2023-10-12
La Fiom negli Usa. Qui abbandona le fabbriche
Una delegazione dei metalmeccanici rossi è in viaggio verso Detroit per sostenere lo sciopero dei colleghi americani contro Stellantis. Intanto a Firenze precipita la crisi dell’ex Gkn che la Cgil ha appaltato al collettivo Insorgiamo che inneggia ai Carc.A chiamarlo viaggio premio si rischia di urtare la suscettibilità dei metalmeccanici duri e puri della Cgil. Difficile però trovare un altro modo per definire la missione di una delegazione della Fiom, guidata dal segretario generale Michele De Palma, che ieri si è messa in moto verso Detroit per unirsi ai picchetti dell’Uaw, il sindacato a stelle e strisce del settore auto, e portare alle lavoratrici e ai lavoratori in sciopero la solidarietà dei colleghi italiani. Nelle tre giornate americane (dal 12 al 14) - ci tengono a far sapere i nostri in un comunicato - sono in programma una serie di incontri, in particolare con il presidente dell’United auto workers, Shawn Fain. Siamo sicuri che questi vertici saranno decisivi per il futuro del mondo del lavoro degli Stati Uniti, ma non possiamo fare a meno di chiederci se vista la situazione in patria - che la stessa Fiom definisce un giorno sì e l’altro pure - drammatica, non sarebbe stato più saggio restare in Italia per curare i vari dossier delicati di casa nostra. E qui veniamo all’altra parte della vicenda, quella purtroppo più seria. Mentre De Palma e compagni si spostavano verso Detroit, infatti, la crisi dell’ex Gkn di Firenze, uno dei siti dove l’Rsu è composta da soli delegati della Fiom, si incancreniva. Non sembra infatti esserci alternativa al licenziamento dei circa 170 dipendenti della cooperativa che con un capitale sociale di 12.500 euro e senza aver presentato al momento nessun piano industriale supportato da finanziamenti credibili si è posta l’obiettivo di usare i 36.000 metri quadri del sito di Campi Bisenzio per portare avanti un progetto di cargo-bike. E qui fare un passo indietro può aiutare a capire meglio cosa c’entra il viaggio americano della Fiom con quello che sta succedendo in Toscana. Tutto inizia nel mese di luglio del 2021 con una mail firmata dall’amministratore delegato dell’epoca che comunica ai 440 lavoratori della Gkn di Campi Bisenzio lo stop alla produzione e il licenziamento. La Fiom insorge contro il fondo Melrose Industries che aveva acquistato la capogruppo nel 2018 pagando più di 8 miliardi di sterline: vogliono delocalizzare la produzione dei semiassi per Stellantis nell’Europa dell’Est per massimizzare i profitti, è l’accusa. I lavoratori entrano così in presidio permanente, occupando lo stabilimento fiorentino e nasce il collettivo di fabbrica.A stretto giro il fondo anglosassone incarica Francesco Borgomeo, che ha una curriculum da advisor specializzato nelle riconversioni industriali di prendere in mano il dossier. Borgomeo che in passato era riuscito a portare in salvo l’ex Marazzi di Anagni e l’ex Ideal standard di Roccasecca a dicembre acquisisce il 100% della Gkn, che diventa Qf (quattro effe): «Fiducia nel futuro della fabbrica di Firenze». E qui inizia un altro film. Fatto di rinnovate speranze e progetti che ben presto però si scontrano con la realtà di un sito che pian piano si è spogliato di rappresentanti dei sindacati confederali per finire nelle mani di un collettivo sempre meno incline al dialogo anche con gli altri sindacati. Che infatti non toccano palla. Nel gennaio del 2022 si svolge un referendum per chiedere ai lavoratori l’appoggio all’accordo quadro di reindustrializzazione: su 354 aventi diritto i votanti sono 264 e i sì ben 262. Eppure i contrari riescono ad evitare qualsiasi cambiamento. Così mentre sul tavolo c’è un’ipotesi d’accordo con Invitalia, Qf stacca la spina e finisce in liquidazione. Come già ricordato dalla Verità nel sito di Campi Bisenzio la fa da padrone «Insorgiamo», una società operaia di mutuo soccorso che sventola la bandiera del Partito dei comitati di appoggio alla resistenza del comunismo (Carc). Insomma, il dossier dal piano sindacale si sposta a quello dell’ideologia politica se non peggio. I Carc - il fondatore Giuseppe Maj è stato accusato di sovversione - hanno l’idea di una «fabbrica pubblica e socialmente integrata»: lo Stato cioè che deve investire in una cooperativa senza capitali e senza un piano industriale. Nello stabilimento fiorentino possono entrare solo i rappresentanti del collettivi e della cooperativa (solo 5 sono dei lavoratori Gkn) e i loro compagni, gli altri sono visti in cagnesco. Peggio di tutti Francesco Borgomeo che l’ultima volta a fine 2022 è uscito dal sito scortato dalla Digos. Nei mesi i lavoratori che trovano altro vanno via e restano solo 170 persone. Di queste circa 25 sono state distaccate e 30 avviate alla pensione. La Regione parla di gruppi interessati, l’ultimo è il consorzio Abaco di Genova. Siamo a luglio. Ma oggi nessuno sa che fine abbia fatto. Al momento sul tavolo non restano che la liquidazione e i licenziamenti. Ecco fuor da demagogia. Forse in questi tre giorni anziché andare a Detroit la delegazione della Fiom avrebbe potuto fare un giro a Campi Bisenzio per parlare con i vertici del collettivo di fabbrica innamorati dell’idea delle cargo bike, magari gli avrebbero dato a una mano a trovare qualche finanziatore.
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Charlie Kirk con la moglie Erika Frantzve (Getty Images)
L’AIE cambia idea, niente picco di domanda. Tassonomia Ue, gas e nucleare restano. Stagione atlantica avara di uragani. La Germania chiede più quote di emissione. Cina in ritardo sul Net Zero. Maxi-diga in Etiopia.