2019-11-13
La fine misteriosa e tragica dell’ultimo dittatore rosso della Cortina di ferro
Il voltafaccia dell'Urss, il complotto Cia-Kgb, il «processo farsa». Nella Romania di Nicolae Ceausescu il cambio di regime finì nel sangue.Tutto cominciò a Malta trent'anni fa, dove a La Valletta si incontrarono Mikhail Gorbaciov e George Bush. Dalla piccola isola del Mediterraneo cominciò la fine della tirannia di Nicolae Ceausescu (dicembre 1989). I due leader si sedettero attorno a un tavolo improvvisato sulla banchina portuale di La Valletta per discutere dell'Europa dell'est e del nuovo. Si è discusso molto di tutto ciò e, in particolare, del «caso Ceausescu». Il leader rumeno era infatti l'unico capo di Stato che rappresentava il mondo dell'est prima del 1989. Per la verità, Gorbaciov non aveva mai apprezzato il «Führer rumeno», come lo definiva nelle sue sfuriate, anche perché chiedeva sempre aiuti finanziari, ma concedeva poco. Quando lo ricevette al Cremlino (il 4 dicembre 1989) il presidente dell'Urss si era mostrato ostile, affermando di voler prendere le distanze da Erich Honecker (ex leader della Germania dell'est), che Ceausescu difendeva, facendo capire che la stessa sorte poteva toccare al presidente rumeno. Fu un dialogo aspro, Ceausescu era alle corde, si ostinò nella difesa, non solo di Honecker, ma anche del premier bulgaro Todor Zivkov, caduto in disgrazia. Gorbaciov non allentò la presa e la tensione aumentò, citando un altro capo del partito comunista: il cecoslovacco Milos Jakes, silurato perché non aveva seguito i consigli di Mosca, cioè di mettere in moto un piano per «un necessario cambiamento». Ceausescu ritornò a Bucarest con la ferma convinzione che Gorbaciov fosse un suo nemico «mortale». Non era proprio così perché Gorbaciov ha sempre smentito di aver mai pensato alla fucilazione di Nicolae ed Elena Ceausescu (come poi è avvenuto) e Bush ha fatto sapere, attraverso la diplomazia, che avrebbe concesso alla famiglia del leader rumeno asilo politico (due figli erano già negli Usa).Vediamo che cosa è realmente successo, sulla base di due libri importanti e poco conosciuti: quello dello storico Constantine Pleshakov (Berlino 1989: la caduta del muro. La guerra civile che ha portato alla fine del comunismo, Corbaccio) e quello di Grigore Cristian Cartianu (La fine dei Ceausescu, Aliberti editore, con la traduzione di Luca Bistolfi). Dalla tv rumena si diceva che la «rivoluzione» anti regime aveva provocato circa 64 mila vittime dal 22 al 25 dicembre 1989, mentre successivamente fu accertato che, complessivamente, le vittime furono 957 fra Bucarest, Timisoara e altre località minori. La manipolazione mediatica fu programmata e attuata senza sosta, con informazioni false e «costruite», come i primi piani dei morti degli obitori degli ospedali e dei cimiteri portati sulle strade. Già dal 19 dicembre si parlò di 4.630 morti a Timisoara. I falsi massacri furono pubblicizzati da Radio Free Europa, dalle agenzie ungheresi, jugoslave e successivamente dalle tv francesi e di altri paesi, con l'arrivo delle prime troupes televisive a Timisoara il 22 dicembre, mentre il dittatore era in fuga, con la moglie e la scorta militare, nei cieli rumena in cerca di una destinazione sicura. Tutto questo mentre il nuovo gruppo dirigente, coordinato da Ion Iliescu curava la regia del «cambio di regime» sotto la guida del Cremlino. C'è da ricordare che Iliescu da qualche anno era caduto in disgrazia ed era ai margini del potere del regime. Contava molto, per la sua protezione personale e la sua ambizione di potere, sull'antica amicizia con