
Clamorosa sentenza delle sezioni riunite: si potrà produrre in casa per uso personale. L'allarme di San Patrignano: «Messaggio pericoloso per i giovani». Il M5s invece esulta.Coltivare la cannabis in casa non costituirà più reato. A stabilirlo, è stata la Corte di Cassazione, secondo cui «non costituiscono reato le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica. Attività di coltivazione che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante ed il modesto quantitativo di prodotto ricavabile appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore». Nonostante il pronunciamento si riferisca al possesso di minime quantità, si tratta comunque di una svolta decisiva. Se è vero che la coltivazione domestica di cannabis risulti ormai una pratica abbastanza diffusa, finora si rischiava tuttavia di incorrere in problemi di natura penale. In passato, la Consulta ha infatti sposato una prospettiva particolarmente dura sul tema, stabilendo che la coltivazione della cannabis costituisse un reato, indipendentemente dalla quantità di piante e dall'uso personale: una linea a cui la Cassazione si era sostanzialmente conformata. Lo scorso maggio, la Corte aveva tra l'altro stabilito che fosse reato commercializzare i prodotti derivati dalla cannabis light, innescando in tal modo un vivace dibattito politico. Insomma, con questo nuovo pronunciamento, la Cassazione sembra cambiare drasticamente linea. Negativo il parere del dottor Antonio Boschini, direttore medico della comunità di San Patrignano, che - contattato dalla Verità - ha affermato: «Per quale motivo uno deve coltivare la cannabis? Se uno se la deve tenere in casa e coltivarsela in casa, lo fa a scopo decorativo? Credo che nessuno coltivi la cannabis a scopo decorativo. Quindi è evidente che chi la coltiva, lo fa per consumarla. E se la cannabis non ha alcun effetto, per quale motivo uno la deve coltivare e consumare? È evidente», ha proseguito Boschini, «che questo pronunciamento fa fede a un principio che poi nella pratica non viene realizzato. Se la voglio consumare, la voglio consumare in funzione di un'azione che la cannabis svolge. Quindi è negativo sia dal punto di vista della salute e poi è molto negativo anche per il messaggio che viene dato alle persone. E quando dico le persone, faccio riferimento alle persone estremamente giovani, cioè agli adolescenti. Da un lato, andiamo nelle scuole a spiegare che questa sostanza può essere estremamente nociva, e poi dall'altra parte facciamo delle leggi per cui diciamo che la si può tranquillamente coltivare in casa. È una schizofrenia della comunicazione», ha concluso. Il nuovo pronunciamento della Cassazione è destinato a entrare a gamba tesa anche nel dibattito politico, evidenziando ulteriormente una certa propensione della magistratura a intervenire su questioni che dovrebbero essere di natura legislativa. Il tema della cannabis del resto risulta particolarmente caldo. Si pensi solo allo scontro parlamentare, consumatosi pochi giorni fa, quando il presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha dichiarato inammissibile nel maxi emendamento del governo l'introduzione di alcune norme che avrebbero di fatto permesso la commercializzazione della cannabis light. Una mossa, che aveva suscitato il plauso del centrodestra e le ire del Movimento 5 stelle. Quello stesso Movimento 5 stelle che ieri ha non a caso cantato vittoria, con il senatore grillino Matteo Mantero che ha dichiarato: «Oggi si mette fine alla stortura tutta italiana di una legge che consegnava il mercato monopolista delle droghe leggere nelle mani della mafia». Una posizione fatta propria ieri anche dagli esponenti di + Europa.
Mattia Furlani (Ansa)
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