2019-09-10
La legge di restaurazione elettorale per tenere il potere e far fuori Salvini
Fine del maggioritario, si riparte dal passato: alleanze spartitorie e accordi sottobanco. Il taglio dei seggi lo stratagemma per arrivare così all'elezione del nuovo capo dello Stato. Unico scopo: ridimensionare la Lega.L'abito è formale e azzimato, come quelli che ama indossare il premier. Questo governo, tenetevi forte, avrà una statura da costituente. Mica come quei nanerottoli dei gialloblù. Stavolta si fa sul serio. Si pensa al bene del Paese: alle riforme che i cittadini attendono da secoli. Quelle di cui si discetta nei bar, dopo aver finito il turno in fabbrica, davanti a uno spritz o una birretta. Una nuova legge elettorale incombe. Fulgida e austera come la pochette a tridente di Giuseppe Conte. Che ieri, nel suo soporifero discorso per ottenere la fiducia, ha annunciato il nuovo corso. Con un unico e inconfessabile obiettivo: far fuori l'arcinemico Matteo Salvini.Tra una studiata pausa a effetto e l'altra, dopo aver tormentato per la milionesima volta il suo microfono, il premier ha annunciato solenne: «È nostra intenzione chiedere l'inserimento, nel primo calendario utile della Camera, del disegno di legge costituzionale che prevede la riduzione del numero dei parlamentari». Applausi scroscianti che si levano dai banchi dei 5 stelle. Già durante la crisi politica estiva, i grillini avevano tentato di usare quest'arma come sabbia da infilare negli ingranaggi. Per rinviare la rottura a data da destinarsi. Adesso «Giuseppi» ci riprova, con il medesimo fine: le calende greche. Il taglio dei parlamentari dovrebbe essere calendarizzato entro la fine dell'anno. I deputati passerebbero da 630 a 400. I senatori da 315 a 200. Meno poltrone, meno laccioli, meno spese. Un fine nobile? Nobilissimo. Peccato che serva unicamente a ridimensionare Salvini e la sua Lega.La nuova legge, infatti, potrebbe essere approvata entro la fine della prossima estate. E all'iniziativa, aggiunge Conte, sarà abbinato un percorso di riforma del sistema elettorale. «Quanto più possibile condiviso in sede parlamentare». Sì, ciao. «Contestualmente», assicura con il solito e involuto argomentare, «è nostro obiettivo procedere a una riforma dei requisiti di elettorato attivo e passivo per l'elezione del Senato e della Camera». E poi, rincara, urge avviare «una revisione costituzionale volta a introdurre istituti che assicurino più equilibrio al sistema e contribuiscano a riavvicinare i cittadini alle istituzioni».Capito operaio che stai per bagnare le labbra con il tuo bianchino? Lo fanno per te. E non certo per tentare di conservare lo scranno, saecula saeculorum. Difatti, nelle intenzioni dell'esecutivo, le due riforme saranno poi sottoposte a referendum confermativo nella primavera del 2021. A quel punto, arrivare all'agosto seguente è un attimo. E lì comincia il tanto atteso semestre bianco. Per sei mesi, le Camere non potranno essere sciolte in vista dell'elezione di un presidente della Repubblica gradito.Tana liberi tutti. La fine della legislatura si avvicina. E le velleità di Salvini saranno già, sperano i nostri eroi, solo un brutto ricordo.Soprattutto grazie alla mirabile legge elettorale che Pd e 5 stelle si apprestano a mettere a punto: un bel ritorno al proporzionale. Quello del pentapartito, di Tangentopoli e dei governi balneari. Sarebbe la quarta riforma in neanche quindici anni. Dopo Porcellum, Italicum e Rosatellum, ecco l'AntiSalvinellum. Fine del maggioritario, si riparte dal memorabile passato. Alleanze spartitorie, accordi sottobanco, intese estemporanee. E, soprattutto, bye bye Capitano. La nuova legge gli impedirebbe di correre da solo o con una minicoalizione sovranista. Per governare si passerebbe, più o meno, dal 40 per cento alla maggioranza assoluta. L'attuale Rosatellum premia difatti la prima coalizione. Che, per tutti i sondaggi dell'ultimo anno e nonostante il recente calo del Carroccio, sarebbe il centrodestra a trazione leghista.Insomma, il proporzionale sterilizzerebbe in parte questo scenario. YouTrend ha già fatto opportune simulazioni. Sulla base delle attuali proiezioni, Salvini sarebbe costretto ad allearsi sia con Fratelli d'Italia che con Forza Italia, che diventerebbero l'ago della bilancia della coalizione. Ma la restaurazione, giura Conte, serve solo per «riavvicinare i cittadini alle istituzioni». Peccato che, con l'attuale sistema maggioritario, le coalizioni si fanno prima di andare al voto. Così gli elettori, una volta tanto e salvo imponderabili ribaltoni, hanno almeno le idee chiare su chi sostengono. Nel proporzionale invece no. Gli accordi, vista la chimera del 50 per cento dei consensi, si fanno soprattutto dopo il voto. Con inciuci e inciucetti. Com'è sempre accaduto nella nostra sfortunata storia repubblicana. Il presidente del Consiglio non è quasi mai quello scelto nelle campagne elettorali. Ma il risultato di seguenti e opachi accordi. Come insegna la riedizione del governo Conte. Insomma, il proporzionale favorisce i tatticismi. Il maggioritario impone maggior chiarezza. Ma del resto che importa? L'importante è tentar di mettere nell'angolo l'odiato Salvini.Costringendolo magari a gravose trattative con l'ondivaga Forza Italia di Silvio Berlusconi. Restaurazione è compiuta. E il primo a fiutarla è proprio il leader della Lega: «Voglio crescere i miei figli in un Paese in cui chi vota decide chi governa» assalta. «Non mi piace l'Italia della palude, dei 37 partitini. Ci opporremo a ritorno al passato, al pentapartito». Al mitologico Caf. Acronimo degli indimenticati governi tra Craxi, Andreotti e Forlani. Acqua passata. Trent'anni dopo, ecco i giallorossi. Al poter non si comanda.