tali non solo dall'Ufficio medico ma, ufficialmente, anche dalla Chiesa sono solo 70».
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