Gli interventi di riqualificazione partono da una spesa media di 35.000 euro, ma in molti casi la si supererà. Non fare i lavori comporta una svalutazione fino al 40%. Intanto i mutui per certe classi sono già schizzati.
Gli interventi di riqualificazione partono da una spesa media di 35.000 euro, ma in molti casi la si supererà. Non fare i lavori comporta una svalutazione fino al 40%. Intanto i mutui per certe classi sono già schizzati.Due anni di sofferenze e stillicidio. Alla fine le norme europee sulle case green sono diventate legge. In molti già ieri hanno commentato a caldo ricordando che le prime versioni della stretta erano ben più radicali. Vero. La stessa magra consolazione di chi si aspettava un calcio ben piazzato e si ritrova un manrovescio. A bocce ferme vale la pena entrare nei dettagli. In sintesi, per gli edifici residenziali, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 22% entro il 2035. In base alla nuova direttiva, i Paesi dovranno inoltre ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica. Se tecnicamente ed economicamente fattibile, i Paesi membri dovranno garantire l’installazione progressiva di impianti solari negli edifici pubblici e non residenziali, in funzione delle loro dimensioni, e in tutti i nuovi edifici residenziali entro il 2030. Inoltre, in tema di riscaldamento degli immobili, gli Stati membri dovranno spiegare come intendono predisporre misure vincolanti per decarbonizzare i sistemi di riscaldamento eliminando, gradualmente, i combustibili fossili nel riscaldamento e nel raffreddamento entro il 2040. A partire dal 2025, sarà vietata la concessione di sovvenzioni per le caldaie autonome alimentate con combustibili fossili. Saranno ancora possibili incentivi finanziari per i sistemi di riscaldamento che usano una quantità significativa di energia rinnovabile, come quelli che combinano una caldaia con un impianto solare termico o una pompa di calore. Le esenzioni non sono poi così numerose. La legge non si applica agli edifici agricoli e a quelli storici e i Paesi membri possono decidere di escludere anche gli edifici protetti per il particolare valore architettonico o storico, gli edifici temporanei, le chiese e i luoghi di culto. Fin qui abbiamo elencato i punti teorici del testo europeo. Ben più delicata è la messa a terra delle novità. Gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici comporteranno un costo medio compreso tra i 35.000 e i 60.000 euro ad abitazione, e solo per la sostituzione della caldaia con un modello di nuova generazione la spesa può arrivare in Italia a 16.000 euro. «I lavori di riqualificazione più comuni e che interessano cappotto termico, infissi, caldaie e pannelli solari hanno costi molto diversificati», spiega il Codacons, «a seconda della tipologia dei materiali scelti e dell’ubicazione territoriale degli edifici». Il cappotto termico, ad esempio, ha un costo medio compreso oggi tra i 180 e i 400 euro al metro quadrato, mentre per gli infissi la spesa varia in media da 10 a 15.000 euro. Per una nuova caldaia a condensazione, considerata una abitazione da 100 metri quadri, la spesa va dai 3.000 agli 8.000 euro mentre per l’acquisto e l’installazione di «una pompa di calore il costo oscilla tra i 6 e i 16.000 euro a seconda dell’impianto scelto», analizza il Codacons. Per un impianto fotovoltaico da 3 kilowatt la spesa da sostenere è di circa 7.500-10.500 euro, a seconda del tipo di pannelli fotovoltaici utilizzati. Mettendo assieme tutte le voci si arriva a una somma di 60.000 euro, sempre considerando una abitazione di 100 metri, e potrebbero determinare nel medio termine effetti enormi sul mercato immobiliare, portando a una svalutazione fino al 40% del valore degli immobili. Ovviamente non oggetto di lavori di riqualificazione. I dati indicati dalle associazioni dei consumatori non sono certo peregrini. Sono confermati da studi indipendenti di chi si occupa delle compravendite. Ma anche da chi si occupa di credito e sindacato bancario. «I tassi d’interesse praticati per questo tipo di operazioni», ha detto il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, durante la trasmissione Mattino Cinque News riferendosi alle abitazioni di classe A, B, e C, «vanno dal 2% al 3% e sono di fatto la metà rispetto all’attuale media di mercato che è tra il 4% e il 5%. Si tratta di prestiti a tasso fisso fino a 30 anni che, nel caso di ristrutturazioni, se le condizioni lo consentono, possono aggiungersi a finanziamenti già attivi, quelli cosiddetti in essere». Ciò che Sileoni non ha detto, forse per via dei tempi ristretti della tv, è che la forchetta dei mutui per le case che non saranno a norma salirà ancora. In pratica, chi non avrà la liquidità disponibile e soldi a sufficienza per ammodernare gli immobili vedrà svalutata la casa di un buon 40%. Chi invece vorrà comprarne una e non avrà fondi sufficienti dovrà chiedere un mutuo che pagherà molto più caro rispetto a quello che le banche faranno a chi potrà permettersi una abitazione di classe premium. Per capirsi le prime tre classi a oggi rappresentano solo il 12% degli oltre 12 milioni di immobili. E quindi chi oggi è povero domani sarà un po’ più povero e chi è povero dovrà spendere di più per farsi una casa di proprietà.
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