
Ha arraffato 60.000 euro in gioielli, vendendoli al compro oro. Chiesta l'archiviazione: «È incensurata e non è stata violenta».Ha rubato gioielli per 60.000 euro di valore alla coppia di anziani che la tenevano in casa come badante. Li ha rivenduti ai compro oro mettendosi in tasca una bella somma. Quando è stata scoperta, ha candidamente confessato. Eppure la Procura ne ha chiesto l'assoluzione per «tenuità del fatto». Perché? Perché nel rubare i preziosi la donna non ha causato lesione ai due vecchietti, non ha agito per motivi abietti e, perché, in fin dei conti, non lo aveva mai fatto prima. E questo, se il giudice accetterà la richiesta di archiviazione, potrebbe bastare a lasciare senza condanna alcuna una ladra.I fatti sono accaduti a Bologna e la rea confessa è una quarantenne che prestava servizio, da qualche mese, a casa dei due coniugi, che si fidavano di lei e non si erano accorti di nulla. Fino al giorno di Natale, quando per andare a pranzo con i parenti la signora voleva indossare qualcosa di adatto. «Mia moglie è andata a cercare i suoi gioielli, soprattutto nel luogo in cui li abbiamo sempre custoditi», ha spiegato in una intervista il marito della coppia derubata, Renato Tosi, «e con grande e amara sorpresa ha trovato tutti gli astucci vuoti». Capire cosa era successo non è stato difficile: «Solo la nostra badante sapeva dove tenevamo l'oro, ma in quel momento era in ferie e così abbiamo dovuto aspettare che rientrasse».Una volta rientrata dalle vacanze, la donna, messa alle strette, ha confessato tutto, anche ai carabinieri, indicando addirittura due dei compro oro a cui aveva rivenduto i gioielli. Incassando, come poi hanno dimostrato le indagini, ben 22.000 euro dalla vendita di una parte della merce. «Erano regali, ricordi di famiglia e oggetti di grande valore, affettivo ed economico: in tutto valevano almeno 60.000 euro considerato che alcuni pezzi, tre paia di orecchini, erano stati realizzati a mano dagli orafi Monterumici e stimati, solo loro, 24.000 euro».Tutto semplice: una donna ha derubato due anziani approfittando della fiducia che avevano in lei. Ha rivenduto il bottino, ha intascato una bella sommetta e ha continuato a far finta di nulla. Poi una volta scoperta, ha pure confessato. Eppure, secondo la procura di Bologna, il procedimento va archiviato.«La prova della sua responsabilità sta nel fatto che ha ammesso di aver rubato», si legge nella richiesta di archiviazione. «Ma l'esiguità del danno (al di là del valore affettivo dei beni sottratti) inducono a ritenere di dover applicare l'articolo 131 bis escludendo la punibilità dell'indagato per particolare tenuità del fatto». Del resto, «dalle indagini non risulta che l'indagata abbia agito per motivi abietti o futili, con crudeltà o adoperando sevizie o approfittando delle condizioni di minorata difesa delle vittime», né tantomeno «che la condotta abbia causato la morte o le lesioni gravissime di una persona, o che il comportamento sia abituale», considerato che la quarantenne in questione «è incensurata». Per questo motivo, conclude la carta, «si chiede di disporre l'archiviazione del procedimento». La coppia, ovviamente, ha presentato ricorso contro questa richiesta: l'udienza non è ancora stata fissata, ma la rea confessa potrebbe, davvero, passarla liscia. Il 131 bis è quell'articolo del Codice penale che prevede la possibilità per i giudici di non punire chi commette «reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo di 5 anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta». È stato introdotto dal governo Renzi il 16 marzo del 2015, come parte del decreto che ha depenalizzato alcuni reati minori. «Il governo Renzi ha di fatto introdotto un'amnistia permanente per tutta una serie di reati che di tenue hanno ben poco. Lasciando in mano ai giudici la discrezionalità di decidere, nei pochissimi limiti previsti, quando un autore di un reato possa farla franca o meno. Il limite dei 5 anni di reclusione, inoltre non è proporzionato. È troppo alto ed estende questa amnistia a reati la cui gravità è indiscutibile». Il senatore Fi, Galeazzo Bignami, ha seguito la vicenda fin da principio e, nella giornata di oggi, depositerà «una proposta di legge per abrogare i decreti legislativi del precedente governo che hanno introdotto la tenuità del fatto a salvaguardia di chi commette reati e a danno, evidente di chi li subisce».Non è la prima volta, da quando è in vigore, che il 131 bis viene applicato al reato di furto. Lo scorso gennaio un cinquantenne fu assolto con questa formula dopo che aveva rubato una chitarra elettrica da un negozio del centro di Roma. Era entrato con un fodero vuoto, aveva forzato quello dell'espositore e aveva messo la chitarra che vi era contenuta nel suo, cercando di uscire senza farsi notare. Le indagini hanno poi rivelato che aveva compiuto due furti analoghi il giorno precedente per un valore complessivo di oltre 1.500 euro. Nonostante questo, il caso è stato archiviato.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






