2021-01-07
La benedizione del Papa all’anno arcobaleno
Il 2021 si apre con un intervento di Jorge Maria Bergoglio su Vanity Fair per celebrare vaccini e «amore senza barriere». È il segno che le priorità sono sempre le stesse. E nei prossimi mesi, tra ddl Zan e eventi antirazzisti, vedremo il trionfo delle minoranzeTalvolta i segni dei tempi sono particolarmente evidenti e suggestivi. Nell'Antico Testamento ci imbattiamo nelle righe iniziali del Qohélet (o Ecclesiaste): «Vanità delle vanità: tutto è vanità». Il senso diventa ancora più chiaro nella celebre traduzione di Guido Ceronetti: «Ecco che fumo è tutto/ soffio che ha fame/ E nulla c'è che valga sotto il sole». Le «cose mondane», dunque, sono solo un'illusione, e non c'è nulla che valga tranne ciò che è fatto in gloria di Dio. Risulta allora piuttosto sorprendente vedere il volto sorridente di papa Francesco che troneggia sulla copertina di Vanity Fair, cioè la fiera delle vanità, dove il «fumo» del mondo è il solo valore. Sul numero del settimanale uscito ieri, accanto al viso del Pontefice, si trova la frase «Fratelli tutti» tradotta in varie lingue. poiché si tratta - spiega il comunicato di presentazione della rivista - di «un invito universale rivolto a ogni uomo e donna a essere una grande famiglia umana oltre le diversità, anzi proprio accettando, amando e rispettando le diversità di tutti». Se passiamo questo testo nel filtro ideologico che caratterizza Vanity Fair, ci rendiamo conto che «le diversità» sono le «minoranze», cioè la grande ossessione della cultura liberal. Migranti, Lgbt: qualunque cosa contrasti l'odiosa norma bianca-europea-eteropatriarcale. Dopo tutto, Vanity è il giornale di partito della nuova aristocrazia «democratica» e attenta ai diritti. Non perde occasione per celebrare i meravigliosi vantaggi dell'immigrazione di massa, per sostenere la causa del nuovo femminismo chic o per portare avanti campagne contro le varie discriminazioni (più presunte che vere). Ricordiamo, tra gli altri, l'ampio servizio dedicato qualche tempo fa ai minorenni transgender: un'ode al diritto di cambiare sesso in tenera età, perché tutti hanno «diritto» a scegliere il proprio «ruolo di genere». Colpisce, dunque, l'amorosa corrispondenza con Bergoglio, autore anni fa di un discorso molto critico verso la cultura del neutro che cozza decisamente con la visione del mondo trans. Come si può conciliare il messaggio del Papa con la sfavillante fiera delle vanità? È abbastanza semplice, in fondo: basta eliminare ogni riferimento alla fede. Un giochino che è riuscito quasi completamente al settimanale patinato. Il testo firmato da Francesco che apre il numero speciale - «una rielaborazione della benedizione Urbi et Orbi che il Papa ha letto il 25 dicembre» appositamente realizzata per la rivista - potrebbe essere stato scritto da qualunque attivista umanitario. «Oggi, in questo tempo di oscurità e incertezze per la pandemia, appaiono diverse luci di speranza, come le scoperte dei vaccini», scrive Bergoglio. Il concetto è ribadito in un sommario: «Dopo “oscurità e incertezza" si affaccia una “luce di speranza": il vaccino». Stupisce che, parlando di luce, manchi del tutto un riferimento a Cristo. Stupisce ancora di più se si considera la data di uscita del settimanale: il 6 gennaio, l'Epifania. Ovvero la «manifestazione della luce», ovviamente la luce divina del Bambino che anticipa in questo giorno i misteri pasquali. Nel brano di Bergoglio, tuttavia, Gesù non c'è. Dio compare alla quartultima riga, ma solo per ribadire che il volto del Signore è riflesso «nel disoccupato, nell'emarginato, nel migrante e nel rifugiato». Nelle minoranze, insomma, che sono le vere divinità del nostro tempo. Che Vanity abbia un po' manipolato il testo al fine di renderlo fedele alla linea? Non proprio. Sentite che scrive il direttore Simone Marchetti: «Avevamo un sogno, a Vanity Fair, per la fine del 2020: iniziare l'anno nuovo con un messaggio di papa Francesco, affidare a lui il compito di aprire il 2021 con la fiducia in un domani migliore. Nei mesi scorsi, abbiamo parlato a lungo con i suoi collaboratori. E oggi siamo fieri di questo numero che riporta due grandi temi cari al Pontefice e fondamentali anche per Vanity Fair: il rispetto e l'amore per le diversità, tutte le diversità». Tutto concordato, dunque. E infatti sulla rivista appare anche un articolo di Andrea Tornielli, direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, in cui ancora una volta si insiste sulle «diversità». E, soprattutto, sulla necessità di abbattere «frontiere o distinzioni culturali e politiche» in nome di un «amore senza barriere». Vediamo già un bell'arcobaleno sorgere all'orizzonte, e ci rendiamo conto che - virus o non virus - i temi centrali del prossimo futuro saranno sempre gli stessi: immigrazione, minoranze, diritti Lgbt. Serviva appunto una benedizione adeguata per aprire un anno che si annuncia multicolore. A breve, tanto per ricordare qualche scadenza, tornerà in Parlamento il ddl Zan, si suppone per l'approvazione definitiva (sempre che il governo regga). Prove di bavaglio rainbow, in ogni caso, stanno già andando in scena da qualche giorno. Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti (Cnog) ha appena modificato il Testo unico dei doveri del giornalista, in pratica il codice deontologico della carta stampata. Nei nuovi articoli si richiede il «rispetto delle differenze di genere» e si ribadisce la necessità di «evitare stereotipi di genere». Nel frattempo l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) della presidenza del Consiglio si appresta a iniziare assieme all'Istat una bella indagine sulle «discriminazioni nei confronti delle persone Lgbt nel mondo del lavoro». E se l'impegno a favore delle minoranze non fosse sufficiente, ecco pronti 350.000 euro da spendere per la prossima «Settimana contro il razzismo» (21-27 marzo). Quasi conforta sapere che le priorità sono sempre quelle. Dice Qohélet: «C'è un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato». Che lo sradicamento prosegua, allora.