2022-04-04
Luca Zaia: «La guerra cambia la storia. Ora il Pnrr va rinegoziato»
Il governatore veneto: «Sono passati pochi mesi ma è un’altra era glaciale. Adesso la priorità è fermare le speculazioni. E dare più soldi alle Regioni che sanno spenderli».Presidente Luca Zaia, la crisi energetica sta scolorendo l’utopia verde. Va rimodulato il Pnrr?«È innegabile che si sia verificato un Big bang della storia. Avere 230 miliardi rappresenta una grande opportunità e chi ha progettato il Pnrr l’ha fatto con oculatezza. Ma un’era glaciale fa. Anche se sono passati pochi mesi».La storia sta correndo veloce.«E ciò ha portato alla luce due gravi debolezze del Paese, su autonomia energetica e autonomia alimentare. La strategia va modificata, appunto, ricalibrando il Pnrr».È possibile?«L’articolo 21 del negoziato autorizza a rivedere il Piano se cambiano le condizioni in cui opera. Ed è altrettanto vero che si può ottenere una dilazione sui tempi di attuazione, visto quello che è accaduto».Ma cosa si deve modificare?«Sono emerse altre priorità: tra il rifare le dorature ai guard rail per attrarre più turisti e far pagare meno l’energia ai cittadini, è chiaro quale sia la sfida principale».Lei ha denunciato speculazioni sui prodotti alimentari e sui carburanti.«Quando ci fu la crisi dei subprime, il regolatore vietò alcune operazioni che favorivano la speculazione. Ricordiamo alla signora Maria, che ci sta leggendo, che in Borsa non si guadagna solo quando il mercato va su, ma anche quando ci sono dei crolli».Che c’entra con grano e gasolio?«Per quale motivo non ci sono interventi regolatori a livello internazionale? Basterebbe che le Borse dei Paesi civili vietino operazioni speculative su cibo ed energia. I prezzi raggiunti sono ingiustificabili: non è che manchi il grano, è che chi ce l’ha se lo fa strapagare».Se la Russia non smette di vendercelo. Comunque, il Pnrr in che direzione va rinegoziato? Meno pannelli solari e più nucleare?«Non credo che qualcuno pensi che le rinnovabili siano una ciofeca. Un giorno chiesero a Giosuè Carducci bambino di fare un tema sulla mamma. Lui scrisse: “Mia madre è mia madre”. Analogamente, l’energia pulita è l’energia pulita. Ma non siamo ipocriti: le rinnovabili non ci portano all’autosufficienza e, spesso, chi le invoca poi fa ricorso contro gli impianti».Sì?«Realizzare le rinnovabili vuol dire montare centraline dell’idrolettrico nei corsi d’acqua, costruire parchi eolici e installare pannelli fotovoltaici a terra o sui tetti. E ogni volta spuntano comitati per il no».«Non nel mio giardino».«Per me, in Veneto, è un calvario fare una centralina idroelettrica. Questo Paese deve darsi una regolata: la ricreazione è finita».Soluzione?«Investire sulle rinnovabili, ma puntare su un mix di fonti. Abbiamo detto no al nucleare e poi il Veneto ha le centrali slovene a 200 chilometri. La Francia le ha, la Germania idem, anche se viene presentata come la patria delle rinnovabili. Non dev’essere questione di tifoserie. Non possiamo dipendere dalla Russia né da qualunque altro Paese: nessuna azienda si affiderebbe a un fornitore per quasi la metà del fabbisogno energetico».E l’inverno prossimo? Per il caro bollette e il caro carburanti serve lo scostamento di bilancio?«Intanto, ci vogliono più controlli, per accertare se gli aumenti siano tutti giustificati. E non lo sono».Si parla di razionamenti. Lei guida uno dei polmoni produttivi d’Italia: teme per le imprese?«Nel mio florido Veneto, da 180 miliardi di Pil, ho visto i fermi produttivi. L’ultima volta deve averli visti mia nonna durante il secondo conflitto mondiale. Stiamo vivendo in un’economia di guerra senza che ci cadano in testa le bombe».La distribuzione delle risorse del Pnrr, però, non si tocca. «Il governo ha voluto seguire una logica di sostegno da Nord a Sud, cui è stato destinato il 40% dei fondi. A prescindere che si parli di Treviso o Catania, Napoli o Aosta, è giusto che gli investimenti nei progetti siano monitorati in itinere: non possiamo scoprire tra quattro anni che qualcuno non ha fatto il suo dovere. Dopodiché, bisogna attivare un overbooking nazionale».Che significa?«Chi non porta a termine i progetti, restituisca i soldi a una cassa nazionale, che li redistribuirà a chi sa spendere. Già sento comunità dire: “Non ce la facciamo, non riusciamo a progettare…”. Spiegatemi perché altri ce la fanno».Tipo il Veneto?«Siamo una Regione che spende tutti i fondi europei e, quando c’è un overbooking, va ad attingere anche a fondi non spesi dagli altri. Si tolgano risorse a chi non sa spendere e le si diano a chi sa spendere».Beppe Sala avvisa: con questo ritmo di arrivi, tra due-tre mesi diventerà difficile gestire i profughi ucraini.