
La Corte di giustizia Ue ribalta le sentenze precedenti. La misura può valere fino a 5 miliardi e riguarda gli anni dal 2006 al 2011: «Concorrenza sleale». Scelta giusta per gli esercizi a scopo di lucro, ma non per scuole e asili che rimediano alle carenze dello Stato.Il pacco regalo in Vaticano arriva avvolto dalla bandiera dell'Europa, vessillo che di questi tempi equivale, per molti sacerdoti progressisti, a quello papale. Lo spirito europeo «senza se e senza ma» sarà quasi equiparabile allo Spirito santo, ma nel frattempo bussa a soldi. Tanti soldi, circa 5 miliardi (stima Anci), che presto Bruxelles inviterà lo Stato italiano a farsi dare dalla Chiesa per sanare il buco dell'Ici mai versata nel periodo 2006-2011. La fastidiosa benedizione arriva dalla Corte di giustizia dell'Unione europea che, accogliendo il ricorso della scuola Montessori di Roma (concorrente sostenuta dai Radicali), ha annullato due sentenze favorevoli alle tonache e imposto il pagamento delle tasse arretrate.La decisione piomba con il peso di un macigno sui bilanci delle diocesi italiane, conferma le insidie dell'euroburocrazia e cancella le certezze del passato, che poggiavano le basi su una indicazione della Commissione Ue del 2012 e su una sentenza del Tribunale europeo del 2016 che sembrava avessero chiuso la pratica sancendo «l'impossibilità di recupero dell'aiuto a causa di difficoltà organizzative» nei confronti degli enti cosiddetti non commerciali come asili, scuole, case di riposo, ostelli, cliniche. Come a dire: era impossibile con quelle banche dati e con quel catasto da terzo mondo verificare retroattivamente il tipo di attività e calcolare l'importo da recuperare. La Corte di giustizia, pronunciatasi in Grande chambre, ha smantellato proprio l'impianto assolutorio (per carità divina) e ha fatto notare che quelle portate a supporto costituiscono «mere difficoltà interne all'Italia, esclusivamente a essa imputabili» e non possono giustificare la resa nei confronti del recupero dell'Ici. La tirata d'orecchi alla Commissione europea è dolorosa. Si legge infatti nel dispositivo che «avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l'esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero anche solo parziale delle somme». Dalla sentenza è esclusa l'Imu dal 2012 in avanti (quella parte del ricorso è stata respinta), riformata da Mario Monti, con l'obbligo da parte della Chiesa di corrispondere l'imposta su tutto ciò che non è no profit. Esempio, se due appartamenti adiacenti l'oratorio sono utilizzati come sala catechismo il primo e come bed&breakfast il secondo, quest'ultimo paga l'Imu.Il tema è delicatissimo e il ripristino dell'imposta (per quei cinque anni) va a impattare direttamente su istituti strategici come le scuole cattoliche, che hanno valore sociale e ovviamente educativo, e che non possono essere paragonate agli ostelli e alle case di cura. E che non di rado sopperiscono nell'offerta formativa alle carenze strutturali dell'istruzione pubblica. Per non parlare degli asili, semplicemente indispensabili per affiancare la proposta insufficiente dello Stato laico. Detto questo, è anche vero che l'Europa trova nella sua perentoria richiesta un alleato formidabile in papa Francesco. Il Pontefice ha più volte ribadito che «se un convento lavora come hotel è giusto che paghi l'Imu. Bene guadagnare sull'accoglienza e sull'assistenza sanitaria, ma chi vuole farlo paghi le imposte. In caso contrario il business non è pulito».Una frase che ha fatto certamente raggelare il sangue nelle vene degli economi di alcune diocesi, orgogliosi di sentirsi manager senza aver mai dato neppure un esame di macroeconomia e facilmente manipolabili da parte di imprenditori con la necessità di entrare nel business, per esempio, delle case di riposo. La sentenza costituisce un precedente importante; senza una legge tutti gli enti non commerciali di confessioni religiose riconosciute dallo Stato italiano e del mondo no profit, di partiti e associazioni sportive, ne subiranno gli effetti.La reazione della Cei è attendista. Monsignor Stefano Russo, segretario generale della Congregazione dei vescovi, ha commentato così: «Chi svolge un'attività commerciale, per esempio di tipo alberghiero, è tenuto come tutti a pagare i tributi. Senza eccezione e senza sconti. Detto questo è necessario distinguere la natura e le modalità con cui le attività sono condotte. Una diversa interpretazione, oltre a essere sbagliata, comprometterebbe tutta una serie di servizi che vanno a favore dell'intera collettività». Poi ha sottolineato l'importanza della legittimità dell'Imu. «La Corte ha confermato l'esenzione dall'imposta quando le attività sono svolte in modalità non commerciale, quindi senza scopo di lucro».Ora lo Stato ha 5 miliardi da recuperare. Non sono pochi e certamente faranno gola perché utili a finanziare provvedimenti con coperture poco solide come il reddito di cittadinanza e la flat tax. La procedura prevede che la palla passi alla Commissione europea, chiamata a recepire la sentenza nel nome della commissaria alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager. Sarà il suo dicastero a dover emanare una direttiva nella quale chiederà allo Stato italiano di concordare le modalità per recuperare le tasse ecclesiastiche dal 2006 al 2012, periodo in cui era in vigore l'esenzione alle diocesi anche per le attività commerciali.Una volta ricevuto l'input dall'Europa, lo Stato incaricherà i Comuni di stabilire gli importi da recuperare e di diventare esattori diretti. Con un boomerang surreale: se l'Italia dovesse rifiutare o perdere tempo, la Commissione potrà deferirla alla stessa Corte di giustizia con una procedura d'infrazione per mancato adempimento di un obbligo comunitario. Difficile sfuggire al diktat. L'importante, come sempre, sarà evitare di sparare nel mucchio.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






