2019-10-04
La guerra a Boeing di Parigi e Berlino la paghiamo tutti noi
I dazi di Donald Trump sono una risposta alle manovre francotedesche su Airbus, ma le conseguenze ricadranno sulla nostra economia.Nel mirino parmigiano e prosecco. Per l'Italia danni oltre il miliardo. Le misure volute da Washington potrebbero comportare aumenti tariffari del 100%.Lo speciale comprende due articoli. Che cosa dirà la storia della presidenza Trump lo scopriremo tra qualche anno, colpisce tuttavia per puntualità la tattica del tycoon: i nuovi dazi portano la Germania a subire un altro duro colpo in un momento complicato, come dimostra la notizia di ieri riguardante l'indice tedesco Pmi dei servizi, che è crollato a settembre a 51,4 punti rispetto ai 54,8 di agosto, il livello più basso dal settembre 2016. L'indice composito da 49,1 arriva ora a 48,5 punti. Tradotto, significa che anche a livello industriale l'Unione europea non funziona e la capacità di acquisizione di beni e servizi, di stipulare ordinativi e generare occupazione, di consegnare beni ma anche di stoccare scorte nel comparto manifatturiero dell'eurolocomotiva berlinese si sta rapidamente riducendo. Ciò che sfugge in questi casi, stante la complessità del calcolo, è la radice del problema, ovvero il fatto che gli interessi industriali e produttivi dei diversi stati europei siano divergenti tra loro e a volte anche in contrasto. L'esempio è presto fatto: noi vogliamo continuare esportare cibo di qualità e non certo acciaio. Così a ruota ieri hanno rallentato tutte le borse europee, che interpretano questa notizia come un rallentamento generale dell'Eurozona. Soltanto Londra ha contenuto le perdite (-0.5%), hanno rallentato ma restando positive le borse di Parigi e Madrid, c'è stato un rialzo per Milano con +0,6%. Sono numeri che devono però apparire ai politici come sintomi di un'Europa disunita nella quale una nazione causa mal di testa alle altre al posto che trarre forza dall'unione delle due. Non è un caso infatti se le euro-fregature sono sempre più numerose e progressivamente ci portano a pagare un prezzo sempre più alto colpendo, come inizialmente successo con le sanzioni verso la Russia, il nostro export. Intanto però Berlino ci costringe a subire un'altra legnata dopo quella del settore automobilistico e della quale non ci siamo certo dimenticati. Ripensando allo scandalo delle emissioni taroccate, di fatto si trattava soltanto di un Volkswagen-gate tedesco, invece chiamandolo più genericamente «diesel-gate» lo stiamo pagando tutti, milanesi in primis, che dal primo ottobre non possono più utilizzare in città neanche i veicoli categoria euro quattro, praticamente automezzi con circa dieci anni, tecnicamente moderni e probabilmente meno inquinanti di quelli che girano per la capitale tedesca.E mentre l'opinione pubblica è distratta dalla farsa di Malta, con un meccanismo di ripartizione dei clandestini che non si potrà mai attuare e che ha riportato il centro di Lampedusa al collasso in meno di due mesi, mettendoci di nuovo il cuore in pace per dover mantenere, con risorse certo non abbondanti e un Pil inchiodato, sempre più gente che arriva sulle nostre coste, martedì l'Organizzazione per il commercio mondiale (Wto) ha comminato all'Europa una fantamulta di circa otto miliardi di dollari per via degli aiuti di stato ad Airbus, che fu favorita nella guerra commerciale contro l'americana Boeing. Multa che pagheranno i nostri produttori di salume e formaggio. Soltanto che Airbus è un colosso industriale francotedesco con sede in Olanda e partecipazioni spagnole e inglesi, ma non italiane e quindi non si comprende bene perché a pagare dovremmo essere anche noi che in Airbus non abbiamo azioni ma al massimo un apprezzato ruolo di fornitori terzisti. La nostra Leonardo produce parte delle gondole motore degli aeroplani di Tolosa ma il totale dell'apporto delle aziende italiane, tra di parti strutturali di rilievo, componenti e parti di sottoassiemi secondari e componentistica, varia tra il 7% e il 12% secondo il tipo e il modello di velivolo. Non è una quota indifferente, sia chiaro, ma si tratta di contratti di subfornitura fatti mediate commesse che valgono per periodi definiti e non hanno tacito rinnovo. Esattamente il lavoro che molte aziende aeronautiche nostrane svolgono anche per Boeing.A fare la figura dei cioccolatai in questa vicenda sono certamente tutti i governi europei che negli anni hanno permesso che tutta Airbus sia diventata un affare soltanto di Germania e Francia, quando anche Regno Unito e Spagna hanno abbondantemente sfruttato la scia degli aiuti governativi per mantenere aperte e produttive le loro aziende fornitrici, cadute in crisi. Se Airbus è davvero europea, allora i dividendi (pochi, per la verità), dovremmo riceverli anche noi, oppure non essere coinvolti nella faccenda. Insomma, pare che l'Ue sia proprio come una tipica cooperativa rossa: pochi capitalizzano i ricavi, ma su molti si ripartiscono i debiti.