
Nel sistema Val d'Elza, per ammissione dei suoi stessi protagonisti, la velocità contava più della verità. Questo faceva sì che i bambini fossero strappati alle loro famiglie senza alcuna prova, cercando segnali di malessere anche dove non c'erano. Nel numero de La Stampa del 31 luglio 2016 in un articolo intitolato «La Val d'Enza» si leggono queste parole: «C'è un posto in Italia dove la lotta alla pedofilia è una priorità assoluta. E i risultati si vedono. E un fazzoletto di terra in provincia di Reggio Emilia dove gli otto comuni della Val d'Enza-62.000 abitanti, 12.000 minorenni, 1.900 in carico ai servizi, 31 seguiti per abusi sessuali - hanno costituito l'unione guidata dal sindaco di Bibbiano Andrea Carletti per tutelare i minori. E magari cambiare anche la testa di chi non vede problema. “Abbiamo fatto rete e lavoriamo con operatori specializzati capaci di dare risposte rapide. La variabile tempo è decisiva", dice Carletti. È seduto di fianco al medico legale Maria Stella d'Andrea e all'assistente sociale Federica Anghinolfi. “Noi la volontà politica l'abbiamo avuta. E nonostante i tagli abbiamo anche trovato i soldi". Come li hanno spesi? Facendo formazione sugli operatori per renderli in grado di leggere in anticipo i segnali di malessere, spesso specifici, dei bambini, divaricando la figura dell'assistente sociale, lavorando con gli ospedali con le scuole e appoggiando in modo esplicito le vittime della violenza».Sottolineo alcune frasi: «Operatori specializzati capaci di dare risposte rapide. La variabile tempo è decisiva».La variabile tempo è considerata prioritaria, ma in realtà è molto meno decisiva della variabile verità. In un campo come questo, commettere un errore è di una gravità inaudita. Mandare i carabinieri a prelevare con la forza, cioè con la violenza, un bambino vuol dirlo segnarlo per sempre: il bambino perde tutto il suo universo, viene portato (deportato?) in mezzo a estranei, la disperazione lo inonda comincia a fabbricare cortisolo, ormone da stress che deprime il sistema immunitario, cognitivo, e a volte anche la statura; spesso compare enuresi, aumenta il rischio di obesità. Vuol dire che un genitore è criminalizzato davanti a tutta la sua comunità: se quel genitore è incolpevole, è un crimine che grida vendetta a Dio, perché è evidente che distrugge delle vite. Per un bambino è un trauma totale, qualcosa che comprometterà la sua salute fisica oltre che psichica. Con la scusa della «variabile tempo» si interviene prima di avere tempo di fare indagini decenti. Allontanare un bambino da casa sua, con un'accusa falsa a un genitore, è un danno incalcolabile. Sono stati allontanati bambini dai genitori per i motivi più discutibili. È sufficiente una denuncia anonima, per esempio di un vicino a cui sono stati pestati i piedi, di un ex suocera rancorosa, di un aspirante amante respinto, e scatta la mannaia. A volte la denuncia di una maestra malaccorta. Che cosa pensereste se foste la maestra di una bambina di dieci anni che vi scrive che il sesso anale è quando il pene eretto entra nell'ano? Qual è la cosa che deve venirvi in mente? Telefonare ai servizi sociali? No, semplicemente chiedere alla bambina come lo sa: vi risponderà che lo ha letto sui normali libri di educazione sessuale, per esempio Un gioco da ragazze, edizione Erikson. Cosa pensate di una bambina o un bambino che disegnano un atto sessuale, o un pene? Non pensate niente e chiedete: come ti è venuta l'idea? Si chiede con tono neutro. La risposta è che hanno guardato i libri di educazione sessuale per ragazzi. Anche nella sua trionfale audizione alla Camera, la Seduta numero 28 di giovedì 14 luglio 2016, la signora Anghinolfi dichiara trionfalmente che «questo ha dato dei frutti, perché si è intervenuti tempestivamente; ad esempio sull'emergenza interveniamo in 24 ore, e, se necessario, in 24 ore il minore viene collocato fuori famiglia, se deve iniziare una terapia, la inizia e avvia tutto il percorso con le autorità giudiziarie». Si interviene cioè senza fare indagini. Si distruggono vite senza fare indagini. Il bambino sottratto alla sua famiglia, solo e terrorizzato, instaura una sindrome di Stoccolma e cede alle insistenze di confessare un abuso. A questo punto