2018-12-27
La Lega punta su finanza e venture capital e immagina una Consob tutta milanese
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Dopo l'emendamento inserito nella manovra economica sui Pir (Piani individuali di risparmio) con l'obbligo di investire il 3,5 % del capitale raccolto in titoli non negoziati sui mercati regolamentati, si torna a parlare di spostare l'autorità di controllo della Borsa nel capoluogo lombardo. L'obiettivo del Carroccio è rendere Milano capitale del fund raising e delle start up, approfittando anche della Brexit. Spuntano norme a favore dell'economia reale nella manovra del governo gialloblu, ma soprattutto si incrementa il ruolo di Milano come punto di riferimento per il venture capital e l'innovazione. Sono dettagli non da poco, piccoli passi per rendere il capoluogo lombardo sempre più come punto di riferimento in Europa per l'attrazione di start up valorizzando anche piazza Affari. Non è un caso che proprio in questi giorni all'interno della Lega di Matteo Salvini si sia tornati a parlare di spostare la Consob nel capoluogo lombardo. E' un provvedimento che potrebbe accompagnare i prossimi decreti attuativi sull'autonomia di Lombardia e Veneto, nel solco della richiesta di ospitare le olimpiadi invernali del 2016 con la candidatura di Milano e Cortina D'Ampezzo. Spostare l'organo di controllo della borsa non è un'idea nata oggi, fu già al centro di una polemica tra il sindaco Giuseppe Sala e quello di Roma Virginia Raggi l'anno scorso, quando il primo cittadino milanese si domandò perché Consob e Ice non veniva spostati dove c'era la maggiora parte delle aziende italiane.Gli ultimi provvedimenti nella Legge di bilancio 2019 vanno in questa direzione, nel tentativo di approfittare anche della crisi di Londra dopo la Brexit. Tra le novità va segnalato l'emendamento proposto nelle scorse settimane dal deputato della Lega Giulio Centemero dove si prevede per i Pir (Piani individuali di risparmio) un vincolo aggiuntivo per poter usufruire degli incentivi fiscali, ovvero investire obbligatoriamente il 3,5% del capitale raccolto in titoli strumenti finanziari negoziati sui sistemi multilaterali di negoziazione (Bond Visione Europe, ExtraMOT, AIM Italia, Mercato SeDeX solo per fare qualche esempio) di piccole e medie imprese, oltre al 70 per cento già vincolato in base alla normativa attualmente vigente. Lanciati nel 2017 per creare un circolo virtuoso tra risparmio dei privati e economia reale, ora i Pir dovranno guardare di più alle piccole e medie imprese, quotate e non. Sul mercato Aim detengono già il 25% del flottante delle quotate, ma ora grazie all'emendamento di Centemero i gestori dei Pir saranno obbligati a investire almeno il 3,5% del capitale. Si tratta di una misura concreta a favore delle piccole e medie imprese: se si considera che la raccolta Pir nel 2017 è di circa 12,6 miliardi, questo significa circa almeno 400 se non 500 o 600 milioni a Pmi e Startup per crescere – ha spiegato Centemero – L'imprenditoria giovanile e le Start pp rappresentano un settore strategico per la crescita economica, sociale e occupazionale del nostro paese. Per questo l'impegno della Lega è di favorire il più possibile gli investimenti in imprese giovani, innovative e tecnologiche perché questo vuol dire scommettere sul futuro e credere nel valore inespresso delle nuove generazioni». Soddisfazione nel mondo del fintech. «Il maxi emendamento conferma la volontà di spingere i Pir a investire anche in fondi di venture capital e quindi in asset illiquidi. Si tratta di un primo importante passo per coprire quella fase di early stage e second round financing che rappresenta uno degli anelli deboli del sistema nel nostro paese», ha spiegato Fabio Brambilla, presidente di Assofintech, l'associazione delle aziende del settore fintech e insurtech, un settore al quale i fondi venture capital guardano con grande interesse e nel quale anche in Italia stanno investendo in maniera importante. Più nel dettaglio, per fondi di venture capital la norma introdotta dal maxi-emendamento precisa che si intendono veicoli di nuova o recente costituzione con focus sull'Italia. In particolare i fondi che destinano almeno il 70% dei capitali raccolti in investimenti in favore di Pmi come definite dalla Ue, non quotate, residenti in Italia o nella Ue o nello Spazio economico Europa con stabili organizzazioni in Italia e che soddisfino almeno una delle seguenti tre condizioni: non abbiano operato ancora in alcun mercato; abbiamo iniziato a operare su un mercato qualsiasi da meno di sette anni; abbiamo bisogno di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l'ingresso in un nuovo mercato geografico, sia superiore al 50% del loro fatturato medio annuo negli ultimi 5 anni. E' un modello federalista, come quello voluto dalla Lega.
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