2021-10-26
Sinner è nella cerchia dei fenomeni.Con lui l’Italia ha ritrovato il tennis
Jannik Sinner (Getty Images)
Dopo il trionfo di Anversa, Jannik va in campo a Vienna per inseguire un posto nelle Atp Finals di Torino. Carattere gelido, prodezze e una sfilza di trofei hanno rimesso una nazione in sintonia con la racchetta. «Per una volta il merito è della cicogna, che ha avuto la costanza di attraversare le Alpi invece di fermarsi prima». Mentre Jannik Sinner distruggeva a cannonate Diego Schwartzman (6-2, 6-2) in finale ad Anversa, riecheggiava dolce la profezia di Paolo Bertolucci, uno dei primi a cogliere nelle stelle il destino del fenomeno italiano del futuro. Ormai ritirato Valentino Rossi e in attesa di qualche conferma non stagionale di Marcell Jacobs e Gimbo Tamberi, il ragazzo di San Candido è il principale indiziato per paralizzare il Paese nei prossimi anni davanti a un televisore la domenica pomeriggio, in quelle scene da delirio sportivo alle quali l'italiano medio è abituato, quando si traveste alla bisogna da velista (Luna Rossa), da sciatore (la dinastia Thoeni e Alberto Tomba) piuttosto che da ciclista, appoggiato a un paracarro ad aspettare Gino Bartali o almeno il nuovo Marco Pantani.Cinque titoli internazionali Atp in sei finali non li aveva mai vinti nessun italiano, a 20 anni. E men che meno quattro in un solo anno solare, questo, che non è ancora finito. Oggi il cannibale rosso di capelli è virtualmente decimo in classifica, dentro la magica top ten, addirittura nono in proiezione Atp Finals di Torino per l'annunciata rinuncia di Rafael Nadal. Avanti con i numeri, spariamoli tutti così poi non ci pensiamo più. È il quarto italiano a raggiungere la hit parade mondiale del tennis, dopo Fabio Fognini (fu numero 9), Matteo Berrettini e Corrado Barazzutti (numeri 7), Adriano Panatta (4). Il meraviglioso Bertolucci dal braccio d'argento e dalla forchetta d'oro si era fermato al 12º posto. Per precisare ancora, nessuno degli altri era stato così in alto in classifica a 20 anni e con gli esami di maturità da affrontare. Per entrare fra i magnifici otto del 2021 e guadagnarsi la passerella di Torino, Sinner deve recuperare 110 punti sul polacco Hubert Hurkacz, suo amico del cuore, dal quale ha perso l'unica finale lasciata per strada in carriera, quella di Miami. Non c'è tempo da perdere, oggi è già in campo a Vienna per proseguire nella rimonta. «Le finali di Torino le ho nella mente, ma è inutile che continui a pensarci», ha detto l'altoatesino dopo aver rimesso le racchette nel borsone ad Anversa. «Quando vado in campo mi concentro sull'avversario, sulla tattica, su come fare per batterlo». Ma dalla determinazione assassina con cui ha preso a pallate Schwartzman si capisce benissimo qual è l'obiettivo dietro l'orizzonte. Un traguardo dell'anima, che gli servirà per entrare nel gotha, nel cuore degli italiani e far dimenticare a tutti il tradimento olimpico. Tutti lo volevano a Tokyo con Berrettini, ma lui disse no e l'altro si infortunò. Essendo un nordico dal sangue freddo, quindi giustamente calcolatore, aveva già scelto la strada per diventare il più forte italiano di sempre ed entrare nel club dei pretendenti al trono lasciato libero da Roger Federer, con Nole Djokovic e Rafa Nadal destinati a un lungo ma già iniziato tramonto. La road map di Sinner è chiara, l'ha stilata il coach più esperto e raffinato del circuito, il comasco Riccardo Piatti che un giorno Gianni Clerici definì «una faina travestita da orsacchiotto». Andare ai Giochi significava cambiare la preparazione e non essere al top adesso per la scalata finale. Senza contare un altro traguardo, la Coppa Davis. Ieri il ct Filippo Volandri lo ha convocato per la prima volta (con Berrettini, Fognini e i due Lorenzo, Sonego e Musetti) in vista delle finali sempre a Torino il 25 novembre contro Colombia e soprattutto Stati Uniti.Con lo schützen acquartierato a Montecarlo per ragioni fiscali (come tutti gli altri campioni) ci sarà da divertirsi. Spavaldo ma mai arrogante, con la dinamite nel braccio e nei quadricipiti, forte di una cultura del lavoro interiorizzata da generazioni nelle malghe che furono dell'imperatore Cecco Beppe, Sinner è come un investimento sul mattone prima del nuovo catasto voluto da Mario Draghi: una certezza. E dire che all'inizio preferiva altre racchette, quelle da neve. Perché quando cresci a 1.600 metri di altitudine il tuo primo pensiero è legato ai fiocchi che cadono a ottobre e rimangono lì fino a primavera. Lui preferiva lo sci, per la precisione lo slalom gigante. Gli anni dell'adolescenza lo hanno forgiato per sempre. Mamma Siglinde e papà Hanspeter gestiscono un rifugio a Sesto Pusteria, lei cameriera e lui cuoco. «Quando serve devi imparare ad abbassare la schiena e uscire nella tormenta a prendere la legna».È interessante ascoltare il suo primo allenatore, Andrea Spizzica, che se lo ritrovò al Tennis Club Brunico a sette anni, accompagnato dal nonno. «Io non parlavo una parola di tedesco e lui non parlava una parola di italiano, ma era già un fenomeno, non si poteva non notarlo. Questo ha aiutato entrambi; con una racchetta in mano non c'era da fare conversazione. Ha scelto il tennis perché diceva che nello sci se fai un errore sei fuori, qui puoi rimediare. Cresceva nonostante non si allenasse come gli altri, era un predestinato. Sempre concentrato, una mente glaciale e una capacità di apprendere fuori dal comune». Senza esagerare (ma lo stiamo facendo) sono più o meno le stesse cose che raccontava a fine anni '60 Lennart Bergelin di un ragazzo biondo, taciturno e irascibile che gli arrivò tra i piedi a Stoccolma e che passava ore ad allenarsi contro un garage come Snoopy. Era Bjorn Borg. Per ora in comune c'è solo il soprannome, «Ice man». Presto sapremo molto di più sul resto, senza stressare nessuno. Nel frattempo, una carezza alla cicogna coraggiosa e un pensiero riconoscente ai cartografi che nel 1919, alla fine della Grande Guerra, disegnarono il confine del Sud Tirolo. Qualche chilometro più a nord e ci saremmo fermati al doppio fallo.