2022-02-04
«L’Italia riapre». Ma è solo una messinscena
La stampa giubila per un «ritorno alla normalità» che non esiste: restano in piedi tutte le assurde limitazioni legate al pass, mentre, a scuola, il ricatto della Dad si allarga ai bimbi di materne ed elementari non inoculati. Sarebbe questa la libertà ritrovata?Abbiamo un enorme problema con le parole. Da un lato si continua a svilirle e mortificarle, pervertendole e modificandone il senso profondo. Dall’altro si tende a conferire loro una forza che non possiedono: il potere magico di modificare l’esistente. Prendete due termini di uso piuttosto comune come «apertura» e «libertà», e osservate come vengono utilizzati dai media e dalla politica in queste ore. Noterete, prima di tutto, una evidente ridefinizione del significato: ciò che prima avremmo definito «divieto» oggi diviene «apertura»; quello che due anni fa avremmo chiamato «proibizione», adesso diventa «libertà». La mistificazione è, appunto, duplice: si spaccia una cosa per un’altra, e allo stesso tempo si pretende che cambiando il nome a quella cosa, essa si modifichi. Questi due atteggiamenti, apparentemente opposti ma complementari, hanno in comune la negazione ostinata della realtà. Oggi è il potere a stabilire che cosa sia vero oppure no, ed è sempre il potere a riscrivere il dizionario, a prescindere dai fatti concreti che ciascuno di noi può osservare (ammesso che riesca ad aprire gli occhi).Praticamente tutti i giornali, ieri, urlavano lo stesso titolo: «Si riapre». Il quotidiano unico ribadiva le parole di Mario Draghi: «Vogliamo un’Italia sempre più aperta, soprattutto per i nostri ragazzi». Qualche testata si spingeva ancora più in là, utilizzando toni polacchi, del tipo «il vaccino ci ha reso liberi». Insomma, la direttiva è chiarissima: bisogna dire che da ieri abbiamo ricominciato a vivere normalmente. Piccolo problema: il governo non ha varato alcun provvedimento di riapertura, manco mezzo. Si è limitato a ridefinire alcune limitazioni e ha messo il sigillo su una stretta micidiale che colpisce tutti i cittadini. Chiunque non sia totalmente obnubilato è in grado di accorgersi della lieve contraddizione: per entrare in edicola a comprare i quotidiani in cui c’è scritto che siamo liberi e abbiamo riaperto bisogna esibire un lasciapassare. In una situazione di sanità mentale diffusa tanto basterebbe a smascherare l’inganno una volta per tutte. Invece si continua - con una leggerezza spaventosa - ad accontentarsi della finzione. Forse è persino comprensibile: quando si porta un prigioniero allo sfinimento, egli sarà pronto ad accettare qualunque cosa pur di vedersi alleggerite le pene.Conviene però tentare di esaminare nel dettaglio quali siano le condizioni di questa ritrovata «libertà», giusto per rendersi conto fino in fondo della pantomima in cui ci viene imposto di recitare. Ci dicono, ad esempio, che la didattica a distanza è finita. In realtà, i vaccinati continueranno ad andare a scuola (indossando mascherina Ffp2 per dieci giorni dall’ultimo contagio), mentre i non vaccinati e i guariti da più di 120 saranno sottoposti alla reclusione per cinque giorni. Questa regola vale dalle scuole materne fino alle superiori, e in concreto costituisce un ricatto micidiale per le famiglie. Nella fascia 5-11 anni, attualmente, i vaccinati sono una esigua minoranza. Dunque per la gran parte delle famiglie la scelta è tra gestire uno (o più) bambini positivi barricati in casa per giorni oppure sottoporre i piccoli a inoculazione. Alle scuole materne, invece, la Dad scatterà per tutti al quinto positivo. Ma non temete: presto - ci informano autorevoli esperti - sarà pronto il vaccino anche