2020-03-22
«La globalizzazione è il tentativo di imporre un mondo senza Dio»
Il direttore di Radio Maria Livio Fanzaga: «È bastato un virus a mettere in discussione le élite che lo vogliono sostituire con l'uomo. Molti hanno ricominciato a pregare, togliendo il rosario dalla cassapanca delle cose usate».Buongiorno padre Livio Fanzaga. Com'è il coronavirus visto da Radio Maria?«È un richiamo all'umiltà e alla preghiera. Ma anche alla fraternità e allo spirito di famiglia. Gli italiani si sentono più uniti da quando è scoppiata questa calamità».Qual è il primo sentimento che ha, pensando a questa emergenza?«La fragilità dell'uomo e del mondo che sta costruendo. Da tempo non avevamo avuto a che fare con epidemie devastanti e ci eravamo illusi di essere al sicuro. È stato un brusco risveglio e abbiamo fatto fatica a prenderne atto. Pensavamo che fosse una catastrofe riservata alla Cina e invece ce la siamo ritrovata in casa. Anche adesso non abbiamo ancora compreso che non possiamo più vivere come prima».Ripensando alla sua vita, le è mai capitato un momento paragonabile a questo?«In qualche modo, la guerra in Bosnia Erzegovina che si è abbattuta come un uragano sui pellegrini che si recavano a Medjugorje. Nessuno se l'aspettava, nonostante i richiami della Madonna. Fu un'esperienza terribile di morte e devastazione. Ho rischiato la vita in più di una occasione. Ci sono stati 400.000 morti su una popolazione di 2 milioni di abitanti».Battagliero sacerdote bergamasco vicino agli ottanta, dopo la laurea in filosofia in Cattolica ai tempi di Mario Capanna, nel 1970 padre Livio andò in missione a Podor, nel Senegal. Rientrato in Italia a causa di una tubercolosi, divenne parroco a Milano. Da quando, nel 1985, andò in pellegrinaggio a Medjugorje è diventato un appassionato sostenitore delle apparizioni mariane. Sotto la sua direzione Radio Maria è entrata a far parte di un network con 78 emittenti in 50 Paesi. In Italia ha mediamente 1,5 milioni di ascoltatori giornalieri.Lei pensa che questa pandemia sia un castigo di Dio?«È meglio dire che si tratta di un richiamo paterno. La parola castigo rischia di essere fraintesa dalla gente. Bisognerebbe prima spiegare, che i “castighi" di Dio sono medicine amare ma a fin di bene». Quarantena o quaresima?«Quaresima, perché è un invito alla penitenza e alla conversione. Forse non è un caso che tanti sacrifici ci siano stati richiesti proprio all'inizio della quaresima. Credo che mai, dalla fine della Seconda guerra, si sia vissuta una quaresima così tribolata». Qual è stata la reazione dei suoi ascoltatori?«Hanno reagito alla paura iniziale con l'aiuto della fede. In questi frangenti ci si rende conto che la fede è una forza che aiuta le persone, anche quelle più fragili. È impressionante come si siano risvegliate devozioni secolari, non solo ai cuori di Gesù e di Maria, ma anche ai santi, in particolare a quelli che hanno compiuto miracoli in tempi di calamità».Crede che questa situazione potrà avvicinare le persone alla fede, come dicono gli studiosi?«Certamente molta gente ha ricominciato a pregare. La sofferenza e la morte hanno visitato molte famiglie. La solitudine e il silenzio hanno creato le condizioni per riflettere sul senso della vita. Gli interrogativi rimossi sono riemersi. Chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Per noi sacerdoti è una opportunità pastorale da non perdere per radicare la fede nella vita delle persone. Molto dipenderà da noi perché il ravvicinamento sia duraturo».Avvicinarsi nel momento della sofferenza è espressione di una fede millenaristica?«Direi un po' opportunistica. Molti si ricordano di Dio solo quando serve. In ogni caso la tradizione cattolica del nostro popolo ha radici vaste e profonde e viene a galla nelle emergenze».Avete registrato anche un aumento degli ascolti?«Sì, un aumento notevole in radio e sui nostri social. La gente vuole capire e condividere. È molto importante illuminare il futuro con le parole della speranza. A Radio Maria si sono avuti picchi impressionanti di ascolto ogni volta che c'era il messaggio della Regina della pace». Che cosa emerge dalle mail, dalle telefonate che riceve?«La gente pensa che il mondo debba cambiare e che così non si possa andare avanti. L'incredulità e l'immoralità dilagano, la famiglia è sotto attacco, l'infanzia è violata, i giovani sono allo sbando, il futuro è sempre più incerto. L'epidemia è certamente una minaccia, ma non pochi la vedono anche come un'opportunità per riflettere e cambiare strada». Che cosa la fa pensare vedere la sepoltura senza funerali e le persone che muoiono sole?«Penso all'infelicità di chi non crede in Dio e crede che con la morte finisca tutto. Avevamo nascosto la morte come se il morire non appartenesse alla vita. Ci siamo costruiti delle immortalità fasulle. Adesso quelle bare di bergamaschi caricate sui camion militari ci hanno messo davanti la terribile tragedia della vita quando non è illuminata dalla fede. Solo la preghiera ti dà la forza di sopportare la distanza che ti separa da una persona che ami e che sta morendo nella solitudine e nell'abbandono».Pensa che questa epidemia possa mettere in discussione alcuni processi della globalizzazione?