2022-07-31
La Consulta potrebbe spazzare via i diktat su puntura coatta e lavoro
I nodi sulla legittimità costituzionale del vaccino forzato saranno affrontati a novembre dalla Corte. Che potrà scardinare le direttive di Roberto Speranza costate l’impiego a migliaia di dipendenti di sanità, scuola e sicurezza.Si moltiplicano le questioni di legittimità costituzionale sollevate in tema di vaccinazioni obbligatorie. A metà luglio, un giudice del lavoro di Padova, Roberto Beghini, ha chiesto alla Consulta di decidere della legittimità delle circolari del ministero della Salute sulla «disciplina delle indicazioni e dei termini della vaccinazione», cui sono obbligati i sanitari. Le circolari, infatti, sembrano essere diventate fonti del diritto, al pari di leggi, regolamenti amministrativi e ogni altra normativa statale, ma il magistrato chiede «se la delega legislativa alle circolari» del ministro Roberto Speranza, sia conforme agli articoli 23 e 32 della Costituzione. Ovvero a quelle norme che prevedono che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge» e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Il quesito posto dal dottor Beghini è di enorme importanza. Il giudice, che ha fatto riammettere al lavoro un’infermiera non vaccinata, che per ben due volte aveva contratto il Covid eppure era stata sospesa dall’Azienda ospedaliera universitaria di Padova, contro la quale aveva fatto ricorso affidandosi all’avvocato Pierfrancesco Zen, ha dato dodici mesi di tempo all’operatrice sanitaria per mettersi in regola con la vaccinazione, basandosi sulla circolare del 21 luglio 2021. In quell’atto, infatti, si affermava che per i soggetti con pregressa infezione bastava un’unica somministrazione «purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i sei mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione». Non era precisato altro, quindi proprio in base al dettame costituzionale, solo all’operatore sanitario spetta decidere quando vaccinarsi, sempre entro il termine massimo di dodici mesi. Altro che obblighi entro tre o al massimo sei mesi dall’infezione, come Ordini professionali e aziende sanitarie stanno applicando a medici e infermieri guariti ma non in regola con la vaccinazione, basandosi su una circolare precedente, quella del 3 marzo 2021, secondo le indicazioni dell’Ufficio di gabinetto del ministero della Salute, «che si era attribuito un potere di cui non è facile individuare il fondamento normativo», scrive il giudice. Il magistrato patavino chiede che senso avrebbe, allora, una seconda circolare, quella del 21 luglio dello stesso anno, che si basa su «pareri scientifici cronologicamente successivi». Stabilito, dunque, che l’infermiera sospesa ha dodici mesi di tempo prima di vaccinarsi e che deve subito tornare al lavoro, regolarmente retribuita, il magistrato chiede alla Consulta di fare chiarezza sulle circolari di Speranza. Due i possibili scenari: se i giudici di piazza del Quirinale decidessero che una circolare non è lo strumento idoneo a decidere della salute delle persone, risulterebbero illegittime tutte le sospensioni dei sanitari che si basano sulla tempistica determinata dagli atti emanati e «affidata alla discrezionalità assoluta del ministro della Salute mediante una delega in bianco». Se, invece, la circolare venisse ritenuta dalla Consulta strumento idoneo, ma che l’unica da prendere in considerazione è l’ultima, quella del luglio 2021, un sanitario guarito invece di quattro dosi l’anno dovrebbe al massimo farne una. Aumentano, dunque, i nodi da sciogliere per i giudici della Consulta. Almeno otto sono le questioni attualmente pendenti in tema di vaccinazione Covid già pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e quindi visibili sul sito della Corte costituzionale. La più importante, o comunque quella che fece maggiormente clamore, è la richiesta avanzata il 17 gennaio di quest’anno dal Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) della Sicilia, e pubblicata il 22 marzo, di decidere sulla legittimità dell’obbligo vaccinale per i sanitari. Alle supreme toghe veniva anche chiesto di esprimersi sulla costituzionalità della sospensione in caso di inosservanza, e sull’irrazionalità del consenso informato anche in presenza di trattamento sanitario obbligatorio. «Da un punto di vista letterale, logico e giuridico, il consenso viene espresso a valle di una libera autodeterminazione volitiva, inconciliabile con l’adempimento di un obbligo», affermavano. La questione verrà esaminata il prossimo 30 novembre, quando in calendario ci sarà pure la discussione dell’ordinanza del Tar della Lombardia, dello scorso 30 marzo, che non aveva ritenuto incostituzionale la sospensione dall’attività degli «esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario». Nello specifico, si trattava di una psicologa sospesa dal proprio Albo. Sempre il 30 novembre, la Consulta dovrà decidere sulla legittimità costituzionale dell’immediata sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa dei docenti, messa in atto una volta accertato l’inadempimento dell’obbligo vaccinale, e che non fossero dovuti né la retribuzione né altro compenso o emolumento. Questione rimessa all’attenzione della Corte dal giudice del lavoro di Brescia, Mariarosa Pipponzi, il 28 febbraio di quest’anno. Quale atteggiamento assumerà la Consulta, in merito a questioni così delicate, non è dato sapere. Di sicuro, centinaia di migliaia di sanitari, di personale della scuola e della pubblica sicurezza aspettano di vedersi riconosciuti diritti calpestati in due anni e mezzo di pessima gestione della salute pubblica.
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