«Da noi sono transitati in 20.000 e ne abbiamo ospitati almeno 12.000. Ne arrivano circa 500 al giorno e sono per l’85% donne e bambini che, a differenza di qualcun altro in passato, non si presentano con i Ray-ban e lo smartphone. Tutti dichiarano che intendono fermarsi per pochi giorni. E i veneti hanno già donato 12.000 alloggi, sono stati straordinari».Quindi?«Se la guerra non si ferma, l’Italia dovrà ospitare almeno un milione di profughi. All’incirca come la media di 20 anni di arrivi a Lampedusa. Per il solo Veneto, significa tra i 45.000 e 50.000 sfollati. Ovvio che sia difficilmente sostenibile. Perciò dobbiamo investire sulla pace, o legittimeremmo una diaspora che ha già portato fuori dall’Ucraina 4 milioni di disperati».In Veneto erano rispuntate alcune delle cooperative coinvolte negli scandali dei migranti africani. «Quelle erano attività dei prefetti. La nostra ospitalità prevede 1.500 posti letto in strutture regionali. Mi sono tornati utili gli ospedali Covid, che abbiamo tenuto sempre in ordine e a norma».La frase di Giuliano Amato, presidente della Consulta, sull’autonomia differenziata «irrinunciabile», l’ha fatta gongolare. Fatto sta che la riforma è al palo.«Noi siamo fiduciosi. Amato ha fatto dichiarazioni con uno standing da gigante. E un altro interlocutore di altissimo livello è il capo dello Stato».A che allude in particolare?«Sergio Mattarella ha pronunciato un discorso d’insediamento rispettoso dei padri costituenti e, quindi, dell’autonomia. È un segnale».Di cosa?«Del fatto che l’autonomia non è la secessione dei ricchi. Semmai, è un tentativo di introdurre un principio di responsabilità, facendola finita con il centralismo medievale e costruendo un federalismo rinascimentale».Per alcuni, la pandemia avrebbe dimostrato che ci vuole più centralizzazione. Almeno nella sanità. «Ma che film hanno visto? Non erano neanche in panchina, forse in tribuna riscaldata… Sono stati smentiti proprio dal presidente della Repubblica, che ha parlato dell’efficienza del sistema regionale. Senza le Regioni a gestire l’ultimo miglio, dove saremmo finiti?».In che senso?«La campagna vaccinale è made in Regione. La mia è arrivata a 60.000 vaccinazioni al giorno, con 60 centri vaccinali e 1.600 sanitari schierati. Per farcela, ho assunto giovani ingegneri gestionali. S’immagina organizzare una roba così da Roma? Nemmeno con un premio Nobel…».Non è successo tutto grazie al generale Francesco Paolo Figliuolo?«Figliuolo ha fornito le dosi, l’organizzazione è stata nostra. Il Veneto, peraltro, è stata la Regione a eseguire più tamponi al mondo - quasi 30 milioni - e ad aver inventato il primo tampone fai da te. E abbiamo realizzato noi la prima banca del plasma…».Ecco: l’ultimo studio internazionale ha riabilitato il metodo De Donno.«In realtà, il metodo non è di nessuno: la plasmaferesi esiste da 50 anni. Noi la praticavamo all’ospedale universitario di Padova, con la dottoressa Giustina De Silvestro».Perché, sulle cure domiciliari, l’Italia è stata carente?«A decidere se si fa un’iniezione o no, in ultima istanza, è il medico. Io li ho messi nelle condizioni di avere tutti gli strumenti, anche tramite la banca del plasma». E il protocollo tachipirina e vigile attesa?«I medici potevano prescrivere ai pazienti tutti i farmaci che volevano. In Veneto, su 1.400.000 contagiati certi, solo 30.000 sono finiti in ospedale; gli altri si sono tutti curati a casa».C’è stata disparità tra Regioni?«Può darsi. Ma ripeto, i medici potevano prescrivere qualsiasi farmaco».Il fatto è che, seguendo il protocollo Speranza, non avrebbero rischiato nulla. Curando i pazienti, si sarebbero esposti a conseguenze legali.«Però, allora, dovremmo porci il problema per tutte le malattie, perché per tutte le malattie è previsto un protocollo specifico». L’agenda per il ritorno alla normalità la soddisfa, o andava eliminato il green pass già per Pasqua e 25 aprile?«Io sono una persona molto concreta: ho fatto battaglie per introdurre le restrizioni e battaglie per eliminarle. Ora abbiamo definitivamente abbandonato la fase pandemica e siamo entrati in quella endemica. Dunque, sono favorevole alla cessazione delle restrizioni, purché i cittadini usino il buon senso: la responsabilità torna in capo a ognuno di noi. Se mi trovo in un luogo chiuso e affollato, indosso la mascherina».Confcommercio paventa che l’80% degli italiani rinunci alle vacanze. Quest’estate prevarrà la voglia di tornare a vivere, o l’ombra dell’austerità?«Il Covid esiste ancora, ma lo gestiremo e spero che diventi davvero come un’influenza. È che deve finire la guerra. E se dobbiamo favorire la pace, abbiamo bisogno che i grandi della Terra utilizzino il linguaggio della diplomazia, non gli insulti».Un messaggio a Joe Biden?«Vladimir Putin va condannato senza tentennamenti. Ma noi comuni mortali vogliamo la pace. Non ci servono le prove muscolari. E se finisce la guerra, avremo davanti un nuovo Rinascimento».
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)