2020-12-26
La crisi dei paradisi del calcio
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Graziano Pellè e Stephan El Shaarawi (Getty Images)
Major League Soccer e Chinese Super League non attirano più i grandi calciatori come qualche anno fa: tra i motivi principali il drastico taglio degli stipendi che ha fatto crollare l'appeal di quei campionati e ora in tanti, da Graziano Pellè a Stephan El Shaarawi, spingono per rientrare in Europa.L'impatto negativo del Covid sulle leghe non ha lasciato indenne neppure la Germania: la federazione tedesca ha stimato che la Bundesliga avrà un calo del fatturato di 1 miliardo di euro nella stagione in corso.Lo speciale contiene due articoli.«Pagare moneta, vedere cammello». Per spiegare la crisi dei paradisi del calcio, ovvero di quei campionati come Major League Soccer e Chinese Super League che fino a non molto tempo fa facevano incetta di calciatori provenienti dall'Europa, basterebbe questo antico proverbio molto caro, tanto per restare in tema, al presidente della Lazio, Claudio Lotito. Che i giocatori andassero a giocare in Cina o negli Stati Uniti convinti dai lauti ingaggi offerti per convincerli passare da una vetrina competitiva come può essere la Premier League inglese, la Liga spagnola o la stessa Serie A italiana, a una più modesta, seppur in crescita, come la Mls, non era un mistero ieri e non lo è nemmeno oggi che il fenomeno si sta via via sgonfiando. Questo perché anche in Cina e Usa, come del resto in tutto il mondo, la pandemia da Covid-19 ha avviato una inevitabile procedura del taglio degli stipendi dei calciatori. Nel caso della Cina si tratta di un taglio ulteriore che entrerà in vigore dal 2021 e sarà valido almeno fino al 2023, dopo che già nel 2019 la Federcalcio aveva imposto alle squadre della Chinese Super League un tetto di 3 milioni di euro agli ingaggi dei calciatori stranieri. Nella fattispecie, lo scorso anno era stato posto come limite massimo quello di 3 milioni di euro netti, mentre quest'anno, con il nuovo giro di vite, si è passati ai 3 milioni lordi. Mentre per i calciatori professionisti cinesi si è passati dal tetto di 10 milioni di yuan, pari a circa 1 milione e 250.000 euro, ai 5 milioni di yuan, pari a circa 630.000 euro all'anno. Mentre per quanto riguarda i club, non potranno sforare la spesa di 600 milioni di yuan, pari a circa 75 milioni di euro. «La Federcalcio punirà qualsiasi club o giocatore che violi le regole, non importa quanto famoso o influente sia» ha detto senza mezze misure il presidente della Chinese Football Association, Chen Xuyuan. Insomma, rassegniamoci. Non vedremo mai giocare Cristiano Ronaldo o Lionel Messi nel campionato cinese. Almeno fino al 2023.Sono infatti ormai lontani i tempi in cui lo Shanghai Shenhua convinceva con un ingaggio da 40 milioni di euro all'anno un campione come Carlos Tevez a lasciare la casa madre del Boca Juniors e trasferirsi in Cina. Era il 29 dicembre 2016 e l'avventura cinese dell'attaccante argentino duro poco più di un anno, visto che il 5 gennaio 2018 tornò sui suoi passi e fece ritorno alla Bombonera, facendo sapere poi di «essersi pentito fin dal primo giorno». Nonostante un contratto faraonico che ha dovuto rescindere. E a proposito di faraone, chi ancora in Cina ci gioca è Stephan El Shaarawy. L'attaccante italo egiziano, soprannominato proprio Faraone, già durante il calciomercato della scorsa estate era stato vicinissimo a fare rientro in Italia, ma il suo trasferimento dallo Shanghai Shenhua alla Roma è saltato sul gong. L'ex Milan, protagonista anche con la Nazionale, è in Cina dall'8 luglio 2019 quando ha firmato un contratto triennale da 16 milioni di euro all'anno. Un ingaggio che gli è valsa la palma di calciatore italiano più pagato.Nel caso della Mls, invece, a dare una brusca frenata alle spese e quindi a una crescita che tutto il calcio americano sta registrando anno dopo anno, ci ha pensato solo ed esclusivamente il Covid. La crisi economica innescata dalla pandemia ha provocato, infatti, un calo delle entrate, considerando sia la lega che i 26 club, quantificabile in circa un miliardo di dollari rispetto ai ricavi della stagione precedente. Il commissario della Mls, Don Garber, ha detto in occasione del discorso annuale sullo stato del campionato: «L'impatto di tutto questo è probabilmente più profondo di quello che ci aspettavamo. Questo ci preoccupa, ma i nostri proprietari hanno compreso questo impatto sin dall'inizio. Le entrate del campionato e dei club sono diminuite di quasi 1 miliardo di dollari rispetto allo scorso anno. Ma abbiamo anche sostenuto delle spese che non avevamo intenzione di sostenere, inclusi gli aerei charter per i team e la creazione dell'intera bolla attorno a Mls is Back».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/la-crisi-dei-paradisi-del-calcio-2649628855.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bundesliga-fatturato-in-calo-di-1-miliardo-per-colpa-del-covid" data-post-id="2649628855" data-published-at="1608732541" data-use-pagination="False"> Bundesliga, fatturato in calo di 1 miliardo per colpa del Covid Il match a porte chiuse tra Bayer Leverkusen e Bayern Monaco del 19 dicembre 2020 alla BayArena di Leverkusen (Ansa) L'impatto negativo del Covid sulle leghe non ha lasciato indenne neppure la Germania: la federazione tedesca ha stimato che la Bundesliga avrà un calo del fatturato di 1 miliardo di euro nella stagione in corso. A dirlo è Christian Seifert, presidente della Dfl, la Deutsche Fußball Liga, che in una conferenza stampa di inizio dicembre ha anche spiegato: «La perdita dei fan per l'intera stagione comporterà la perdita di circa 650 milioni di euro rispetto al 2018/2019. Mentre la perdita complessiva da marzo 2020 all'estate del 2022 potrebbe essere fino a due miliardi di euro». Il tema è rappresentato proprio dai tifosi: fino a quando gli stadi non riapriranno e si potrà tornare alla normalità, sarà molto complicato per tutte le leghe tornare ai ricavi di un anno fa. Specialmente per quella tedesca, dove prima del Covid i tifosi riempivano tutti gli stadi ogni partita con tutto ciò che comporta a livello di indotto.Parliamo di un campionato, la Bundesliga, che nel 2019 aveva superato i 4 miliardi di euro di fatturato e che contava 28 club sui 36 professionistici che avevano chiuso il bilancio in utile. Una oculata gestione dei diritti televisivi, principale fonte di ricavi dopo quelli da stadio appunto e quelli pubblicitari e del merchandising ufficiale, e un impatto fiscale che ha generato quasi 10 miliardi di euro tra tasse e imposte negli ultimi 10 anni, ha fatto sì che il modello del calcio tedesco abbia potuto sopportare un 2020 povero di ricavi, ma se le prospettive per il 2021 non dovessero essere rassicuranti come ci si augura un po' dappertutto, anche per un'azienda solida come la Bundesliga diverrebbe estremamente complicato sostenere una crisi simile per due stagioni consecutive.
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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