l'abuso deve saltare fuori o altrimenti tutti i protagonisti smettono di essere Sir Lancillotto e diventano la strega cattiva. Nella sua audizione alla Camera la signora Anghinolfi ha spiegato con chiarezza che dove ci sono meno abusi della cifra folle riscontrata a Bibbiano è perché sono meno bravi a trovarli. Gli assistenti sociali che li trovano sono incapaci. Chi cerca trova, certo, trova anche quello che non c'è. Se il bambino resiste non c'è problema: la sua sarà giudicata negazione di difesa, in un'ottica in cui non ci sono innocenti. Il lato atroce è che in tutto questo i veri abusanti spesso restano impuniti, sempre più spesso saltano fuori storie apocalittiche successe senza nessun intervento dei servizi sociali. Un abuso su minore può causare danni gravissimi, anche un disturbo dissociativo. Anche il sequestro dalla famiglia è un abuso che può causare disastri non meno gravi, soprattutto se, come è successo a Bibbiano, il bambino, ormai privo di protezione genitoriale, viene consegnato a chi abuserà di lui. Ogni bambino tolto alla famiglia costa (cioè rende) tra i 200 e i 400 euro. Il denaro è più che sufficiente per fare indagini, intercettazioni e intervenire solo se si è certi. Nel caso di un abuso vero il responsabile è l'abusante, non la famiglia tutta, come invece sostiene la Anghinolfi alla Camera. Si allontana il colpevole, per esempio il padre, anche col carcere se ci sono gli estremi, e il bambino resta a casa sua. Gratis. Senza spese per i contribuenti e senza avere il cuore spaccato. Perché punire la madre e i fratelli? Perché moltiplicare il trauma? Seconda frase atroce: i soldi sono stati spesi facendo «formazione sugli operatori per renderli in grado di leggere in anticipo i segnali di malessere, spesso aspecifici dei bambini». L'idea di una formazione che renda in grado glie operatori di leggere in anticipo i segnali del malessere è semplicemente mostruosa. Presuppone due concetti folli: i primo concetto folle è che il malessere conseguente all'abuso e quindi l'abuso stesso siano prevedibili, il secondo ancora più folle è che l'assistente sociale sia in grado di fare questa previsione. Il fattore tempo faceva intervenire prima che l'abuso sia provato, qui invece si instaura il concetto che bisogna intervenire prima che l'abuso sia compiuto. Un uomo ha avuto uno scoppio di ira? È un violento, nessuna redenzione possibile, bisogna levargli i figli. Un bambino comincia a mangiarsi le unghie, magari perché a scuola lo prendono in giro? Eccolo uno dei segnali di malessere, spesso aspecifici. In Italia sono stati tolti bambini a genitori perché erano troppo poveri, perché non avevano la stanzetta, perché non avevano fatto niente ma avrebbero potuto farlo in futuro. A Bibbiano una bimba è stata tolta a un padre per darla a una coppia di lesbiche. Lui afferma che la Anghinolfi lo abbia accusato di essere omofobo. Nelle dittature sudamericane si levavano i bambini agli oppositori politici per darli in adozione agli amici. Come è possibile che una nazione tutto sommato non stupida abbia dato un potere immenso ad alcuni individui? Il potere di fare il male peggiore: toglierti i bambini, esiliarli dove saranno disperati e tu non li potrai soccorrere, passare le notti pensando che il tuo bambino sta piangendo disperato. L'odio per la famiglia, l'amore per lo stato, l'idea demente dell'esperto, psicologo, assistente sociale. Poniamo fine ora a tutto questo. Ora.
Vladimir Putin e Steve Witkoff (Ansa)
Putiferio per le soffiate su una chiamata in cui il mediatore Usa, atteso al Cremlino, dava consigli a Mosca. Il «Guardian» evoca lo zampino di Cia o servizi ucraini, che ad Abu Dhabi hanno visto gli 007 dello zar.
Le manovre diplomatiche per far concludere la crisi ucraina potrebbero trovarsi davanti a uno scoglio. Uno dei principali negoziatori americani, Steve Witkoff, è infatti finito nella bufera, dopo che Bloomberg News ha pubblicato la trascrizione di una telefonata da lui avuta con il consigliere di Vladimir Putin, Yuri Ushakov, lo scorso 14 ottobre. Dal testo è emerso che l’inviato americano ha dato all’interlocutore dei consigli su come lo zar avrebbe dovuto affrontare il colloquio telefonico con Donald Trump, che si sarebbe tenuto due giorni dopo.
