2024-03-26
Juncker rivela le relazioni segrete con il Quirinale bypassando i premier
Jean Claude Juncker (Ansa)
L’ex capo della Commissione risolveva «i problemi» coi leader eletti grazie a Napolitano e Mattarella. La prassi continua?Fedele al suo metodo («Decidiamo qualcosa, poi lo pubblichiamo e aspettiamo un po’ di tempo per vedere cosa succede. Se non ci saranno grandi proteste e rivolte, perché la maggior parte delle persone non capisce nemmeno cosa è stato deciso, allora continueremo - passo dopo passo finché non si potrà più tornare indietro»), Jean Claude Juncker, adesso che non conta più nulla, ha colpito ancora. E tutto sommato, ha avuto ragione. Anche La Verità ha «aspettato un po’ di tempo per vedere cosa succede», dopo il colloquio pubblicato domenica sul Sole 24 Ore a firma di Beda Romano. Con la lodevole eccezione del sito Startmag, commentato da un ex ministro della Difesa non esattamente di centrodestra del calibro di Arturo Parisi, in ossequio al «metodo Juncker» non è successo nulla. Ma che ha detto al quotidiano di Confindustria l’ex presidente della Commissione Ue? Nascosto da una titolazione anodina, ha spiegato che «vi sono personalità italiane che mi hanno profondamente marcato. Prima di tutto, Carlo Azeglio Ciampi, uomo saggio e ponderato, ma anche Giorgio Napolitano. In questi anni di dibattiti feroci, gli italiani hanno dimostrato finezza nello scegliere i loro presidenti che si sono sempre differenziati dalla maggioranza delle personalità politiche per la loro serietà». Si potrebbe obiettare che gli italiani manco volendo avrebbero potuto «scegliere» un capo dello Stato, ma l’interessante ha ancora da venire: «Con Giorgio Napolitano e poi con Sergio Mattarella, che appartiene alla schiera dei presidenti che ho appena citato, ho spesso negoziato, non dico in segreto ma senza troppa pubblicità, quando avevo dei problemi con i primi ministri italiani. O meglio, quando i primi ministri italiani avevano dei problemi con il presidente della Commissione. Amavo i miei scambi con Giorgio Napolitano. Ascoltando le sue descrizioni della vita dall’interno del governo italiano sono diventato uno specialista di cose che non dovevo sapere…».Nel colloquio, le affermazioni compaiono buttate lì tra un problema sulla necessità di difendere le istituzioni europee e un paio di aneddoti su Giuseppe Conte («Al Consiglio europeo iniziava sempre i suoi interventi dicendo: “Io in quanto professore di diritto internazionale devo dirvi…”. Anche se l’uomo ci piaceva, finì per infastidire gli altri leader») e Matteo Renzi («Venimmo quasi alle mani, discutendo del bilancio italiano, ma l’ho apprezzato perché a dispetto dell’atteggiamento sapeva ascoltare»). Le relazioni segrete di un presidente della Commissione con due capi di Stato di un Paese membro, esplicitamente tese a scavalcare i rapporti con i presidenti del Consiglio «riottosi» nei confronti della Commissione stessa, è una cosa talmente inaudita che un unico atteggiamento può lenirne la portata: la completa indifferenza. Anche perché se Juncker aveva bisogno di mettere in riga i premier che ha conosciuto da capo della Commissione (2014-2019, dunque Matteo Renzi, Paolo Gentiloni e i «due» Giuseppe Conte, gialloblù e giallorosso), cosa può essere accaduto quando a Palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi? E cosa accade oggi? Del resto, Juncker non è esattamente un pivello: nel 1995 diventa premier del Lussemburgo dopo le dimissioni del predecessore Jacques Santer (che va a guidare la Commissione Ue, poi esplosa per un enorme scandalo). Dal comando del Granducato si muoverà solo nel 2013, in seguito a un leggerissimo problema: è accusato dai media di aver costituito una polizia politica segreta per schedare i cittadini, ciò che gli costa le dimissioni. Nel frattempo, dal 2005 e per otto anni, guida la cruciale assise dell’Eurogruppo: è tra gli uomini chiave della crisi greca del 2008. Nel novembre 2007, Giorgio Napolitano - eletto al Quirinale l’anno prima - gli appunta sul petto la medaglia di Cavaliere di Gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana.Anche visti i risultati conseguiti in quegli anni, il Ppe lo candida alla guida della Commissione nel 2014, con successo. È l’anno in cui esplode Luxleaks, un’inchiesta giornalistica che documenta il ruolo - del tutto lecito - dello stesso Juncker nell’aver negoziato accordi fiscali ad hoc con centinaia di multinazionali per convincerle a prendere sede in Lussemburgo. Tralasciando le voci mai provate di alcolismo (ha avuto diversi problemi di salute e di deambulazione legati a un gravissimo incidente d’auto negli anni Novanta), la notizia che Juncker venisse a conoscenza di informazioni «segrete» sui nostri governi grazie al Quirinale appare leggermente più grave, per esempio, rispetto alle frequentazioni sospette dei politici pugliesi. E invece, fino a qui, non ha destato alcuna reazione istituzionale significativa, se si eccettua Matteo Renzi che ovviamente ha avuto gioco facile nel confermare gli screzi «per portare a casa la flessibilità».Giorgio Napolitano non c’è più, ma Sergio Mattarella è saldamente in sella, avendo da poco festeggiato il secondo compleanno della rielezione al Colle: sarebbe per esempio interessante sapere se la prassi sia proseguita con Ursula von der Leyen. La nota più divertente, tuttavia, è in chiusa dell’intervista al Sole: «Mentre l’incontro [con Juncker, ndr] volge al termine, rimane da capire perché negli ultimi 15 anni l’euroscetticismo abbia messo radici anche in Italia».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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