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-guerra-a-boeing-di-parigi-e-berlino-la-paghiamo-tutti-noi-2640833426.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nel-mirino-parmigiano-e-prosecco-per-litalia-danni-oltre-il-miliardo" data-post-id="2640833426" data-published-at="1757606254" data-use-pagination="False"> Nel mirino parmigiano e prosecco. Per l’Italia danni oltre il miliardo I dazi contro l'Ue promossi dagli Stati Uniti avranno inevitabilmente un impatto anche sull'economia italiana. Di fatto la nostra economia finirà quindi vittima della guerra che va avanti da tempo tra l'americana Boeing e l'europea Airbus. Negli ultimi anni il Vecchio Continente e lo «zio Sam» si sono accusati reciprocamente di aver fornito aiuti illeciti sfavorendo l'uno o l'altro colosso dell'industria aereonautica. Così alla fine il Wto ha puntato il dito contro l'Europa e ha approvato l'introduzione di dazi per 7,5 miliardi di dollari, circa sette miliardi di euro, che colpiranno nello specifico la componentistica aeronautica, i beni di lusso, i prodotti alcolici e diversi alimenti. I dazi degli Stati Uniti contro l'Unione europea entreranno in vigore a partire dal prossimo 18 ottobre. A confermarlo alcune fonti dell'amministrazione a stelle e strisce citate da diversi media americani. Al 10% di tariffe sugli aerei commerciali farà seguito un 25% destinato a colpire i prodotti industriali e agricoli. Tra i prodotti più colpiti, stando alla lista stilata dagli Stati Uniti, ci saranno il Parmigiano reggiano, il Grana padano, il Pecorino, e diversi altri prodotti lattiero caseari. Gli effetti dei dazi si abbatteranno anche su agrumi, succhi di frutta, molluschi, crostacei, affettati e liquori. La lista dei prodotti interessati dalle misure volute dal presidente Trump, che potrebbero arrivare ad aumenti tariffari anche del 100%, non è stata definita ancora. Tra una decina di giorni la commissione statunitense Dsd dovrebbe esprimersi su come rastrellare questi 7,5 miliardi. Per quanto riguarda l'Italia, i dazi potrebbero dunque colpire molti protagonisti della cucina italiana, le cui esportazioni negli Usa valgono 4,2 miliardi euro. Coldiretti ha stimato che solo per il settore agroalimentare il danno si aggira intorno al miliardo di euro. Il Parmigiano reggiano potrebbe, ad esempio, subire un grande danno. Gli Stati Uniti sono infatti, dopo la Francia, il secondo Paese importatore di questo prodotto che, ad oggi, vale 40 dollari al chilo. Con le nuove norme il prezzo potrebbe arrivare a 60 dollari al kg determinando una perdita del 90% della quota di mercato. Lo stesso problema riguarda anche il Grana padano. Questo formaggio potrebbe arrivare a 60 dollari al chilo provocando una perdita di esportazioni nel giro dell'80-90%. Anche al prosecco potrebbe andare male. Il prezzo medio per ogni bottiglia potrebbe passare dagli attuali 10-15 euro a circa 20-30 annientando anche in questo caso la vendita di «bollicine» oltreoceano. Non aspetta un futuro roseo nemmeno al latte e alla mozzarella di bufala. Anche in questo caso i prezzi potrebbero salire e l'export negli States, che ora vale il 7,5% del mercato, potrebbe crollare. Tremano anche pasta e olio di oliva. L'export di pasta in Usa ammonta a circa 305 milioni. Per l'olio extravergine d'oliva venduto negli States il prezzo salirebbe da 12,38 euro a 24,77 euro al litro. Il prezzo di spaghetti, rigatoni e simili passerebbe sulle tavole americane a 3,75 euro al kg rispetto agli attuali 2,75 euro. Per questi prodotti il dazio è in media di sei centesimi al chilo. Al momento, va detto, si tratta di stime. La lista precise delle merci colpite da questo provvedimento ancora non è ufficiale. Quello che però è certo è che questa scelta sarà una vera e propria batosta per tutti quei produttori italiani, molti, che fanno affari con gli Stati Uniti.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».