2025-02-24
Kiev tradita da chi l’ha armata di illusioni
John Mearsheimer (Getty images)
Gli analisti (inclusi i cattolici, prima tacciati di putinismo perché invocavano negoziati) rinfacciano a Trump di aver scaricato l’alleato. Ma già dieci anni fa il politologo Mearsheimer avvisava: vendere all’Ucraina il sogno occidentale la manderà in rovina.Alla sequela di strali a mezzo stampa, ieri si è aggiunto il titolone di apertura di Avvenire: «Traditi dall’America». Le vittime del voltafaccia sono, ovviamente, gli ucraini e il compagno infedele è, manco a dirlo, Donald Trump. Curioso che la rimostranza arrivi proprio da un quotidiano cattolico, visto che il Papa, per aver profuso lodevoli sforzi di mediazione, si era praticamente beccato del putiniano. Certo, bisogna ammettere che quella di sposare una causa persa e poi scaricare l’alleato in difficoltà è una prassi consolidata della politica estera americana: così a Saigon nel 1975 e a Kabul nel 2021. Tuttavia, come Richard Nixon in Vietnam, anche Trump si trova costretto a mettere la pezza meno disonorevole possibile su un disastro provocato dalla tracotanza di un’amministrazione democratica. Perciò diventa legittimo domandarsi chi sia stato a tradire davvero Kiev: chi ora deve negoziare non una pace giusta, bensì la pace possibile? Oppure chi, prima ancora che di missili e carri, ha armato l’Ucraina di illusioni pericolose? Già nel 2014, all’indomani dell’annessione russa della Crimea, in un articolo uscito su Foreign Affairs, il politologo John Mearsheimer metteva in guardia: Washington e Bruxelles stavano portando Kiev sull’orlo della catastrofe. Quello scritto recava un titolo eloquente: «Perché la crisi dell’Ucraina è colpa dell’Occidente. Le illusioni liberali che hanno provocato Putin». La tesi era che i moventi dell’aggressione di Mosca scaturissero da tre iniziative maturate a Ovest: l’allargamento a Est della Nato, l’allargamento a Est dell’Ue e i fiumi di denaro a stelle e strisce per «democratizzare» l’Ucraina. La reazione dello zar, scriveva Mearsehimer, aveva una logica: «Dopotutto, l’Occidente si era spinto fin dentro il giardino di casa della Russia e aveva minacciato i suoi interessi strategici essenziali». «La crisi», aggiungeva lo studioso, «dimostra che la Realpolitik rimane rilevante - e gli Stati che la ignorano lo fanno a loro rischio e pericolo»: agiscono in base a un’ideologia intrisa di moralismo, che nella peggiore delle ipotesi nasconde intenzioni ostili, sistematicamente temute dalle potenze avversarie. «Immaginate la furia a Washington se la Cina costruisse una vasta alleanza militare e cercasse di includervi il Canada e il Messico». Già: la Casa Bianca, chiunque fosse il presidente, lascerebbe correre in nome del principio di autodeterminazione dei popoli? Non fu il progressista John Fitzgerald Kennedy, fieramente anticomunista, a tentare l’invasione della Cuba di Fidel Castro e a minacciare l’uso di ordini nucleari, se l’Urss non avesse ritirato i missili dall’isola caraibica?Letto oggi, quell’intervento appare persino troppo ottimista: esso escludeva che Vladimir Putin potesse condurre e sostenere un’offensiva su larga scala, dal momento che aveva a disposizione «un esercito mediocre», incapace di «conquistare e annettere facilmente la parte orientale dell’Ucraina, men che meno l’intero Paese». E poi, l’economia russa sarebbe crollata sotto il peso delle sanzioni. Le sue forze armate non si sono rivelate infallibili, eppure la Russia ha occupato il 20% del territorio dello Stato nemico; in più, proprio grazie all’esperienza maturata dal 2014 in avanti, la Federazione ha dribblato con disinvoltura gli embarghi. una sciagura evitabileUn anno dopo il paper di Foreign Affairs, Mearsheimer tornò sull’argomento in un convegno datato 25 settembre 2015. Il «risultato finale» della strategia occidentale nell’Est, denunciò, sarebbe stato soltanto uno: «L’Ucraina verrà devastata». «Quello che stiamo facendo», insisteva l’esperto, «è incoraggiare gli ucraini a giocare duro con i russi. Stiamo incoraggiando gli ucraini a pensare che, in ultima istanza, diventeranno parte dell’Occidente, perché alla fine noi sconfiggeremo Putin». Per questo «gli ucraini sono quasi completamente restii a cercare un compromesso con i russi. Al contrario, vogliono perseguire la politica della linea dura. Se lo fanno, il risultato finale sarà che il loro Paese verrà devastato». La soluzione di Mearsheimer era di assicurare a Mosca la neutralità di Kiev e concordare anche con Putin un piano condiviso di aiuti finanziari. Forse, dare retta al professore dell’Università di Chicago e ai tanti strateghi, da George Kennan (il teorico del contenimento) a Henry Kissinger, contrari all’espansione della Nato, avrebbe evitato la sciagura cui Trump, facendo il lavoro sporco, sta provando a rimediare. Sul terreno sono rimaste centinaia di migliaia di giovani di entrambi gli schieramenti. L’Ucraina si ritrova una nazione in frantumi. E all’Occidente, dopo la guerra (per procura), toccherà anche il disonore.