per i piccini sotto i 5 anni, dunque a stretto giro avremo una nuova e meravigliosa opportunità di taglieggiamento. Vi sembra libertà, questa?Al di fuori dell’universo scolastico la situazione non è tanto più rosea. Le discoteche, per adesso, sono ancora chiuse, e vedremo quando effettivamente potranno riprendere a lavorare. Per i cittadini sopra i 50 anni rimane l’obbligo vaccinale per legge, mentre a tutti gli altri viene imposto un obbligo de facto. Senza super green pass non si può salire sui mezzi pubblici o svolgere altre attività fondamentali; senza green pass base non si può andare dal barbiere o ritirare la pensione o pagare una bolletta o comprare le sigarette. A chiunque viene richiesto di esibire la preziosa tesserina per acquistare un libro, un paio di mutande, una pentola.Qualcuno, con inquietante cinismo, afferma che la libertà tornerà, ma soltanto per i vaccinati che hanno fatto «il loro dovere». Mettiamo pure che si possa passare sopra a una simile discriminazione a cuor leggero: a ben vedere, saremmo comunque di fronte a un caso più unico che raro di «obbligo vaccinale per i vaccinati». A mezzanotte la carrozza di Cenerentola diviene una zucca, allo scadere dei sei mesi chi si è sottoposto a due dosi si tramuta in un no vax. Ergo obblighi e restrizioni calano anche su qui non ha rifiutato la puntura, a meno che non si muova a fare la terza.Vogliamo proseguire? Giova ricordare, in aggiunta, che tutti i meccanismi censori precedentemente stabiliti rimangono in vigore. I positivi, anche asintomatici, devono ancora sottoporsi a quarantena. Il sistema delle zone a colori, nonostante le richieste delle Regioni, rimane in vigore. Le mascherine all’aperto restano obbligatorie per i territori in zona gialla, per tutti. Mentre non è ancora chiarissimo in che modo saranno gestite le altre limitazioni. Stando alle dichiarazioni - per ora non sostenute da provvedimenti ufficiali - per i vaccinati non dovrebbe esserci alcuna differenza tra zona bianca e zona rossa: bar, negozi e ristoranti dovrebbero restare accessibili, e dovrebbe essere consentito anche spostarsi fra Comuni e Regioni diverse. Per i non vaccinati, ci sarà un lockdown di fatto, cioè costoro non potranno nemmeno muoversi dal divano se non per andare a fare un giretto intorno a casa.Una bella conquista per chi si è fatto la puntura e per gli esercenti, sostengono alcuni. Come no. Peccato che già adesso, con la psicosi dei contagi e le quarantene, ristoratori e commercianti stiano subendo un lockdown di fatto. Figuratevi che cosa potrebbe accadere se una Regione dovesse finire in zona rossa: immaginiamo le file di vaccinati fuori dai locali… Per altro, bisogna considerare che per entrare in zona rossa occorre che aumentino notevolmente i contagi e i ricoveri in terapia intensiva. Dunque, con gli attuali tassi di vaccinazione, per raggiungere la fascia di maggiore allerta dovrebbero ammalarsi gravemente tantissimi vaccinati, cosa che non potrebbe lasciare indifferenti i politici, spingendoli a ripensare l’intera gestione sanitaria.Siamo più liberi e aperti e sicuri? Ma allora perché attività che, nei giorni più feroci della pandemia (quando non c’erano vaccini né tessere ed eravamo teoricamente più esposti al pericolo di morte), erano considerate fondamentali e liberamente frequentabili, oggi sono precluse a molti? Perché fabbriche e luoghi di lavoro in cui prima si poteva entrare oggi sono vietati a chi non si fa il tampone? Se siamo liberi e aperti, perché restano divieti, proibizioni e segregazioni? E perché agli stranieri sono permesse azioni vietate a certi italiani? Forse la risposta è semplice: non siamo liberi. Non davvero, almeno.