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La consulenza super partes parla chiaro: il profilo genetico è compatibile con la linea paterna di Andrea Sempio. Un dato che restringe il cerchio, mette sotto pressione la difesa e apre un nuovo capitolo nell’indagine sul delitto Poggi.
La Casina delle Civette nel parco di Villa Torlonia a Roma. Nel riquadro, il principe Giovanni Torlonia (IStock)
Nel parco di Villa Torlonia a Roma, fu il buen retiro di Giovanni Torlonia. Superbo esempio dell'eclettismo Art Nouveau, è sopravvissuta alla guerra, all'incuria e ad un incendio.
L'articolo contiene una gallery fotografica.
Dalle sue finestre vedeva il Duce e la sua famiglia, il principe Giovanni Torlonia. Dal 1925 fu lui ad affittare il casino nobile (la villa padronale della nobile casata) per la cifra simbolica di una lira all’anno al capo del Governo, che ne fece la sua residenza romana. Il proprietario, uomo schivo e riservato ma amante delle arti, della cultura e dell’esoterismo, si era trasferito a poca distanza nel parco della villa, nella «Casina delle Civette». Nata nel 1840 come «capanna svizzera» sui modelli del Trianon e Rambouillet con tanto di stalla, fu trasformata in un capolavoro Art Nouveau dal principe Giovanni a partire dal 1908, su progetto dell’architetto Enrico Gennari. Pensata inizialmente come riproduzione di un villaggio medievale (tipico dell’eclettismo liberty di quegli anni) fu trasformata dal 1916 nella sua veste definitiva di «Casina delle civette». Il nome derivò dal tema ricorrente dell’animale notturno nelle splendide vetrate a piombo disegnate da uno dei maestri del liberty italiano, Duilio Cambellotti. Gli interni e gli arredi riprendevano il tema, includendo molti simboli esoterici. Una torretta nascondeva una minuscola stanza, detta «dei satiri», dove Torlonia amava ritirarsi in meditazione.
Mussolini e Giovanni Torlonia vissero fianco a fianco fino al 1938, alla morte di quest’ultimo all’età di 65 anni. Dopo la sua scomparsa, per la casina delle Civette, luogo magico appoggiato alla via Nomentana, finì la pace. E due anni dopo fu la guerra, con villa Torlonia nel mirino dei bombardieri (il Duce aveva fatto costruire rifugi antiaerei nei sotterranei della casa padronale) fino al 1943, quando l’illustre inquilino la lasciò per sempre. Ma l’arrivo degli Alleati a Roma nel giugno del 1944 non significò la salvezza per la Casina delle Civette, anzi fu il contrario. Villa Torlonia fu occupata dal comando americano, che utilizzò gli spazi verdi del parco come parcheggio e per il transito di mezzi pesanti, anche carri armati, di fatto devastandoli. La Casina di Giovanni Torlonia fu saccheggiata di molti dei preziosi arredi artistici e in seguito abbandonata. Gli americani lasceranno villa Torlonia soltanto nel 1947 ma per il parco e le strutture al suo interno iniziarono trent’anni di abbandono. Per Roma e per i suoi cittadini vedere crollare un capolavoro come la casina liberty generò scandalo e rabbia. Solo nel 1977 il Comune di Roma acquisì il parco e le strutture in esso contenute. Iniziò un lungo iter burocratico che avrebbe dovuto dare nuova vita alle magioni dei Torlonia, mentre la casina andava incontro rapidamente alla rovina. Il 12 maggio 1989 una bimba di 11 anni morì mentre giocava tra le rovine della Serra Moresca, altra struttura Liberty coeva della casina delle Civette all’interno del parco. Due anni più tardi, proprio quando sembrava che i fondi per fare della casina il museo del Liberty fossero sbloccati, la maledizione toccò la residenza di Giovanni Torlonia. Per cause non accertate, il 22 luglio 1991 un incendio, alimentato dalle sterpaglie cresciute per l’incuria, mandò definitivamente in fumo i progetti di restauro.
