
L'ex ambasciatore a Parigi e Washington, Sergio Vento: «Macron tifava per un governo Pd- 5 stelle sperando di controllarlo, adesso ha paura di Salvini. Il nostro Paese può fare da sponda con gli Usa. Consiglio a Conte: non sfidi Donald Trump sull'Iran».Sergio Vento non è solo un diplomatico di lungo corso (già ambasciatore a Washington, Parigi, Belgrado), ma è un uomo di larga visione geopolitica, mai ingabbiato negli schemi politicamente corretti.Lei ha sempre preso le distanze da quelli che chiama ironicamente «eurolirici».«L'Europa è diventata per molti, specie a sinistra, una nuova ideologia. Dopo il crollo dell'impero sovietico, hanno abbracciato l'Ue come un “safe harbour". L'Ue come ideologia. Poi per alcuni è diventata addirittura idolatria».Il suo è un approccio realista.«Ma certo. Non esistono buoni e cattivi. Esiste chi sa gestire i propri interessi e chi no. Nei consessi internazionali occorre starci sapendo che non sono giardini d'infanzia. Illusorio pensare che siano gli altri a fare gli interessi italiani…».Ma la vera partita è Italia-Germania o Italia-Francia?«Io sono da sempre convinto che alcuni nostri problemi nascano dal rapporto con i “cugini" francesi. La Bundesbank, in origine, nemmeno voleva l'Euro: Kohl dovette far fuori due governatori per arrivarci. La Germania, tutto sommato, non voleva lasciare il marco: voleva un'area marco con un “serpente monetario" migliorato rispetto agli anni Ottanta. Furono i francesi a insistere».Come andò?«Dopo la caduta del Muro, la Francia, più che una riunificazione tedesca, avrebbe preferito una confederazione tra le due Germanie. Ma quando si impose la riunificazione, i francesi, sempre bravi a inventarsi formule, dissero che, per avere “una Germania europea e non un'Europa tedesca", sarebbe servita un'unione economica e monetaria, inclusa la moneta unica. Ma anche Jacques Delors rimase deluso…».Cioè?«Delors mi diceva che avrebbe voluto un'unione anche economica, e quindi bilancio comune, investimenti comuni, anche forme di mutualizzazione del debito. E invece - diceva - mi hanno dato solo l'unione monetaria. Poi Theo Weigel nel 1997 peggiorò tutto con altri vincoli di bilancio e parametri ancora più stringenti: tutte cose giustamente contestate dal professor Giuseppe Guarino».Torniamo al derby Italia-Francia.«Certo, sono stati i francesi ad avere fretta di ingabbiarci nell'Euro. Parigi temeva la svalutazione competitiva della lira. Ricordo il mio arrivo a Parigi per dare le credenziali. Jacques Chirac mi ricevette con una grande accoglienza. Poi, come un attore, negli ultimi cinque minuti del colloquio si rabbuiò attaccando la nostra svalutazione competitiva: “Le vostre Fiat stanno invadendo le nostre strade…"».Ci sono mani francesi sull'Italia oggi?«Rispondo enumerando fatti. Sul versante privato, Bollorè prima si impadronisce di Mediobanca, poi di Telecom, e poi tenta di attaccare Mediaset. Societé Generale in prospettiva si muove su Unicredit. E poi le mani su Generali. Sul versante istituzionale, pensate all'attacco della signora Nouy alle banche italiane sul tema degli Npl, per indurci a una svendita. Anche un'altra contestazione, pur con elementi di per sé non falsi (le banche italiane hanno troppi titoli del debito pubblico) è sospetta: è come se ci dicessero “dovete svendere"».Allora è complottismo pensare che alcune reazioni francesi siano il frutto del timore che l'Italia non sia più facile terra di conquista?«Non si aspettavano il risultato del 4 marzo. E anche dopo il voto, il loro schema preferito era un'intesa M5S-Pd: immaginando che gli inesperti Cinquestelle fossero meglio “guidabili" da un Pd più filoparigino… Lo schema è saltato: e il governo francese teme Salvini, il suo rapporto con la Le Pen, il ricasco sulla politica francese».Quindi sull'immigrazione si può costruire un rapporto tra Roma, Berlino e Vienna?«Penso di sì, il ministro bavarese Seehofer può essere un interlocutore. E non dimentichiamo che il problema è esploso per l'errore drammatico della Merkel nel 2015, quando ha sconsideratamente spalancato le frontiere. Lei stessa ha pesantemente pagato la cosa alle ultime elezioni. Errori gravissimi non sono mancati neanche in sede europea: hanno dato tre miliardi a Erdogan per chiudere un rubinetto, ma a noi non li hanno mica dati…».Che può fare l'Italia al Consiglio europeo di fine mese?«Le proposte di Macron sono state bocciate sia dal fronte nordico (Paesi scandinavi) sia dalla stessa Germania. Macron, nella cerimonia ad Aquisgrana con la Merkel, ha anche dato una risposta sarcastica sul “feticismo tedesco dei surplus". Anche perché lui, in Francia, ha un deficit che corre verso il 5%... In ogni caso, noi dovremmo cercare di spingere per una gestione meno ragionieristica, più politica e illuminata, dei vincoli economici».Come si pone Donald Trump?