2022-07-03
La corsa di gas e petrolio non è ancora finita
Il ministro della Transizione ecologica dice che «l’Italia teme meno di altri» la chiusura dei rubinetti russi. Sarà, ma le tariffe restano alte. E il calo della domanda industriale è un brutto segno. Mentre il prezzo della benzina non è destinato a scendere.Da una chiusura dei gasdotti dalla Russia l’Italia avrebbe meno da temere rispetto ad altri Paesi europei, «è chiaro però che avremo un inverno difficile e francamente nessuno vuole fare misure restrittive», ha affermato ieri il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, intervenendo in una trasmissione televisiva. «Un conto è dire abbassiamo la temperatura del riscaldamento di un grado, o dire per qualche mese andiamo avanti con le centrali a carbone, perché intanto risparmiamo gas transitoriamente, un conto è dire dobbiamo interrompere le attività. Questo noi cerchiamo di non farlo, però devo dire che siamo in una posizione abbastanza buona in questo momento», ha concluso poi il ministro. Questione di prospettive. La situazione «buona» è figlia infatti di un calo robusto della domanda industriale di gas (circa -9% nei primi sei mesi dell’anno) e di una serie di decreti d’urgenza con cui, finalmente, dieci giorni fa si è intimato a Snam di provvedere ad acquistare gas per riempire gli stoccaggi. A oggi le riconsegne di Snam ai clienti industriali direttamente connessi sono ben al di sotto dei volumi registrati nel 2020, anno in cui l’industria italiana era alle prese con i drammatici effetti del lockdown pandemico. Quanto al riempimento degli stoccaggi, la sottovalutazione del problema si è trascinata per tre mesi, fino alla deliberazione del Consiglio dei ministri del 22 giugno. Da allora, il ritmo di riempimento si è decisamente alzato ed è arrivato a una media di circa 60 milioni di metri cubi al giorno, che è quella necessaria per assicurarsi una giacenza del 90% rispetto alla capacità entro fine ottobre. Fino a quel momento, si procedeva a un ritmo di 40 milioni di metri cubi al giorno, nettamente insufficiente. L’intervento tardivo di un super compratore come Snam ha un costo: i prezzi cui il gestore sta comprando sono in media sopra il Ttf (il mercato olandese di riferimento per i prezzi europei) di circa 12 euro/Mwh. Resta ancora da capire come il costo del gas sarà ripartito sul sistema e chi avrà titolo a erogare dagli stoccaggi: servirà un altro decreto del Mite per saperlo. In ogni caso, visti i prezzi di acquisto del gas estivo, è ormai certo che anche per l’inverno prossimo ci troveremo in presenza di prezzi alti. Intanto, l’Arera ha pubblicato l’aggiornamento delle tariffe per il mercato tutelato, che mostrano un netto aumento delle componenti legate al prezzo della materia prima, mitigato dall’intervento governativo per un valore di 3 miliardi. Con il decreto d’urgenza del governo (dl 30 giugno 2022, n. 80) si è evitato un aumento delle tariffe, che restano però altissime. Contrariamente alle bozze circolate giorni fa, nella versione del decreto pubblicata in Gazzetta Ufficiale non compare la tassa sui cosiddetti extra profitti sull’import di gas. Nelle versioni non ufficiali circolate prima dell’approvazione, il decreto prevedeva una tassa del 10% sulle differenze tra la tariffa fissata trimestralmente dall’Arera e il prezzo medio di importazione risultante dal contratto di importazione, applicata ai volumi importati non destinati allo stoccaggio. Il decreto finale non comprende invece questa nuova tassa: evidentemente, la segnalazione dell’Arera che mostrava le differenze minime tra i due prezzi ha portato a riconsiderare l’idea. Archiviata la discussione sul tetto al prezzo del gas, che forse tornerà sul tavolo a ottobre, in Europa la tensione sul mercato resta. Nei prossimi giorni il gasdotto Nord Stream 1, che collega direttamente la Russia alla Germania, sarà fermato per normali manutenzioni annuali. Dopo il taglio del 60% dei flussi attuato da Mosca, a Berlino si teme però che Gazprom possa decidere di non riattivare il flusso al termine dei lavori, che dovrebbero durare dieci giorni. È infatti proprio la manutenzione il motivo per cui il transito di gas verso la Germania è stato ridotto nelle scorse settimane. Il ministro delle Finanze tedesco, Christian Lindner, ha affermato ieri che nel caso di una sospensione dei flussi di gas dalla Russia lo Stato non potrebbe farsi carico di tutte le conseguenze. C’è da chiedersi come queste dichiarazioni saranno valutate dal Cremlino. A livello globale, sono i prezzi del petrolio a mostrare un andamento volatile. I timori per una recessione alle porte, le manovre deflazionistiche delle banche centrali e l’effetto dei lockdown in Cina si sono fatti sentire questa settimana, facendo scendere i prezzi del greggio di circa il 12%. Tuttavia, in generale i fondamentali della domanda fisica rimangono sostenuti e segnalano un eccesso rispetto all’offerta. Mentre le catene della distribuzione si modificano a causa dell’embargo sul petrolio russo, la domanda di benzine e diesel rimane forte e non dà segni di cedimento. Il crack spread, cioè la differenza tra i prezzi dei future sul gasolio e quelli sul petrolio greggio, rimane a livelli record, a significare la permanenza di una forte domanda combinata con le difficoltà della raffinazione, che oggi rappresenta il collo di bottiglia. Il prezzo della benzina alla pompa resta dunque alto, anche per via della scarsa performance dell’euro, che ha chiuso la settimana sui minimi a 1,04 rispetto al dollaro americano, un livello pari a quello registrato l’ultima volta nel dicembre 2002. Evidentemente il leggendario scudo fornito dalla moneta unica non è così impenetrabile.
Roberto Burioni ospite a «Che tempo che fa» (Ansa)
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