2025-11-12
Una borseggiatrice ruba 2.500 euro al giorno
Sommati, fanno 700.000 l’anno, un guadagno paragonabile a quello dei giocatori di Serie A e paurosamente vicino alle cifre ottenute da crimini come spaccio, prostituzione e tratta di esseri umani. Indagine a Venezia: 23 provvedimenti cautelari.Ogni tanto una buona notizia: prime borseggiatrici finalmente in cella. Venti donne e tre uomini, tutti senza fissa dimora. Dopo due anni di inchieste, per la prima volta, si è superato quel continuo entra ed esci dalla galera che aveva caratterizzato questo tipo di figure, beccate di continuo in flagranza e arrestate per poi essere scarcerate poco dopo.Ma non finisce qui, sedetevi e preparatevi alla seconda notizia. La media giornaliera dell’incasso arrivava a 2.500 euro e talvolta li superava. Il numero ha dello straordinario: il guadagno raggiunge quello del 90% dei calciatori di Serie A, anzi, qualcosina in più, e così rientrano anche loro nel 10% più pagato, più di 700.000 euro l’anno. Non siamo ai livelli dei guadagni per spaccio, prostituzione o tratta di esseri umani e bambini, ma siamo nei dintorni. Ci sono voluti due anni di indagine, e queste misure restrittive emesse dal gip Lea Acampora, su richiesta del pm Giorgio Gava, si sono avvalse dell’inchiesta dei carabinieri veneziani iniziata nell’estate del 2023 e andata avanti fino alla fine del 2024, anche sulla base di filmati pubblicati da privati. Vi ricordate il caso di quel ragazzo di Milano che è stato gonfiato di botte perché riprendeva le borseggiatrici? Ecco, in questo caso veneziano, non solo non sono stati presi a botte coloro che riprendevano, ma qualche immagine è finita nei fascicoli. Altro che razzismo, semmai un aiuto alla legalità.Il quadro che c’è dietro a tutto questo è a dir poco agghiacciante, non un thriller ma un horror, un film dell’orrore in tutti i sensi. Queste ragazze incinte venivano costrette a rubare da un vero e proprio gruppo criminale specializzato, appunto, in furti e reati commessi in luoghi affollati. A una di loro vennero sferrati in pancia, mentre era incinta, pungi e calci per costringerla a rubare; coltelli puntati in faccia a ragazze dodicenni e tredicenni, sempre incinte, per costringerle a non tornare al campo o da altre parti (quasi tutte rom e sinti) senza portare il loro fatturato quotidiano di 2.500 euro. Come riporta un quotidiano veneto: «Violenze, minacce, percosse, umiliazioni e schiavitù. Le giovani più grandi dentro ai clan di rom e sinti, che avrebbero dovuto fare da madri alle piccole, si sono trasformate nelle loro aguzzine». Se questo hanno fatto le donne sulle donne, anzi, le madri sulle figlie, non oso pensare cosa abbiano fatto gli uomini su queste donne. E non è fuori luogo la domanda su chi sia il vero padre di questi bambini presi a calci mentre ancora erano nel ventre materno. «I reati vanno dal furto in concorso, alle violenze e minacce, lesioni, indebito utilizzo e falsificazione di carte, ricettazione e riciclaggio. Un vero e proprio gruppo criminale specializzato».Nella mia trasmissione mi sono spesso occupato di questo fenomeno, sia a Milano che a Roma che a Venezia che in altre città, e da subito apparve chiaro, pur senza che nessuna di queste ragazzine trovasse il coraggio di dirlo, che dietro a questo fenomeno c’era un fenomeno di tratta in schiavitù delle ragazze stesse. Molte di esse venivano messe incinte a ripetizione perché in quel modo era loro assicurata una certa immunità che permetteva a questi bastardi e a queste bastarde più grandi di loro di obbligarle a fare quello che poi facevano. Circolavano pezzi di intercettazioni dove ci si riferiva a un fantasmagorico capo che era una sorta di boss mafioso a tutti gli effetti perché usava la violenza, il terrore e l’organizzazione criminale. Complimenti al Tribunale di Venezia che ha creduto che questo fenomeno non fosse una ragazzata, ma che dietro ci fosse ciò che per noi risultò evidente da subito: un’organizzazione violenta e criminale. Non oso immaginare, inoltre, gli abusi subiti da queste ragazzine sui 13 o 14 anni, nel momento in cui, al termine dell’adolescenza, si dovrebbe creare quella struttura psicologica e caratteriale che rappresenta le fondamenta di un’intera vita. Chi può ripagare la distruzione di una personalità che da «qualcuno» si trasforma in «qualcosa» secondo le leggi della criminalità organizzata, esattamente come la mafia, la ’ndrangheta e la camorra? Si distrugge la personalità degli adolescenti e dei giovani in modo che al posto dei sentimenti prenda spazio solo la paura e il terrore? Chi e come potrà aiutare queste persone a ricostruire la loro personalità secondo i canoni che avrebbero dovuto guidare un normale percorso di psicologia evolutiva? Il fetore che emana da coloro che hanno obbligato, costretto, schiavizzato e violentato queste ragazzine supera di gran lunga l’odore di una fogna. E chi puzza come una fogna è bene che passi qualche anno nella fogna stessa, non nel senso di una disumanizzazione dei diritti dei carcerati, ma nel senso di pene pesanti come quelle che i mafiosi si presero con il 41-bis voluto dall’allora ministro Martelli dopo le morti di Falcone e Borsellino, con le stragi che fecero da contorno. In questi giorni, in cui si discute tanto sulla riforma della magistratura e dopo tutto quello che è venuto fuori dal caso Palamara, ebbene, questa è una boccata d’aria per tutti noi cittadini italiani. Un plauso totale e assoluto alla magistratura veneta che si è occupata di questo caso, ci ha creduto, e ai carabinieri che ci hanno lavorato per due anni e alla fine hanno sgominato questa banda. Occhio, però, non si pensi che la questione sia limitata a Venezia e non si pensi che questa sia l’unica organizzazione criminale che opera interna a questo mondo. Forse, ma solo forse, potrebbe anche darsi il caso che ci sia un’organizzazione unica che opera su tutto il territorio nazionale; se non unica almeno collegata, e anche di questo nelle nostre inchieste giornalistiche di Dritto e Rovescio, da un po’ di tempo, abbiamo avuto il sentore. È il momento di non abbassare assolutamente la guardia ma di procedere perché c’è di mezzo la sicurezza dei cittadini, la riduzione in schiavitù di minorenni, tra l’altro incinte, la brutalità orrenda di alcuni soggetti che operano queste violenze e che gestiscono questo folle ammontare di soldi. Chi restituirà ad alcune persone scippate il senso di sicurezza quando svolgono la loro vita normale, magari prendendo i mezzi pubblici o camminando tranquillamente per strada? Il lavoro è cominciato bene e deve proseguire con la stessa forza, lo stesso coraggio, la stessa tenacia che ha caratterizzato questa operazione coordinata dal Tribunale di Venezia e dai carabinieri.
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