«La globalizzazione non è solo un progetto politico, economico e finanziario, ma è il tentativo di costruire, anzi di imporre, un mondo senza Dio, una torre di Babele che cadrà. Questo d'altra parte è il messaggio fondamentale di Medjugorje. La Madonna fin dall'inizio ha ammonito che questo tentativo sarebbe naufragato».Pensa che possa far riflettere l'uomo sulle sue ambizioni?«Dovrebbe, ma le élites che vogliono sostituire Dio con l'uomo non demorderanno. Tutto il potere sembrava nelle loro mani, ma è bastato un virus per metterlo in discussione. Molti pensano e sperano che la crisi sarà superata e già si preparano al prossimo boom gigantesco. Personalmente ritengo che sia incominciata una svolta radicale e che il mondo di domani sarà profondamente diverso da quello di oggi.Sono incominciate le doglie del parto. Saranno lunghe e dolorose. Ma alla fine nascerà il nuovo mondo della pace che la Madonna ci ha promesso».Imperversano i guru da quarantena.«Siamo inondati da una marea di parole. Abbiamo qui con noi, da oltre 38 anni, la Regina della pace che ci conforta e ci guida, ma pochi la prendono in considerazione. Eppure da tempo ci aveva ammonito che sarebbero arrivate le prove e che noi non saremmo stati preparati».Il 18 marzo scorso, apparendo alla veggente Mirjana, la Madonna ha annunciato che non apparirà più ogni mese come finora, ma solo una volta l'anno, appunto il 18 di marzo. Che cosa significa questo fatto?«È una decisione che indica una nuova fase del piano di Maria e l'avvicinarsi del tempo dei segreti, dei quali Mirjana stessa è depositaria. Nel frattempo però tre veggenti, Marija, Ivan e Vicka, hanno ancora le apparizioni quotidiane e ad essi la Madonna dà i messaggi, in particolare a Marija ogni 25 del mese».Tornando ai guru da quarantena, non crede colgano un desiderio reale? Di quali parole ha bisogno l'uomo spaventato di questi giorni?«La gente è spaventata perché sa che può morire da un momento all'altro. Ha bisogno di sapere che Dio c'è e che la preghiera fa miracoli. Ha bisogno di sentire che dopo questa vita c'è l'eternità. Ha bisogno di vedere dei testimoni e soprattutto dei pastori che abbiano a cuore la salvezza delle anime».Che cosa pensa del fatto che sono state impedite le messe anche nei giorni feriali?«Penso che, se si può andare al supermercato, si può andare anche a messa, con le dovute precauzioni, come accade in qualche diocesi della Spagna. La decisione di chiudere le chiese durante la santa messa è stata un boccone amaro. Il pensiero di molti è andato alle parole di Gesù, che la Chiesa legge all'inizio della Quaresima: “Non di solo pane vive l'uomo"».Papa Francesco prima ha accettato la chiusura delle chiese, poi le ha riaperte.«Papa Francesco ha una grande sensibilità pastorale e ha subito provveduto nella direzione auspicata dai fedeli. La santa messa che celebra al mattino e che Radio Maria diffonde in tutta Italia è molto seguita. La partecipazione dei fedeli all'Eucaristia è però un'altra cosa».È soddisfatto della presenza delle gerarchie cattoliche?«Mi sono arrivate delle lettere pastorali o altri interventi di vescovi che mi hanno colpito e che ho letto in radio. Mai come in questi momenti i fedeli cercano la voce dei pastori». Le è piaciuto il pellegrinaggio di papa Francesco alla chiesa di Santa Maria Maggiore di Roma?«Immagini che dicono più di qualsiasi discorso. Anche il silenzio a volte ha una straordinaria eloquenza».E l'intervista concessa a Repubblica?«L'ho letta in radio perché credo che l'intenzione del Papa fosse parlare a tutti, non solo ai lettori di Repubblica».Le è piaciuto anche l'elogio di Fabio Fazio?«Parliamo di cose che interessano alla gente».Ha apprezzato il rosario indetto dai vescovi e trasmesso da Tv2000?«La gente è felice quando può recitare il rosario insieme ai suoi pastori. Mi dispiace che si tenda a riscoprire la presenza di Maria solo quando incombono i pericoli. C'è voluto il coronavirus per far tirare fuori il rosario a quelli che l'avevano riposto nella cassapanca delle cose usate».Come valuta il comportamento dei media cattolici?«Il problema dei media cattolici è farsi seguire dalla gente comune. Nonostante il dispiegamento di mezzi, non fanno molti ascolti».Con l'eccezione proprio del Rosario per l'Italia trasmesso da Tv2000.«Non vi è dubbio che quando è il santo Padre che apre il rosario i fedeli accorrano, particolarmente in momenti come questi».C'è un gesto nuovo che ha introdotto nelle sue giornate?«Prego le quattro le corone del rosario ogni giorno. È una decisione che ho preso nel luglio dello scorso anno, quando la Madonna ci aveva anticipato che sarebbero arrivate le prove e che era necessario pregare giorno e notte». Riesce a leggere qualcosa oltre i testi sacri? C'è un autore che le è più caro in questi giorni? «Sto leggendo il Diario di Anna Frank e rivedendo The Passion di Mel Gibson».
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto, a margine della conferenza stampa sul Transport Package, riguardo al piano di rinnovamento dei collegamenti ad alta velocità nell'Unione Europea.