Gorbaciov, dai tempi dell'università di Mosca, dove entrambi erano stati studenti. Iliescu si alleò con Nicolae Militaru e Silviu Brucan (la «troika moscovita») nel cosiddetto «Fronte di salvezza nazionale». L'autore ha scritto: «Nel dicembre 1989 si perpetrò un crimine di massa. Il rovesciamento di Ceausescu, infatti, si sarebbe potuto fare anche senza un tal spargimento di sangue». La stessa cosa si può dire anche per quanto riguarda la presa del potere da parte della troika moscovita. «I golpisti avevano fatto una prova generale, con la regia del Kgb (i servizi segreti dell'Urss) e della Cia, che si era insediata a Budapest, aprendo una attrezzatissima sede. Quest'ultima partecipava all'organizzazione del «colpo di Stato», con la promozione delle manifestazioni «spontanee», con piani e finanziamenti e il Kgb con la logistica e propri uomini. Il piano segreto messo a punto da Mosca e Washington e accettato dal triumvirato di Iliescu prevedeva lo smembramento della Romania, riducendola a un piccolo Stato con solo la Valacchia e l'Oltenia. Si spiega anche così la ragione per cui Mosca, a differenza degli altri regimi dell'est, non aveva previsto un successore di Ceaucescu. Poi il piano fu accantonato con l'entrata in campo della «troika moscovita» e l'aggravarsi della crisi del regime sovietico. Ceausescu e la moglie fuggirono in elicottero il 22 dicembre da Bucarest, dal tetto del palazzo del partito comunista rumeno. Poco prima della «fuga», architettata dal trio golpista, si era suicidato il capo supremo dell'esercito, il generale Vasile Milea, umiliato in pubblico da Ceausescu perché «incapace» di reprimere la rivolta di Timisoara. Quindi Ceausescu convocò il generale Victor Stanculescu e gli affidò il comando dell'esercito. Fu questa la sua ultima nomina, ma anche Stanculescu si alleò con il gruppo dei rivoltosi e al processo farsa non alzò un dito per salvargli la vita. L'elicottero partito da Bucarest senza una destinazione precisa, si spostò in varie località, poi i piloti abbandonarono il Conducator senza scorta in un campo di orzo. Un medico si offrì di accompagnare i due fuggitivi sino alla caserma di Targoviste, da dove scomparve portando via il «tesoro» dei Ceausescu: un pesante pacco con lingotti o una forma di oro massiccia. Questo strano medico, racconta Cartianu, fuggì il giorno dopo, con tutta la famiglia, per New York: nessuno avrà più sue notizie. Il processo fu rapido, sollecitato continuamente da Bucarest e da Mosca, con giudici arrivati in elicottero (in buona parte militari e amici di Iliescu). Nicolae ed Elena non ebbero nemmeno il tempo di rispondere alle domande della Corte, furono portati davanti a un muro della caserma e fucilati da paracadutisti arrivati da Bucarest. Le raffiche dei mitragliatori si susseguirono sui corpi a terra. Lo stesso 25 dicembre furono avvolti in coperte militari e seppelliti in un cimitero di Bucarest. Si chiuse così un regime tirannico, durato ben 45 anni (di cui 24 di potere assoluto del «Conducator»). Il processo di Targoviste fu simbolicamente ricelebrato l'11 gennaio 1996, su iniziativa del quotidiano Ziarul, con una Corte presieduta dall'ex presidente del tribunale penale di Bucarest, Corneliu Turianu. Il verdetto pronunciato ha condannato le indagini preliminari (tutte violate), la fase del giudizio (tutto illegale), il dibattimento (tutto illegale), la fase post sentenza (illegale). La sentenza del processo di Targoviste è stata quindi ritenuta «nulla». Dopo trent'anni, chi troverà mai il coraggio di promuovere un vero processo ai dittatori di Bucarest?
Jose Mourinho (Getty Images)