2021-04-29
La banca di sistema soccorre il sistema. Intesa, 400 miliardi a imprese e famiglie
Il gruppo guidato da Carlo Messina si candida a diventare riferimento per il Pnrr di Mario Draghi. Tensione tra i grandi soci delle Generali.Il sistema bancario italiano è chiamato alla sfida della ripartenza dopo l'emergenza Covid. Ma i prossimi mesi saranno serviranno anche per sostenere il Recovery plan annunciato da Mario Draghi, sia con il monitoraggio dei progetti sia con il cofinanziamento laddove necessario. Un ruolo di primo piano verrà giocato dalla «banca di sistema», Intesa Sanpaolo. Non a caso ieri, davanti ai soci riuniti in assemblea, l'ad Carlo Messina ha sottolineato che proprio nell'orizzonte del Pnrr il gruppo da lui guidato «intende mettere a disposizione oltre 400 miliardi di erogazioni a medio-lungo termine, di cui oltre 140 miliardi alle famiglie, circa 120 miliardi alle imprese con fatturato fino a 350 milioni, circa 150 miliardi a imprese con fatturato superiore a 350 milioni». Per Messina il Pnrr deve diventare il piano delle filiere e dei distretti industriali. «Intesa Sanpaolo», ha aggiunto, «è idealmente posizionata, grazie alla propria rete, per garantire un approccio integrato, inclusivo e trasversale rispetto a imprese capofiliera, pmi microimprese e start up, necessario per accelerare iniziative di sistema lungo la supply chain, che abilitino progetti di innovazione e transizione sostenibile, con un impatto positivo su competitività internazionale, resilienza e sostenibilità di tutte le imprese, incluse quelle di piccola e media dimensione». Il gruppo detiene circa 100 miliardi di euro di titoli del debito pubblico, è il secondo creditore dello Stato dopo la Bce e negli ultimi tre anni ha realizzato un utile netto complessivo di circa 10 miliardi. Gestisce 1.200 miliardi di risparmi degli italiani, ha accordato 500 miliardi di euro di crediti, quasi un terzo del Pil nazionale e sui conti correnti attivi della banca passano ogni giorno transazioni per 35 miliardi. Ma l'attività «di sistema» di Intesa è anche quella verso le comunità: «nel 2020 abbiamo raddoppiato le donazioni a favore della sanità, del sociale e della cultura a 184 milioni di euro, con interventi strutturali per il sistema sanitario nazionale e per portare avanti quello che è il più grande piano in Italia di contrasto alla povertà distribuendo 17 milioni tra pasti, posti letto, farmaci e indumenti a sostegno di enti e associazioni caritative», ha ricordato ieri Messina. Aggiungendo che con le sigle sindacali è stato definito anche un progetto di assunzioni di giovani con 3.500 nuovi ingressi entro il 2024. Grazie all'integrazione con Ubi, ha poi ricordato l'ad, «abbiamo rafforzato un campione europeo in grado di sostenere e promuovere il rilancio economico e sociale del Paese». L'assemblea degli azionisti ieri ha approvato anche il bilancio 2020 dell'istituto e nella parte straordinaria, ha dato il via libera alle previste modifiche statutarie. In particolare, il nuovo testo dell'articolo 29 prevede la possibilità di distribuzione acconti su dividendi.Mentre Intesa al centro della galassia si candida a diventare la cinghia di trasmissione del Recovery varato dal governo Draghi, altri istituti pensano a come trovare il proprio centro di gravità permanente: il Banco Bpm guidato da Giuseppe Castagna punta a porre le fondamenta di un terzo polo del credito alternativo a quello della stessa Intesa e di Unicredit. Il cui timone è da poco nelle mani di Andrea Orcel. Chi si aspetta una mossa dell'istituto di Piazza Gae Aulenti sul tavolo del risiko, volge lo sguardo verso Siena e il Monte dei Paschi controllato ancora dal Mef. Ma è difficile che Orcel si metta subito al lavoro su eventuali dossier: prima dovrà occuparsi della revisione dell'organigramma, della riorganizzazione commerciale e del nuovo piano industriale, previsto entro la fine dell'anno. Tra l'altro, lo stesso premier Draghi non sembra avere ancora preso in mano la pratica senese. Potrebbero arrivare prima novità da un altro fronte, ben più caldo. Quello triestino. Come anticipato da La Repubblica, infatti, Francesco Gaetano Caltagirone non parteciperà all'assemblea delle Generali in calendario per oggi. Alla scadenza di ieri, fissata alle ore 12, infatti, le sue azioni non erano state depositate. Caltagirone è vicepresidente del Leone e controlla una quota del 5,63%. Salvo sorprese dell'ultima ora, dunque, non voterà il bilancio 2020 del gruppo assicurativo. Lo strappo somiglia molto a una sfiducia esplicita al ceo Philippe Donnet, che infatti punta da tempo a cambiare, e a uno schiaffo a Mediobanca, azionista di maggioranza relativa del gruppo assicurativo. La tensione tra i grandi soci delle Generali è cominciata prima con lo sbarco di Leonardo Del Vecchio in Piazzetta Cuccia, poi con l'ingresso del Leone in Cattolica (lo stesso Del Vecchio e Caltagirone polemicamente assenti nel cda che lo decise), infine su altri dossier minori che hanno comunque aggravato la spaccatura. In questo contesto è arrivata la mossa di Caltagirone, anche in vista del rinnovo del cda previsto per la prossima primavera. La battaglia di Trieste pare quindi solo all'inizio. E chissà se ad avere un ruolo sarà anche Intesa, protagonista del tentato blitz sulle Generali a gennaio 2017.
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