2022-02-04
Italia maglia nera per le segnalazioni
Non solo Francia e Germania, pure Olanda, Grecia ed Estonia hanno tassi migliori dei nostri in tema di farmacovigilanza. Pur avendo somministrato molte meno dosi.Sotto la media europea e distanti anni luce rispetto a molti altri Paesi le segnalazioni di reazioni avverse ai vaccini anti Covid inviate dall’Italia all’Agenzia europea del farmaco. Segno evidente che qualcosa nella nostra farmacovigilanza non va. È quanto emerge da un’analisi effettuata dal nostro quotidiano, basata sui dati aggiornati presenti sulla piattaforma continentale Eudravigilance in rapporto al numero di abitanti. Secondo le cifre disponibili sul portale dell’Ema e liberamente consultabili da chiunque, l’Italia ha trasmesso al regolatore europeo 118.875 segnalazioni di reazioni avverse (aggiornamento al 29 gennaio 2022), un valore che la colloca quarta in classifica dietro a Germania, Olanda e Francia. Un buon risultato a prima vista, ma se paragoniamo questo dato alla popolazione, il nostro Paese finisce addirittura in sedicesima posizione, con 197 segnalazioni ogni 100.000 abitanti. Dietro ai nostri principali partner europei come Francia, Germania, Grecia, ma anche a realtà che non ti aspetti come l’Estonia, la Lituania e il Portogallo. Troviamo in testa alla graduatoria l’Islanda, con 1.402 segnalazioni/100.000 abitanti, seguita dall’Olanda (1.089) e dall’Austria (805). Elevato anche il tasso di segnalazione dell’area scandinava, con la Norvegia (513 segnalazioni/100.000 abitanti) e la Danimarca (484), rispettivamente in quarta e quinta posizione. Va ancora peggio per il nostro Paese se consideriamo il tasso di segnalazione per numero di dosi somministrate. Poiché il dato non è rintracciabile sulla piattaforma Eudravigilance, siamo andati a cercarlo direttamente nei singoli report di farmacovigilanza dei principali Stati europei. Si scopre così che, rispetto agli altri, per l’Italia risultano appena 95 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate. Un tasso molto inferiore rispetto all’Olanda (575 ogni 100.000) e al Regno Unito (437), ma fanno meglio di noi anche la Germania (160) e la Francia (110). Che la farmacovigilanza dell’Aifa facesse acqua da tutte le parti si era capito ormai da tempo. Dopo una prima fase contraddistinta da un elevato tasso di segnalazione, nel tempo il numero di effetti avversi denunciati da cittadini e operatori sanitari è letteralmente crollato. Si è passati infatti dai 729 eventi avversi ogni 100.000 dosi somministrate di fine febbraio 2021, a meno di 100 segnalazioni ogni 100.000 dosi dei nostri giorni. Non si tratta necessariamente di una buona notizia. «Tutti», scrive l’Agenzia nell’apertura del rapporto sui vaccini Covid, «possono inviare le proprie segnalazioni contribuendo al monitoraggio dell’uso sicuro dei vaccini», perché «una corretta informazione è alla base di ogni scelta consapevole». Non ci vuole un genio per capire che dietro a un tasso di segnalazione così basso e distante da quello degli altri Stati si nasconde un deficit di comunicazione da parte del regolatore italiano. Chissà se il ministro Roberto Speranza e il direttore generale dell’Aifa, Nicola Magrini, si sono mai chiesti quanti cittadini sono al corrente della possibilità di segnalare una reazione al vaccino. Pochi di sicuro, considerati i numeri nostrani specie in rapporto a una percentuale così alta di vaccinati. Oppure quante persone senza un’adeguata formazione informatica siano in grado di portare a termine la procedura di segnalazione. Tanto per iniziare, sarebbe il caso di dare più risalto sul sito istituzionale dell’Agenzia alle modalità di segnalazione, invece di relegarle in un angolino in fondo alla pagina dedicata alla farmacovigilanza dei vaccini Covid.Ma a via del Tritone il tempo sembra essersi fermato. Come spiegato negli scorsi giorni su queste stesse pagine, l’ultimo rapporto sugli eventi avversi successivi alla somministrazione del siero risale al lontano 12 ottobre scorso, in ritardo di quasi un mese dalla presunta data di pubblicazione. Con una scelta discutibile sul piano scientifico e in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei, a margine della pubblicazione del report di ottobre l’Agenzia annunciava infatti di passare dalla cadenza mensile a quella trimestrale. Più volte abbiamo tentato di metterci in comunicazione con l’ente in cerca di chiarimenti, ma l’unica risposta che abbiamo ottenuta è stata il silenzio.Oltreconfine, invece, i regolatori nazionali si premurano di aggiornare i dati con frequenza adeguata e fornendo a corredo le opportune spiegazioni del caso. Nel Regno Unito l’ultimo report risale appena a una settimana fa, preceduto di poco da quelli elaborati da Paesi Bassi, Francia e Germania. Forse all’estero hanno capito che è solo informando con trasparenza e tempestività i cittadini, anziché bollare chiunque osi sollevare un dubbio come un pericoloso «no vax», che si ottengono i risultati migliori.