2025-09-26
La Flotilla getta la maschera
Le barche pro Pal rifiutano la proposta italiana di consegnare le derrate tramite la Chiesa. È la prova che le vere intenzioni non sono aiutare i palestinesi ma lo scontro politico. Anche perché il grosso del cibo forse non arriverà mai. Pd e M5s, che hanno spedito a bordo i loro parlamentari, adesso sono in totale imbarazzo. La flottiglia che naviga verso Gaza vuole portare aiuti a una popolazione alla fame o vuole solo attirare l’attenzione delle telecamere su un’iniziativa politica? In pratica: le navi e le barche che da un mese annunciano di voler raggiungere la Striscia puntano a soccorrere i palestinesi o solo a forzare il blocco imposto da Israele? Le domande credo siano legittime, soprattutto dopo che gli organizzatori hanno respinto la proposta di consegnare nelle mani della Chiesa le tonnellate di cibo che dovrebbero servire a sfamare donne e bambini. Come è facile capire, le risposte ai quesiti cambiano le prospettive, così come mutano le conseguenze a cui si va incontro.Infatti, un conto è una missione umanitaria, un altro una missione che prevede di violare acque territoriali di un altro Paese. La prima può e deve risolversi senza problemi, e con beneficio per i palestinesi, la seconda rischia invece di finire in un disastro, senza alcun vantaggio per chi aspetta un aiuto. Una cosa appare certa. prima ancora che siano chiariti i contorni dell’iniziativa. Se c’era bisogno di soccorrere una popolazione ridotta alla fame, quelli della Flotilla se la sono presa molto comoda, come se mirassero più all’arrivo delle telecamere e della stampa, che ad aiutare chi soffre. Quanto poi alle vere intenzioni dell’operazione, qualche sospetto viene se si leggono le dichiarazioni di chi ha aderito al progetto della Global Sumud Flotilla. Ad esempio, da un articolo del Post scopriamo che l’associazione genovese Music for Peace ha «raccolto tantissime donazioni di cibo». Delle almeno 300 tonnellate consegnate, 45 erano già state preparate all’inizio del mese e di queste cinque sono state caricate su quattro barche a vela partite da Genova, mentre altre 40 sono invece state messe in due container e imbarcate su un traghetto per la Sicilia dove, ci informa l’articolo, sarebbero poi state distribuite su altre barche a vela. E le altre 255 tonnellate di cibo raccolto che fine hanno fatto? Secondo il giornale online «le derrate rimaste non viaggeranno verso la Striscia di Gaza». E qui Stefano Rebora, fondatore di Music for peace, ci aiuta a chiarire la destinazione del cibo che apparentemente è stato donato per Gaza da varie associazioni e anche dal Movimento 5 stelle. «Non andrà sprecato. Anche questo sarà messo all’interno di vari container, tra i sei e gli otto (per un totale di 120/160 tonnellate), e spedito in Sudan entro il 15 settembre. Il contenuto destinato al Paese nordafricano arriverà a Gedda, in Arabia Saudita in sei o sette giorni di navigazione, e poi sarà smistato su navi più piccole e portato a Port Sudan». Cioè, il cibo per l’Africa viaggia velocemente e probabilmente è già giunto a destinazione, quello per Gaza è invece inspiegabilmente ancora in alto mare, in attesa di essere consegnato nonostante in apparenza sia stato spedito prima e sebbene ogni giorno trascorso sia una sofferenza per i palestinesi.Non è finita. «Tolto il cibo che sarà portato in Sudan, rimarranno tra le 135 e le 95 tonnellate (almeno), che per la maggior parte saranno messe all’interno di altri container per la Striscia di Gaza, che però per il momento e fino a gennaio rimarranno a Genova». Se otterremo permessi per entrare a Gaza, spiega Rebora, spediremo i container in 15 giorni, altrimenti invieremo anche questi in Sudan. Il Post però ci informa anche di altro e cioè che, dopo aver parlato con gli organizzatori, «è comunque quasi impossibile che il cibo arrivi a destinazione, visto il blocco navale imposto sulla Striscia di Gaza: l’iniziativa è da considerarsi più che altro politica».Dunque, ricapitolando: il governo italiano si è offerto di consegnare le derrate a Gaza tramite la Cei, ma la Flotilla ha detto no. Delle 300 tonnellate da inviare nella Striscia solo 45 sono state spedite, mentre il resto è in parte finito in Africa e un’altra parte probabilmente ci finirà. Però anche quel cibo caricato dalle barche a vela con destinazione Palestina probabilmente non sarà consegnato. Le risposte alle domande iniziali, dunque, sono le seguenti: la missione non è umanitaria ma politica e l’obiettivo non è soccorrere una popolazione alla fame, ma provocare un incidente. Di cui, ovviamente, la responsabilità sarà attribuita al governo italiano.
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