Il ministro dell'Interno tedesco Horst Seehofer ha imposto la linea dura e si è passati dalle 745.545 richieste di asilo presentate nel solo 2016 alle 185.853 nel 2018. In Italia, secondo i dati forniti da Eurostat, il crollo è stato ancora più verticale con appena 3.140 domande a gennaio; 2.650 a febbraio e 2.600 a marzo.
Il ministro dell'Interno tedesco Horst Seehofer ha imposto la linea dura e si è passati dalle 745.545 richieste di asilo presentate nel solo 2016 alle 185.853 nel 2018. In Italia, secondo i dati forniti da Eurostat, il crollo è stato ancora più verticale con appena 3.140 domande a gennaio; 2.650 a febbraio e 2.600 a marzo.Quando il ministro dell'Interno tedesco Horst Seehofer ha mandato una lettera a Matteo Salvini chiedendogli di aprire i porti e fare attraccare a Lampedusa le navi delle Ong nessuno ha notato un particolare molto curioso. Nei primi mesi dell'anno Seehofer aveva infatti minacciato Angela Merkel di far cadere il governo nel caso in cui le frontiere tedesche non venissero chiuse. Meglio se blindate. Ma, d'altra parte, l'ipocrisia è di casa tra gli uomini politici, anzi, è un metodo di governo. Ma i numeri sono numeri e i numeri dicono che la linea Seehofer, ministro dell'Interno della Germania dal marzo del 2018, ha stravinto. Le frontiere tedesche sono davvero chiuse. Anzi, blindate.Eurostat, che monitora mese per mese il numero di richieste di asilo arrivate ad ogni singolo Stato, ha certificato che a maggio 2019 le richieste presentate ai Paesi della Ue a 28 sono state 27.595 rispetto alle 46.650 di aprile e alle 53.505 di marzo. Un crollo, si può dire, al quale ha contribuito il costante calo delle richieste di asilo presentate in Germania: dalle 15.650 di gennaio si è scesi, a maggio, ad appena 11.145. Ma in realtà le frontiere tedesche sono chiuse da anni: terrorizzati dalle 745.545 richieste di asilo presentate nel solo 2016, nel 2017 il governo di Angela Merkel ha chiuso a doppia mandata i portoni di ingresso e le richieste sono crollate a quota 222.683 per poi scendere ancora a 185.853 nel 2018: il 75,1% rispetto al picco del 2016. Per di più, il 20% delle richieste presentate nel 2018 sono state presentate da minori nati in Germania, e non da profughi. In Italia i richiedenti asilo sono stati 123.600 nel 2016, 130.119 nel 2017 e 53.596 nel 2018, cioè il 56,7% in meno rispetto al 2016: molto meno del calo che si è registrato in Germania (-75,1%) nello stesso identico periodo. Ma non è finita.A Berlino calano le richieste di asilo e contemporaneamente aumentano i trasferimenti in altri Paesi: se nel 2017 sono stati 7.102, nel 2018 sono arrivati a toccare il record storico di 8.658 molti dei quali rispediti in Italia addirittura dopo una sedazione per evitare escandescenze, come si è saputo grazie alle testimonianze degli immigrati stessi.Ma non tutti hanno seguito l'esempio di Seehofer. Basta guardare alla Spagna: con un'economia e un numero di residenti imparagonabili rispetto alla Germania, ha ricevuto, a maggio 2019, 10.425 richieste, poco meno rispetto a Berlino. Idem per la Francia (i cui dati si fermano ad aprile) che ha visto crescere costantemente le richieste di asilo dalle 8.650 di gennaio alle 10.260 di aprile. Ma il vero crollo verticale riguarda l'Italia. Secondo Eurostat sono state appena 3.140 a gennaio; 2.650 a febbraio e 2.600 a marzo (mancano i dati di aprile e maggio). Considerando che, secondo gli accordi di Dublino, le richieste di asilo devono essere presentate nel primo Paese di accoglienza, questi dati (insieme a quelli degli sbarchi) dimostrano che la linea dura nei confronti degli sbarchi sta funzionano eccome. Esattamente come funziona anche in Germania. Che però non perde occasione di fare la morale al resto d'Europa.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





