2019-03-13
La cresta dello Stato sulle vittime. Finire sgozzati vale 21.600 euro
Per David Raggi, ucciso da un clandestino a bottigliate, il tribunale riconosce 7.200 euro a tre parenti stretti. Ma a patire per la legge voluta da Paolo Gentiloni sono decine di famiglie. Colpite, spesso, da stranieri nullatenenti.Come fanno le agenzie di rating, anche lo Stato italiano abbassa il valore di sé stesso, quindi dei suoi cittadini. La notizia è bocconiana ma sconfortante: il Tribunale civile di Roma ha valutato in 21.600 euro il risarcimento per la famiglia di David Raggi, il giovane di Terni sgozzato quattro anni fa dal marocchino Amine Aassoul utilizzando una bottiglia rotta come arma da taglio. Fu un omicidio insensato, privo di movente; una scarica di rabbia contro un ragazzo che aveva perso alla roulette del destino trovandosi sulla strada di quel pericoloso soggetto senza permesso di soggiorno. Già ben conosciuto dalla questura per il suo curriculum criminale, ma lasciato in libertà nella vaga attesa di un rimpatrio. Dopo l'omicidio, Aassoul è stato processato e condannato a 30 anni, pena che sta scontando nel carcere di Spoleto.Quattro anni dopo, per la famiglia arriva il secondo choc: per lo Stato italiano la vita di loro figlio vale 21.600 euro, numero raggiunto moltiplicando per tre (i parenti stretti) il valore base di 7.200. Premesso che nessuna cifra potrebbe mai risarcire una madre e un padre e un fratello o una sorella per una perdita così dolorosa, causata da una vicenda così assurda, si rimane pietrificati davanti all'entità irrisoria del risarcimento, che conferma come alla macchina dello Stato i cittadini interessino solo in due fasi della vita: quando votano e quando pagano le tasse.La famiglia Raggi chiese un doveroso indennizzo, ritenendo che nulla sarebbe successo se l'Italia avesse protetto meglio David assicurando alla giustizia (o espellendo) il potenziale assassino. Ma la vicenda si è subito ingarbugliata, è finita dentro le spire della burocrazia giudiziaria; all'inizio il tribunale di Terni negò l'indennizzo adducendo il motivo che la giovane vittima (27 anni) era troppo ricca per ottenerlo. In realtà guadagnava 13.000 euro all'anno, ma il massimale per accedere al fondo è di 11.000. Papà e mamma Raggi non si arresero, portarono in aula il ministero dell'Interno e quello della Giustizia; chiesero allo Stato due milioni di euro da devolvere in beneficenza. Una battaglia in definitiva persa, con una sentenza ambigua che ha mandato assolti i due ministeri perché «Aassoul non poteva essere espulso in quando convivente con la madre che nel frattempo aveva acquisito la cittadinanza italiana». Quel risarcimento fa male più del dito medio che l'omicida ha mostrato ai parenti della vittima all'uscita dal tribunale. L'avvocato della famiglia, Massimo Proietti, ha commentato con amarezza: «Il papà di David ha ricordato piangendo come un suo amico abbia avuto 11.000 euro dopo che gli era stato ucciso un cane da caccia».Valter Raggi non è il primo italiano travolto dall'amarezza per un risarcimento beffa, sancito da un listino prezzi imbarazzante, portato in aula e approvato dal governo di Paolo Gentiloni nel 2016 (si tratta della legge 122). Un omicidio vale 7.200 euro, un femminicidio 8.200, lesioni gravissime 3.000 euro al massimo e la violenza sessuale 4.800 euro. Un decreto spot, entrato in vigore senza l'interesse concreto di risarcire i cittadini, ma con il solo scopo di scongiurare condanne della Corte di Giustizia europea che dieci anni prima aveva cominciato a richiedere a gran voce agli Stati membri indennizzi (definiti «equi e adeguati») per le vittime non risarcite dai colpevoli, in quanto nullatenenti.Uno stupro, 4.800 euro. È il caso di Sonia, una giovane torinese che si è vista attribuire la mancia dopo essere stata rapita e violentata da due romeni all'uscita di una discoteca. Gli autori dell'aggressione erano fuggiti dagli arresti domiciliari e una volta condannati come latitanti a dieci anni e mezzo di carcere, non sono più stati rintracciati. Così la ragazza ha iniziato la causa contro lo Stato (la prima dopo l'entrata in vigore della direttiva europea), ma nel febbraio scorso ha visto arrivare un indennizzo né equo, né adeguato all'orrore di quella notte e allo schiaffo morale nel vedere i suoi carnefici liberi e selvaggi. La stessa Cassazione ha definito quel risarcimento «essere circoscritto nell'area dell'irrisorio». Sonia è stata costretta a rivolgersi alla Corte di Giustizia europea e attende sviluppi.Sono tante le famiglie travolte dall'ingiustizia dei risarcimenti se non dall'assenza degli stessi, come capita a Gigliola Bono che da anni combatte la battaglia perché sua figlia Monia - uccisa e fatta a pezzi dal fidanzato - abbia giustizia anche dallo Stato. Qui dopo dieci anni siamo ai prodromi delle premesse: non è stato ancora individuato il tribunale competente. Anche per le vittime di mafia stessa pena, stessa trafila e risarcimenti dettati quasi dalla casualità. La legge prevede trattamenti diversi per le vittime della criminalità organizzata e del terrorismo, a conferma che neppure la morte è una livella. Dove non c'è più la pietà dello Stato rimane quella delle persone, unica consolazione di fronte al gelo istituzionale. Ieri, a quattro anni esatti dall'omicidio, affissa su un albero di piazza dell'Olmo a Terni è comparsa una lunga poesia in ricordo di David Raggi. Nessuna firma, solo il senso del sacrificio di un amico: «Apprezzato com'eri, decidesti di dar il colore a quelle pietre, dalle quali ora nascono fiori e pianti».