2025-08-20
La follia vaccinista cancella i dubbi e ha già ucciso
Se il Cts avesse ascoltato chi chiedeva di vietare Astrazeneca alle giovani donne, la diciottenne sarebbe ancora in vita.Camilla Canepa era una splendida ragazza di appena 18 anni, dai capelli biondi e gli occhi chiari. Amava il volley e si preparava all’università. Quando morì, nel giugno di quattro anni fa, gli amici la definirono dolce ed energica. «La chiamavamo bomber, perché in campo schiacciava molto e le sue erano vere bombe. Era una trascinatrice per le compagne, un martello per le avversarie». Le fotografie la ritraggono sempre sorridente, con un viso aperto, solare, i denti bianchissimi. Una giovane piena di vita, che però quella stessa vita l’ha persa per essersi sottoposta a vaccinazione anti Covid nei famosi Open day, quelle giornate organizzate per «immunizzare» tutti, anche i ragazzi. Si sapeva che i minorenni non erano a rischio, che la pandemia minacciava i più anziani e le persone più fragili, ossia quelle con patologie complesse. Si sapeva anche che il vaccino Astrazeneca, quello somministrato a Camilla, poteva dare delle complicazioni e anche pesanti effetti collaterali. Ma tutto questo, per inseguire la follia vaccinista e far credere agli italiani che chi si fosse vaccinato avrebbe avuto la certezza di non contagiarsi e di non contagiare, fu dimenticato. Dai cosiddetti esperti per primi, ma anche dai politici. Che Camilla sia morta di vaccino e non per qualche patologia autoimmune o non dichiarata ormai è certo. Lo ha stabilito una sentenza del giudice per le indagini preliminari di Genova, che ha assolto i medici che la soccorsero, ma ha accertato senza ombra di dubbio e dopo parecchie perizie tecniche che la giovane è deceduta per una trombosi causata dal vaccino. L’iniezione le fu praticata il 25 maggio 2021 e lei si recò in ospedale il 3 giugno. I sanitari non compresero subito che il gran mal di testa era dovuto a un’emorragia, e quando capirono, a un secondo accesso al pronto soccorso, la trasferirono dal nosocomio di Lavagna a quello più attrezzato di Genova, ma ormai era tardi: Camilla morì il 10 giugno dopo un paio di interventi per rimuovere il trombo. Dopo la sua morte il Comitato tecnico scientifico, cioè il gruppo di esperti nominato dall’allora ministro della Salute Roberto Speranza per affiancarlo nella gestione della pandemia, fermò gli Open day e decise di non somministrare più il vaccino Astrazeneca ai giovani e alle donne, in quanto ritenuto a rischio. Io però ricordo i verbali del Cts fra maggio e giugno di quell’anno. Le riunioni erano registrate e le parole dei professoroni che facevano parte dell’organismo trascritte. Erano noti gli effetti collaterali del siero prodotto dal gruppo anglosvedese. Talmente noti che all’inizio di maggio, cioè ben prima che Camilla si sottoponesse all’iniezione, un tecnico come Sergio Abrignani chiedeva se non fosse il caso di ritirare il farmaco per le note reazioni collaterali: «Io rimango dell’idea che vista la presenza di questi effetti rari, ma che esistono, perché rischiare anche solo un morto? Perché andare a causare anche solo un morto quando ho già delle alternative?». Già, perché, mi chiesi leggendo quelle parole e rabbrividendo. La risposta è agli atti: c’era il problema di esaurire le scorte del farmaco già comprate da Astrazeneca. Una questione economica, insomma. Che un altro luminare, Giuseppe Ippolito, propose di risolvere somministrando il siero agli ottantenni. Sì, i tecnici discussero di come esaurire le partite già pagate. C’è chi suggerì di darle ai sessantenni, pareggiando i rischi di beccarsi il Covid e morire e quelli di avere una trombosi. Alla fine, il coordinatore del Cts, Franco Locatelli, tagliò la testa al toro dicendo di scrivere che non c’era limite di utilizzo sopra i 18 anni. L’età di Camilla. Qualcuno propose di vaccinare con quel farmaco solo i maschi, ma Giovanni Rezza, direttore generale del ministero si oppose: niente discriminazioni in base al sesso. Così si diede il via libera alla vaccinazione di giovani donne, una scelta che condannerà Camilla. E poi? I cosiddetti esperti si allarmarono solo quando lei morì. Abrignani, che aveva previsto il rischio di possibili decessi, ma non si era impuntato per mettere al bando Astrazeneca, si disse turbato e ricordò, ma solo dopo, che in Gran Bretagna il vaccino era vietato ai giovani al di sotto dei 30 anni. Fabio Ciciliano addirittura urlò in faccia ai professoroni e disse che se le cose fossero state fatte bene quella ragazza non sarebbe morta.Perché è istruttiva la storia drammatica di Camilla Canepa e perché torniamo a parlarne? La spiegazione è semplice: il ministro della Salute Orazio Schillaci ha appena rimosso dalla commissione consultiva sui vaccini due professionisti non in linea con il pensiero unico della cupola medico scientifica. Come abbiamo visto, avere posizioni discordanti, dubitare di alcuni dogmi, è la base della scienza. Se invece di pensare alle scorte, medici e docenti avessero pensato a una ragazza di 18 anni e agli effetti letali che il farmaco poteva avere su di lei, Camilla sarebbe ancora viva. Il punto è questo: come ha spiegato il nuovo direttore del Servizio sanitario americano, non si può tappare la bocca a chi dissente. Perché cancellando i dubbi si mette a rischio la vita delle persone. Caro ministro, scelga lei con chi vuole stare, se con i baroni che l’hanno costretta a revocare la nomina dei due esperti fuori dal coro o con le persone. Nel caso lei fosse indeciso, c’è sempre una terza via: dimettersi. A parer mio è un po’ vigliacca come scelta, ma è sempre meglio che avere sulla coscienza la morte di una ragazza di 18 anni che pareva un angelo.