2024-05-18
La Florida si sbarazza del fanatismo verde
Il governatore repubblicano Ron DeSantis firma una legge per «riportare la sanità mentale nell’approccio all’energia». Bandito l’eolico offshore, si punta su gas naturale, idrogeno, piccoli reattori. Con un occhio alla geopolitica: «Teniamo la Cina fuori dal nostro Stato».«Il riscaldamento globale? Roba da gente di sinistra». A Ron DeSantis piace provocare, ma questa volta il governatore di ferro alle parole ha fatto seguire i fatti. Lo Stato della Florida da lui guidato ha approvato una legge che fa a fette i dogmi della transizione green e al tempo stesso si contrappone alla narrazione catastrofista di molte istituzioni internazionali, per esempio l’Unione europea. Una mossa che contrasta le direttive della Casa Bianca e punta su alcuni obiettivi in controtendenza: favorire l’espansione del gas naturale, vietare la costruzione di turbine eoliche vicino alle coste del turismo yankee, ridurre le limitazioni dei gasdotti (ritenuti diabolici oggetti del demonio in altri Stati), rilanciare stufe e fornelli a gas. In definitiva, come spiega su X, «procediamo con una politica energetica di buonsenso, rifiutando l’agenda degli zeloti Verdi più fanatici».Il ruggito è rumoroso perché mette in dubbio i capisaldi dogmatici dell’intero Green deal all’europea, ispirato proprio alle tendenze modaiole arrivate una decina d’anni fa da Oltreoceano. E rese più radicali dalla tambureggiante campagna verde di Greta Thurnberg e dei suoi boys, davanti ai quali si sono genuflessi quasi tutti i leader occidentali, compreso Mario Draghi. Con il «Florida energy policy act», in vigore dal primo luglio, parte la controrivoluzione, che prevede anche la cancellazione di alcune regole ideologiche di ispirazione democrat come l’obbligo per le agenzie governative di tenere conferenze e riunioni in alberghi con il patentino verde, l’obbligo per i dipendenti di queste agenzie di consultare un elenco di prodotti «rispettosi del clima» prima di effettuare acquisti. Tutte decisioni simil green pass (ma meno invasive) che in questi anni hanno procurato l’orticaria a molti deputati libertari. Proprio per questo si prevedono altri smarcamenti all’interno dell’Unione. Allestito un falò delle leggi imposte nel 2008 dal governatore Charlie Crist, DeSantis ha voluto attribuire all’Energy act anche una valenza propositiva, schiacciando l’acceleratore su due alternative che ritiene fondamentali per produrre energia pulita: l’avvio dello studio sull’utilizzo dei piccoli reattori nucleari e l’espansione dell’uso di veicoli alimentati a idrogeno nel servizio pubblico. In più ha finanziato la ristrutturazione e la messa in sicurezza di tutte le linee elettriche dello Stato. Questo perché il governatore, che si è arreso davanti a Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca, è convinto di dover «riportare la sanità mentale nel nostro approccio all’energia».Ai provvedimenti eminentemente tecnici si aggiunge un messaggio politico per la Cina, nell’alveo della tradizione protezionistica dei repubblicani: «Questa legge dimostra che è possibile una politica energetica di buonsenso. Manterremo la benzina nei nostri serbatoi e la Cina fuori dal nostro Stato. Ci assicureremo che avversari stranieri come Pechino non abbiano qui un punto d’appoggio». Una filosofia che tende a proteggere e a valorizzare le peculiarità americane. Esattamente il contrario rispetto alle decisioni dell’Unione europea nell’ultimo quinquennio, a conferma che un’altra strada ecologica - meno tortuosa, meno radicale, meno penalizzante per le aziende di automotive e per le tasche dei cittadini - è percorribile. Davanti all’offensiva in arrivo da Tallahassee è immediatamente partito il fuoco di sbarramento dell’ecologismo da convegno, supportato da automatica indignazione mediatica. «DeSantis ignora la realtà delle minacce climatiche», accusa il Washington Post. «La Florida sta affrontando l’aumento dei mari e ha avuto il suo anno più caldo mai registrato dal 1895», gli fa eco Yoca Arditi-Rocha, direttrice del Cleo Institute che sostiene l’educazione e l’impegno sui cambiamenti climatici, senza aggiungere che la temperatura di 37,5 gradi d’estate nelle Everglades non è una novità. L’addetta stampa della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, ha definito la mossa «piuttosto vergognosa, mentre c’è molto lavoro da fare per mitigare i peggiori effetti del climate change». L’Energy information administration degli Stati Uniti fa notare, come se fosse un delitto, «che la Florida è già dipendente dal gas naturale al 74%». L’Italia lo è al 73,5%. Non poteva mancare l’accenno agli uragani, con allarmi variegati come se si trattasse di fenomeni inediti, direttamente dipendenti dal riscaldamento globale. Greg Knecht, direttore della Nature Conservancy, si rammarica perché «il cambiamento climatico non sarà più una priorità in Florida». Sostiene che la nuova misura è impopolare perché «stiamo vedendo inondazioni, danni alla proprietà e tifoni, ma ci voltiamo dall’altra parte». Andrew, Galveston, Sandy, Katrina, Harvey, Irma, fino al Labor Day del 1935: la lista degli uragani affonda nella storia della meteorologia. Con tutto il rispetto, è difficile trasformarla in un’emergenza di stamattina.