2022-06-14
La cappa dei tromboni si squarcia in libreria
I libri dei nostri Veneziani e Giordano (ma non solo) sono arrivati in vetta alle classifiche di vendita. Un bel segnale: esiste ancora una fetta di italiani immuni alle versioni dominanti, si tratti di Covid o guerra. Ma occhio, la prossima «dose» sarà sull’ambiente. Il più delle volte, l’osservazione delle classifiche di vendita dei libri italiani si rivela un esercizio sconfortante. Quando va bene, l’elenco dei testi a maggior diffusione mostra una devastante uniformità culturale (le prime posizioni sono tutte occupate dalle preziose opere dei maestrini del pensiero gauchiste). Quando va male, trionfano manuali di auto aiuto e paccottiglia di vario genere. Talvolta, però, si manifestano eccezioni. Appaiono nelle liste titoli inaspettati, o pervasi da uno spirito anche solo appena differente da quello prevalente. Negli ultimi giorni ci ha rincuorato notare che fra i dieci tomi di maggior successo - secondo gli elenchi pubblicati da Corriere della Sera e Repubblica - sia presente il nuovo libro di Mario Giordano (Tromboni, edito da Mondadori). Ovvio: siamo felici per Mario che è un collega e un amico, ma il punto non è affatto questo. A importarci è il fatto che questo libro si occupa proprio dell’angosciante conformismo italiano. Qualche settimana fa aveva provato un’analoga sensazione quando abbiamo visto apparire nel novero dei bestseller La Cappa (Marsilio) di Marcello Veneziani, il quale - pur con altri toni e differenti contenuti - va comunque a sfiorare il terreno battuto da Giordano. Ebbene, queste due eccezioni alla norma (a cui si aggiungono i risultati di vendite molto buoni ottenuti da altri testi, alcuni dei quali firmati da collaboratori di questo giornale) ci fanno pensare che molti italiani stiano iniziando a stancarsi del clima opprimente, e rifiutino la soffocante museruola che viene imposta ormai da troppo tempo al pensiero indipendente. Molti connazionali sono stanchi della cappa ideologica che ancora ci resta avvinghiata alle membra e alla mente; molti altri si sono sinceramente stufati dei troppi tromboni che affollano l’arena. Si tratta di due sfumature della medesima, sgradevole situazione in cui tutti noi ci troviamo immersi da parecchio, ma che negli ultimi due anni ha superato ogni livello di guardia, fino ai casi eclatanti di questi giorni. La famigerata lista dei «putiniani italiani» - pubblicata dal Corriere della Sera sulla base di fonti che, allo stato attuale, risultano per lo meno ambigue - altro non è se non la versione più estrema e trasparente di una repressione del dissenso che abbiamo ripetutamente visto all’opera (nemmeno troppo sotto traccia). Abbiamo già avuto occasione di rilevare come nel dibattito pubblico sulla guerra in Ucraina si siano ripresentate tutte le storture e le psicosi emerse in tempo di Covid. Dopo mesi di ossessiva ripetizione delle stesse formule («l’Ucraina può vincere, l’esercito russo è al collasso»), ora emerge la ruvida verità, e cioè che i russi non sono implosi e non stanno arretrando, al contrario avanzano nel Donbass. Fatti che erano stati ampiamente previsti da osservatori i quali, da tali analisi realiste, hanno ricavato insulti, minacce e accuse di intelligenza col nemico. Riguardo al virus si viaggia su analoga frequenza. Giusto ieri, sulla prima pagina della Stampa si affacciavano due titoli stupefacenti. Il primo lanciava l’allarme sull’eccessiva presenta di «medici a gettone», spesso poco qualificati e inesperti, nella sanità italiana. L’altro inveiva per «l’assurda maturità con la mascherina». Entrambi gli argomenti sono stati ampiamente trattati dal nostro giornale e da trasmissioni come Fuori dal coro un bel po’ di tempo fa. Ora vengono ripresi da un quotidiano che è stato tra i più feroci castigatori di (presunti) no vax. Di nuovo, la verità viene a galla, ma nel frattempo quelli che l’avevano intuita sono stati vessati, oscurati, presi d’assalto. Vediamo dunque che la cappa rimane, e che i tromboni continuano ad essere in servizio permanente, anche se un’ampia fetta degli italiani dà segni di evidente stanchezza e di pressante insofferenza. Il pensiero prevalente non ha cambiato di segno, la Cattedrale sanitaria è rimasta al potere, la Babilonia liberale ha ancora i fuochi accesi. Hanno spudoratamente mentito e manipolato l’informazione, poi come se nulla fosse hanno cambiato versione in maniera sfacciata, intanto proseguono a discriminare i dissenzienti e a orientare la discussione pubblica. Se da una parte c’è da constatare con ottimismo che non tutte le menti sono obnubilate ma tante ancora funzionano più che dignitosamente, dall’altra si deve essere consapevoli che la morsa dell’ideologia dominante non si attenuerà. Anzi, già si annusano le nuove gabbie del pensiero. Piccolo esempio: a chi scrive, nei giorni scorsi, è capitato di partecipare a un dibattito televisivo sulla cosiddetta «rivoluzione green». Per mancanza di tempo, e per il fatto che uno degli interlocutori (il climatologo Luca Mercalli) dopo pochi istanti ha abbandonato lo studio fortemente irritato, la discussione è stata abbastanza superficiale e incompleta. Nonostante ciò, il solo fatto di aver citato un autore critico rispetto alla tesi prevalente - e cioè che il riscaldamento globale sia la principale minaccia all’esistenza e che vada risolto azzerando le emissioni prima di subito, senza nemmeno ragionare lucidamente - mi ha donato un’ondata di insulti e di attacchi per lo più scomposti. Poco male, per quanto mi riguarda. Ma malissimo - ancora una volta - per la salute del confronto collettivo. Anche sul tema ambientale l’inquisizione liberal è scattante e feroce. Supponiamo dunque che la prossima emergenza a cui far seguire mobilitazione totale sarà appunto quella «verde». Altre ne seguiranno, ovviamente, poiché l’attuale sistema si evolve tramite choc e reset successivi. In conclusione, la lezione è duplice: apprendiamo che, nel caos di Babilonia, la vita resiste, ci sono ancora spazi di pensiero. Ma questi spazi vanno restringendosi. Non sorprende: quando il re si accorge d’esser nudo, quasi sempre reagisce con violenza.