«Ah, Trump, pugilisticamente parlando, ha dato alla Francia un diretto alla mascella sull'Iran. La Francia era pronta a mega affari a Teheran: stabilimenti Renault, forniture Airbus, giacimenti di gas Total. I tedeschi, cautamente, hanno capito che non possono sfidare le sanzioni americane sull'Iran. La Francia, invece, nonostante uno schiaffo preso per Bnp e i suoi rapporti con Iran, Sudan e Cuba (9 miliardi e mezzo di dollari di sanzioni) insiste. Ecco, il mio consiglio a Conte è di non sfidare Trump sull'Iran».Altro consiglio al premier?«Macron chiederà un allineamento generale europeo contro gli Usa. Noi dobbiamo assolutamente gettare acqua sul fuoco. Anche sulla Russia, la linea di Trump è equilibrata: non ha detto di togliere le sanzioni, ma di riammetterla al G8. È come se Trump avesse detto: alla Russia diciamogliene pure di tutti i colori, ma diciamogliele stando seduti insieme. L'Italia potrebbe fare sponda: il che non investe il tema delle sanzioni».Come mai l'establishment italiano ha perso contatto con la realtà? Idolatria dell'Ue, criminalizzazione di Brexit e Trump, incomprensione dell'ondata populista.«È generoso definirlo establishment. Chi per inadeguatezza (la politica), chi per aver venduto molto (tante famiglie imprenditoriali), chi per stare al traino (media), tendono a obbedire ai diktat delle burocrazie bruxellesi e a essere soggetti a scorribande finanziarie internazionali. Mi lasci chiudere con una proposta».Di che si tratta?«Di una mia idea sistemica, che ho proposto nel 1995 e poi negli anni Duemila, ma puntualmente ignorata. Costruire un National security council all'americana. Non si tratta di gestire i servizi segreti, per i quali già esistono organismi di indirizzo e controllo. Né, per carità, di costruire un carrozzone. Sarebbe una realtà permanente presso la presidenza del Consiglio, con rappresentanza dei ministeri chiave e di qualificati esperti. Serve una realtà che esamini gli scenari in evoluzione, che predisponga analisi e risposte puntuali e strategiche a tutela della sicurezza politica, industriale e finanziaria dell'Italia».
Giancarlo Giorgetti e Mario Draghi (Ansa)
Giancarlo Giorgetti difende la manovra: «Aiutiamo il ceto medio ma ci hanno massacrati». E sulle banche: «Tornino ai loro veri scopi». Elly Schlein: «Redistribuire le ricchezze».
«Bisogna capire cosa si intende per ricco. Se è ricco chi guadagna 45.000 euro lordi all’anno, cioè poco più di 2.000 euro netti al mese forse Istat, Banca d’Italia e Upb hanno un concezione della vita un po’…».
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dopo i rilievi alla manovra economica di Istat, Corte dei Conti e Bankitalia si è sfogato e, con i numeri, ha spiegato la ratio del taglio Irpef previsto nella legge di Bilancio il cui iter entra nel vivo in questa settimana. I conti corrispondono a quelli anticipati dal nostro direttore Maurizio Belpietro che, nell’editoriale di ieri, aveva sottolineato come la segretaria del Pd, Elly Schlein avesse lanciato la sua «lotta di classe» individuando un nuovo nemico in chi guadagna 2.500 euro al mese ovvero «un ricco facoltoso».
Ansa
«Fuori dal coro» smaschera un’azienda che porta nel nostro Paese extra comunitari.
Basta avere qualche soldo da parte, a volte nemmeno troppi, e trovare un’azienda compiacente per arrivare in Italia. Come testimonia il servizio realizzato da Fuori dal coro, il programma di Mario Giordano, che ha trovato un’azienda di Modena che, sfruttando il decreto flussi, importa nel nostro Paese cittadini pakistani. Ufficialmente per lavorare. Ufficiosamente, per tirare su qualche soldo in più. Qualche migliaia di euro ad ingresso. È il business dell’accoglienza, bellezza.
Servizio di «Fuori dal coro» mostra com’è facile arrivare in Italia: aziende compiacenti richiedono stranieri, un connazionale li sceglie e si fa pagare migliaia di euro dall’extracomunitario che, una volta qua, gira incontrollato. Libero di delinquere, come accade ogni giorno. Il Pd in Emilia Romagna chiede più migranti, ma non vuole più curare chi viene dal Sud.
Non c’è il due senza il tre e infatti siamo alla terza violenza consecutiva a opera di clandestini. Prima una modella aggredita sul treno tra la Brianza e Milano, un assalto che solo la pronta reazione della ragazza ha evitato si trasformasse in qualche cosa di peggio. Poi una turista trascinata da due stranieri dietro una macchina in centro a Firenze e violentata. Quindi una commessa che a Cantù, mentre la mattina stava iniziando il turno di lavoro, è stata assalita quando si apprestava ad aprire il supermercato. Tutti e tre gli immigrati non avrebbero dovuto trovarsi sul territorio nazionale, perché irregolari e in qualche caso già autori di violenze.
Questa puntata di KISS è dedicata agli errori di progettazione, quelli che accadono quando gli ingegneri si dimenticano di pensare a chi dovrà usare le loro invenzioni.






