2024-04-21
La disforia di genere è un abbaglio. Porta all’apologia dell’omologazione
In un recente libro, due tra i principali psichiatri e psicologi del mondo affermano che l’autodeterminazione del proprio sesso implica che «l’altro non ha più posto». E il progresso serve solamente per abolire i limiti.Ci siamo preoccupati per anni dello scontro di civiltà che si sarebbe dovuto consumare con altre nazioni e altre culture e non ci siamo resi conto che la guerra più feroce l’avevamo in casa. È quella «guerra culturale» che si combatte ormai quasi ogni giorno negli atenei. A Catania, nella aula magna del Palazzo centrale dell’Università degli Studi, era previsto per venerdì e ieri un convegno intitolato «La disforia di genere nei minori e la carriera alias negli istituti scolastici: questioni mediche, giuridiche ed antropologiche». A organizzare era Scienza e vita di Catania e tra gli ospiti c’erano illustri studiosi come il bravissimo Giacomo Samek Lodovici e Tonino Cantelmi, poi la senatrice Paola Binetti e altri. Scienza e vita fa sapere, tuttavia, che l’evento non si è potuto tenere: un gruppo di manifestanti ha fatto irruzione impedendo il sereno svolgimento delle giornate di approfondimento.Secondo gli illuminati attivisti del progressismo censorio, parlare di disforia di genere non è ammissibile, a meno di non adeguarsi alle posizioni «presentabili». Cioè all’idea che chiunque, anche un minorenne, possa decidere da solo il proprio sesso.Eppure, non sono in pochi ad avere dubbi su questo termine-ombrello che non indica una malattia e nemmeno un disagio ma una sorta di «stato» non ben definibile. Tra questi ci sono Jean-Pierre Lebrun e Charles Melman (quest’ultimo morto nel 2022), due dei principali psichiatri e psicologi lacaniani del mondo. Non si tratta certo di bigotti, anzi. Eppure ciò che esprimono nel volume Disforia di genere, appena pubblicato dall’editore Castelvecchi, è una critica serrata della visione contemporanea sull’argomento. Una ideologia che tende a trasformare i bambini in «creature venute non si sa bene da dove per andare verso non si sa più bene cosa». Il discorso dei due autorevoli psichiatri è radicalmente differente da quello portato avanti oggi da una parte dei loro colleghi e dalla inquisizione dell’eroticamente corretto, il quale prevede che pure i bambini possano «autodeterminarsi».«Come se qualcuno potesse mai autodeterminarsi», commenta Melman. «Come se possedesse in sé, da solo, gli elementi delle proprie identificazioni, delle proprie scelte e dei propri orientamenti. Se così fosse, dovremmo supporre - ed è questo che colpisce e che ho già segnalato - un sapere innato in ciascuno di noi, equivalente a quello dell’animale. Ed è qui che torniamo all’anti-specismo, cioè al pensare l’umano in continuità con l’animale. Ci sarebbe, quindi, in ciascuno di noi un sapere innato che verrebbe mortificato, offeso dalla cultura. E allora: liberiamoci della cultura affinché ciascuno possa dare libero corso al proprio sapere innato. Non è cosa da poco, visto che questo sapere non esiste e dobbiamo invece arrangiarci con ciò che ci ritroviamo».E Lebrun, giustamente, aggiunge: «È così che oggi si sente parlare di assegnazione riguardo alla determinazione anatomica del proprio sesso. Come se, con questa parola, di colpo segnalassimo l’abuso di determinazione comportato dall’anatomia - abuso cui si tratta allora di obiettare in nome della propria esclusiva percezione».Questo affidarsi alla percezione, secondo Melman, «è un grosso errore. È uno sbaglio fondamentale immaginare che qualcuno nasca con la sua identità sessuale, le sue scelte di vita, la sua etica, i suoi modi di comportarsi, è un’assimilazione assolutamente non verificata».Ne deriva, come sostiene Lebrun, che «in un contesto di questo tipo, l’altro non ha più un posto. L’alterità viene fatta fuori e il soggetto si farebbe da solo nella propria testa». L’alterità lascia spazio alla omologazione totale, all’indistinzione assoluta. «Non resta posto che per il compagno. E il compagno non è un altro, è un simile, è uno identico a noi. Ciò significa che abbiamo a che fare con un’apologia dell’omogeneizzazione, che c’è una propensione per l’omo - a scapito dell’etero, considerato come una dolorosa tradizione, che ci è stata imposta. [...] Per fondare la similitudine, rimane soltanto l’immaginario, ossia la guerra tra simili (il conflitto, la disputa, la separazione). Ed è quanto vediamo ogni giorno nei dibattiti che occupano gli schermi televisivi. I partecipanti sono assolutamente identici tra loro, tanto da passare il tempo a farsi fuori l’un l’altro. Del resto, ci si chiede il perché. Non si riconoscono più alcuna comunanza. Più nessuno è prossimo dell’altro. È solamente come lui e allora sbraita come lui».Tutto questo, ne conclude Lebrun, «significa che l’ordine simbolico che comunque caratterizza la nostra umanità, che ne costituisce un registro specifico, viene ormai percepito come una forzatura, un asservimento, una coercizione da cui ci dobbiamo affrancare. Ma siccome pensare di potersene liberare significa volersi liberare della nostra umanità, tutto ciò può solo preparare la barbarie».Ma perché avviene tutto ciò? A parere dei due studiosi, «stiamo vivendo l’epoca del trionfo della scienza. E, dunque, non si capisce perché, visto che in ambito vegetale e animale siamo capaci di fare degli Ogm, questo non debba applicarsi anche alla nostra cara umanità. Quindi, Tizio o Caio hanno il diritto di esigere dalla scienza la facoltà di assumere la posizione soggettiva che paia loro più vantaggiosa. [...] Al giorno d’oggi, il progresso sembra consistere proprio in questo: nella facoltà di poter abolire e infrangere i limiti. In altre parole, di poter raggiungere un godimento un po’ più soddisfacente di quello che ci offrono, come fonti continue di conflitto, la differenza dei sessi e l’identità sessuale».Pagina dopo pagina, Lebrun e Melman demoliscono l’impalcatura retorica a cui oggi si appigliano gli attivisti trans e (cosa più inquietante) tanti professionisti della salute. E sarebbe interessante se qualcuno degli esaltati teorizzatori della fluidità provasse a confrontarsi e a confutare il loro pensiero. Peccato che qui il dibattito non vada più di moda: ora si preferisce la censura, anche violenta.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.