2020-02-02
La campagna elettorale per Confindustria prevede il bavaglio
Dopo la riforma Pesenti, i candidati in corsa non possono esternare il programma. A Torino Vincenzo Boccia parla di sociale invece che di industria.Il presidente uscente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha aperto la giornata torinese. Lì, all'ombra di un Lingotto che ormai è memoria di una industria che ora ha portato la testa in Olanda e Stati Uniti, si sono voluti celebrare i 110 anni di nascita dell'associazione. A parlare dei fasti del passato ci ha pensato la stesso Boccia, che sul futuro invece si è limitato a raccontare l'importanza di «essere attori sociali» per passare poi il microfono all'ex premier Romano Prodi. L'uomo dell'Ulivo ha addirittura auspicato la nascita del sindacato unico. «Lo sostengo da tanti anni», ha sentenziato, «il pluralismo sindacale non giova al Paese perché per definizione un sindacato deve andare più avanti dell'altro e in questo caso la concorrenza non può essere virtuosa. È una concorrenza che non ha senso perché il Paese è unico». Ci saremmo aspettati progetti pe r il rilancio del manifatturiero, idee per risolvere la crisi dell'ex Ilva, e - perché no - spunti per superare il sistema antiquato e fallimentare dei tavoli di crisi. Invece, parole politically correct e spunti un po' troppo cattocomunisti. Zero polemiche o tentativi di buttare il cuore oltre l'ostacolo. E dire che questa in corso è la settimana più calda per decidere la corsa alla successione a Boccia, che dal conto suo ha festeggiato la fine effettiva del mandato e l'avvio del semestre bianco portando in tribunale la richiesta di ristrutturazione dei debiti della sua Arti grafiche spa. Dai candidati ieri non si è sollevato alcun commento. Né suggerimento. Il paradosso è che non possono farlo.Questa campagna elettorale è la prima ad essere silenziata. Uno degli aspetti della cosiddetta riforma Pesenti (entrata in vigore nel 2017) prevede infatti che gli autocandidati non debbano esternare idee, rilasciare interviste sul merito e, di conseguenza, anche avviare polemiche sui temi delle rispettive campagne elettorali. In pratica il sogno delle sardine, che vanno in piazza per chiedere all'opposizione di tacere e al governo di imporre l'uso del politically correct a chiunque ambisca fare politica. Il risultato è che, mentre Boccia va sul palco, i candidati non spiegano ad alcuno le idee di rilancio o almeno il motivo per cui dovrebbero diventare a maggio presidenti. Secondo risultato dell'effetto «silenziatore» è che la trasparenza va un po' a ramengo. Giovedì scorso i saggi hanno avviato le auto candidature ed entro il 6 si chiuderanno i giochi. Un lasso di tempo così breve che inevitabilmente favorisce chi per primo ha iniziato a preparare la battaglia: il favorito, dunque. Che al momento resta il numero uno di Assolombarda, Carlo Bonomi. I numeri, o meglio le indiscrezioni ancora oggi lo danno avanti con più di 30 lettere di sostegno in vista del 6 febbraio quando si ufficializzerà la corsa. Giuseppe Pasini, fino a poco tempo fa considerato ultimo della fila ha riunito il consenso di almeno 25 tra territoriali provinciali, regionali e qualche merceologica. Oltre a Brescia, ha dalla sua Verona Vicenza, Reggio Emilia, Como, Varese, Udine. Toscana Nord e altre. Un consenso che sembra dovuto al background industriale di Pasini. Il proprietario di Feralpi si sta muovendo per sensibilizzare le varie associazioni sui temi del manifatturiero e così facendo si sta ponendo in diretto contrasto con Bonomi che dalla sua ha un fatto fatto di servizi, nonostante guidi una delle principali territoriali d'Italia. Il balzo dell'imprenditore bresciano, al di là del peso dell'acciaio, sarebbe anche dovuto all'accordo con Emanuele Orsini che nei giorni scorsi si è sfilato dalla corsa, in cambio, probabilmente, della vice presidenza. Se gli equilibri si dimostrassero effettivamente quelli da noi descritti, il terzo candidato diventerà un importante ago della bilancia. Licia Mattioli che a oggi avrebbe già raccolto i 20 voti necessari per superare il primo sbarramento, ha il sostegno del Centro Italia e di una parte del Sud. Soprattutto è vicina ai gangli amministrativi di Viale dell'Astronomia, quelli guidati - per intendersi - dalla direttrice generale Marcella Panucci. Insomma, se i candidati potessero parlare, racconterebbero di una situazione che si fa calda. Bonomi non potrà correre da solo. Deciderà di fare patti con la Mattioli? Avrebbe senso, ma dovrebbe andare contro a oltre due anni di dichiarazioni di contrasto. Dovrebbe un po' rimangiarsi la dialettica del Nord contro Roma, peraltro decisamente giustificata dai fatti. Bonomi ha già il consenso della Puglia, ma se vorrà fare lo sprint dovrà portare a casa anche i voti della Sicilia. L'isola però è ancora scossa dal caso di Antonello Montante e nonostante le vicende giudiziarie l'ex capo di Sicindustria. Anche in questo caso, un patto sarebbe rischioso per Milano. Restano infine i contenuti. Quali saranno le ricette per rilanciare l'industria pesante, l'industria della Difesa e i porti italiani? Attendiamo indicazioni, sperando che il bavaglio della riforma Pesenti venga sciolto per evidente paradosso.