Ma la civetta seppe trasformarsi in fenice, rinascendo dalle ceneri che l’incendio aveva generato. Dopo 8 miliardi di finanziamenti, sotto la guida della Soprintendenza capitolina per i Beni culturali, iniziò la lunga e complessa opera di restauro, durata dal 1992 al 1997. Per la seconda vita della Casina delle Civette, oggi aperta al pubblico come parte dei Musei di Villa Torlonia.
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Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
È stato ufficialmente lanciato al Parlamento italiano il gruppo di amicizia dedicato all’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), sotto la guida di Paolo Formentini, vicepresidente della Commissione Affari esteri, e di Antonio Giordano. Oltre quaranta parlamentari hanno già aderito all’iniziativa, volta a rafforzare la diplomazia parlamentare in un progetto considerato strategico per consolidare i rapporti commerciali e politici tra India, Paesi del Golfo ed Europa. L’Italia figura tra i firmatari originari dell’IMEC, presentato ufficialmente al G20 ospitato dall’India nel settembre 2023 sotto la presidenza del Consiglio Giorgia Meloni.
Formentini e Giordano sono sostenitori di lunga data del corridoio IMEC. Sotto la presidenza di Formentini, la Commissione Esteri ha istituito una struttura permanente dedicata all’Indo-Pacifico, che ha prodotto raccomandazioni per l’orientamento della politica italiana nella regione, sottolineando la necessità di legami più stretti con l’India.
«La nascita di questo intergruppo IMEC dimostra l’efficacia della diplomazia parlamentare. È un terreno di incontro e coesione e, con una iniziativa internazionale come IMEC, assume un ruolo di primissimo piano. Da Presidente del gruppo interparlamentare di amicizia Italia-India non posso che confermare l’importanza di rafforzare i rapporti Roma-Nuova Delhi», ha dichiarato il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea.
Il senatore ha spiegato che il corridoio parte dall’India e attraversa il Golfo fino a entrare nel Mediterraneo attraverso Israele, potenziando le connessioni tra i Paesi coinvolti e favorendo economia, cooperazione scientifica e tecnologica e scambi culturali. Terzi ha richiamato la visione di Shinzo Abe sulla «confluenza dei due mari», oggi ampliata dalle interconnessioni della Global Gateway europea e dal Piano Mattei.
«Come parlamentari italiani sentiamo la responsabilità di sostenere questo percorso attraverso una diplomazia forte e credibile. L’attività del ministro degli Esteri Antonio Tajani, impegnato a Riad sul dossier IMEC e pronto a guidare una missione in India il 10 e 11 dicembre, conferma l’impegno dell’Italia, che intende accompagnare lo sviluppo del progetto con iniziative concrete, tra cui un grande evento a Trieste previsto per la primavera 2026», ha aggiunto Deborah Bergamini, responsabile relazioni internazionali di Forza Italia.
All’iniziativa hanno partecipato ambasciatori di India, Israele, Egitto e Cipro, insieme ai rappresentanti diplomatici di Germania, Francia, Stati Uniti e Giordania. L’ambasciatore cipriota ha confermato che durante la presidenza semestrale del suo Paese sarà dedicata particolare attenzione all’IMEC, considerato strategico per il rapporto con l’India e il Medio Oriente e fondamentale per l’Unione europea.
La presenza trasversale dei parlamentari testimonia un sostegno bipartisan al rapporto Italia-India. Tra i partecipanti anche la senatrice Tiziana Rojc del Partito democratico e il senatore Marco Dreosto della Lega. Trieste, grazie alla sua rete ferroviaria merci che collega dodici Paesi europei, è indicata come principale hub europeo del corridoio.
Il lancio del gruppo parlamentare segue l’incontro tra il presidente Meloni e il primo ministro Modi al G20 in Sudafrica, che ha consolidato il partenariato strategico, rilanciato gli investimenti bilaterali e discusso la cooperazione per la stabilità in Indo-Pacifico e Africa. A breve è prevista una nuova missione economica guidata dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Tajani.
«L’IMEC rappresenta un passaggio strategico per rafforzare il ruolo del Mediterraneo nelle grandi rotte globali, proponendosi come alternativa competitiva alla Belt and Road e alle rotte artiche. Attraverso la rete di connessioni, potrà garantire la centralità economica del nostro mare», hanno dichiarato Formentini e Giordano, auspicando che altri parlamenti possano costituire gruppi analoghi per sostenere il progetto.
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