
Proseguono gli esami medici sulle tre giovani liberate. La truce propaganda messa in piedi durante il rilascio alimenta i dubbi sul negoziato. Il Qatar invia a Gaza 1,25 milioni di litri di carburante al giorno.Le condizioni di Emily Damari, Romi Gonen e Doron Steinbrecher, le tre giovani donne liberate ieri da Hamas dopo essere state sequestrate il 7 ottobre 2023, sono definite «stabili». Lo ha comunicato l’ospedale in cui sono state trasferite al loro arrivo in Israele. Il vice primario del Sheba Medical Center, Sefi Mendelovich, intervistato dal Times of Israel, ha dichiarato: «Occorrerà qualche altro giorno per completare tutti gli esami necessari». Intanto non si fermano le reazioni in Israele e in tutto il mondo, dopo quanto visto ieri durante la liberazione degli ostaggi con i miliziani di Hamas artefici di una nuova, potente operazione mediatica. In Israele la rabbia è tangibile in molti strati della popolazione e anche nell’esercito e nessuno è in grado di prevedere cosa potrebbe accadere se il numero degli ostaggi ancora in vita dovesse essere inferiore alle attese. Secondo Elisa Garfagna, esperta di comunicazione, «tra le cose più impressionanti che emergono dai video diffusi, le grida che trasmettono il caos e il terrore, sono quelle che certamente nella memoria anche uditiva delle persone resteranno per parecchio tempo. Il grido ossessivo, quasi mantrico di “Allah Akbar”, sembra voler connotare ancora una volta questo evento, non soltanto come politico, ma religioso. In quel contesto possiamo anche notare la presenza di numerosi bambini e adolescenti, con in mano armi, urlare felici di gioia a fianco ai miliziani. In particolare, spicca un bambino di circa quattro anni in spalla, forse al padre, che già sembra padroneggiare una pistola». Gli uomini di Hamas le hanno filmate mentre sorridono: «Si, le immagini delle ragazze che sembrano obbligate a sorridere sotto costrizione, fanno emergere tutta la violenza e la sudditanza psicologica subita in questo lungo anno e mezzo. Le vediamo pulite, vestite con colori sgargianti, pettinate, ma negli occhi, per chi sa osservare, notiamo anche tanta paura». Altra immagine inquietante è quella del miliziano armato di mitra che, in un gesto altamente simbolico, è salito sul tetto di un’auto della Croce Rossa. L’immagine, di forte impatto visivo, sembra sottolineare il messaggio di Hamas come forza politica dominante, persino su un’organizzazione umanitaria. Un gesto che non lascia spazio a dubbi sull’intento di affermare la propria egemonia nel contesto dello scambio. A peggiorare il tutto sono le decine di migliaia di utenti dei social network e dei canali Telegram che da domenica pomeriggio ripostano le foto e i video di Hamas con il loro commento senza rendersi conto che stanno facendo un favore ad Hamas che vuole proprio questo. Una circostanza che si è già verificata con lo Stato islamico che all’epoca della sua massima espansione divulgava i video degli sgozzamenti, delle decapitazioni e di ogni nefandezza commessa. I media abboccarono a lungo prima di capire che gli abili esperti della comunicazione dell’Isis volevano la massima condivisione. Ieri gli uomini di Hamas hanno fatto nuovamente capire che non accetteranno di essere messi da parte con questa dichiarazione: «Gaza, con il suo grande popolo e la sua resilienza, risorgerà per ricostruire ciò che l’occupazione ha distrutto e continuerà sulla strada della risolutezza fino a quando l’occupazione non sarà sconfitta». Pronta la risposta del capo di Stato maggiore dell’esercito israeliano, generale Herzi Halevi che ha invitato le Forze di difesa israeliane (Idf) a prepararsi per operazioni significative in Cisgiordania: «Oltre agli intensi preparativi difensivi nella Striscia di Gaza, dobbiamo essere pronti a operazioni rilevanti in Giudea e Samaria (Cisgiordania, ndr) nei prossimi giorni, per prevenire e catturare i terroristi prima che possano colpire i nostri cittadini», ha dichiarato Halevi. Ieri sono sono fatti sentire anche gli Huthi che hanno dichiarato l’intenzione di limitare i loro attacchi nel Mar Rosso alle sole navi legate a Israele. Hezbollah invece ha rivolto le sue congratulazioni al popolo palestinese e ai gruppi di resistenza, definendo l’accordo di cessate il fuoco con Israele «una grande vittoria». Altro boccone avvelenato di questa tregua è quello relativo al Qatar, principale sponsor di Hamas, che ha annunciato l’intenzione di inviare 1,25 milioni di litri di carburante al giorno nella Striscia di Gaza durante i primi dieci giorni del cessate il fuoco tra Hamas e Israele. Secondo una dichiarazione del ministero degli Esteri qatariota, il Paese ha istituito «un ponte terrestre per garantire la consegna di un totale di 12,5 milioni di litri di carburante, destinati a soddisfare le necessità dei 2,4 milioni di abitanti del territorio palestinese». Chi gestirà questo enorme affare che fino ad un anno fa era ad appannaggio di Hamas e che cosè si è finanziato? Il rischio che si torni alle consolidate abitudini è altissimo e sarebbe un disastro. Molte cose cambieranno a Gaza e tra queste c’è il sostegno degli Usa all’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite responsabile della distribuzione degli aiuti a Gaza che ha dovuto affrontare ripetute accuse di legami con Hamas. L’Onu ha ammesso che nove membri (Israele ha le prove che sono molti di più), del suo staff che sono stati coinvolti nell’attacco del 7 ottobre 2023. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump dovrebbe firmare un ordine esecutivo che blocca l’assistenza estera degli Stati Uniti subito dopo l’assunzione del secondo mandato, con l’Unrwa in cima alla lista. Benjamin Netanyahu nel suo messaggio di benvenuto a Donald Trump ha affermato: «Non vedo l’ora di lavorare con lei per riportare indietro gli ostaggi rimasti, eliminare le capacità di Hamas e garantire che Gaza non sia più una minaccia per Israele».
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Su un testo riservato appare il nome del partito creato da Grillo. Dietro a questi finanziamenti una vera internazionale di sinistra.
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Nel 1937 l’archeologo francese Fernand Benoit fece una scoperta clamorosa. Durante gli scavi archeologici nei pressi dell’acquedotto romano di Arles, la sua città, riportò alla luce un sito straordinario. Lungo un crinale ripido e roccioso, scoprì quello che probabilmente è stato il primo impianto industriale della storia, un complesso che anticipò di oltre un millennio la prima rivoluzione industriale, quella della forza idraulica.
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Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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