2024-04-05
Riservisti mobilitati e stop congedi. Israele teme l’attacco letale iraniano
Dopo il raid subito a Damasco, i pasdaran preparano la loro vendetta. Nello Stato ebraico da ieri è scattata la massima allerta: «Pronti a tutto, aerei in volo 24 ore su 24». La Cia avverte: «Possibile offensiva in 48 ore».Il rischio di un allargamento del conflitto mediorientale, che dal 7 ottobre vede combattere Israele e Hamas a Gaza, si fa sempre più concreto. L’attacco condotto dall’esercito dello Stato ebraico lunedì scorso in Siria contro l’ambasciata iraniana a Damasco, in cui hanno perso la vita 13 persone, tra cui sei membri delle Guardie rivoluzionarie e il capo dei pasdaran, Mohammad Reza Zahedi, potrebbe essere la miccia di una situazione sempre più esplosiva. Il timore è quello di un’escalation di violenza in tutta la regione e di un coinvolgimento diretto dell’Iran, che fin da subito ha promesso vendetta e ritorsioni. Il primo a essere consapevole di quanto la situazione sia delicata è proprio Benjamin Netanyahu, che nelle ultime ore ha attivato lo stato di massima allerta in tutto il territorio, mobilitando i riservisti e fermando i congedi. «Israele è consapevole che ci sarà una risposta iraniana e poiché gli attacchi terroristici tramite emissari iraniani non hanno avuto successo, in Iran cercheranno di colpire Israele direttamente dal loro territorio», ha avvertito. Il monito che l’Iran stia preparando un attacco è giunto direttamente dalla Cia. L’agenzia dei servizi segreti americana ha avvertito Gerusalemme che Teheran potrebbe colpire entro 48 ore. La notizia è stata ripresa anche dal quotidiano arabo Al Mayadeen, secondo cui l’Iran starebbe pianificando un attacco incrociato con il lancio di droni e missili da crociera dal proprio territorio su infrastrutture strategiche israeliane. Mentre il giornale Haaretz ha scritto che tra i possibili scenari non è da scartare un intenso attacco missilistico dal LIbano o dalla Siria con la collaborazione degli Hezbollah o delle milizie sciite, così come non va esclusa l’ipotesi di attentati alle ambasciate israeliane all’estero. Aharon Haliva, comandante dell’intelligence militare israeliana, in un messaggio diffuso dai media locali, ha dichiarato preoccupato: «Non è detto che il peggio sia dietro di noi, giorni complessi ci attendono». Ieri da Teheran è tornato a minacciare Ali Khamenei. Il leader supremo dell’Iran ha avvertito: «Con l’aiuto di Dio, faremo in modo che i sionisti si pentano del loro crimine». Parole e intimidazioni, unite agli allarmi lanciati dai servizi segreti, che hanno indotto Israele a prendere alcune contromisure. Per rinforzare il sistema di difesa aerea, l’esercito ha immediatamente deciso di richiamare i riservisti e, al tempo stesso, sospendere il congedo a casa per tutti i soldati. Oltre a questo, da ieri sono stati alterati tutti i servizi di Gps su tutto il territorio, in modo da prevenire attacchi con missili e droni. Secondo quanto riportato dal Guardian, inoltre, i vertici dell’Idf stanno valutando l’opportunità di trasmettere in televisione i preparativi e le contromisure da adottare a causa della crescente minaccia iraniana. Il portavoce dell’esercito, Daniel Hagari, dopo aver ricordato che «le forze dell’Idf sono ben schierate in formazioni difensive e offensive e pronte a qualsiasi scenario», ha spiegato che «non ci sono cambiamenti per i cittadini da parte del Comando del fronte interno», ha raccomandato «vigilanza» e ha assicurato che «il Paese ha protezione su più livelli, con aerei in cielo, 24 ore su 24».Nel frattempo, non si placa la violenza sul campo di battaglia. Ieri due raid israeliani nella Striscia, secondo quanto riportato da Al Jazeera, avrebbero provocato un bilancio di cinque morti, tra cui due bambini, e almeno 15 feriti. Nella Galilea occidentale, invece, è risuonato più volte l’allarme aereo; mentre lo Shin Bet ha reso noto di aver sventato attentati pianificati da una cellula formata da arabi israeliani e palestinesi, che aveva nel mirino tra gli altri, il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, l’aeroporto Ben Gurion e diverse basi dell’Idf.Le trattative sul rilascio degli ostaggi e un cessate il fuoco intanto rimangono al palo. Hamas accusa Israele di essere intransigente nei colloqui e Netanyahu di non essere interessato al rilascio dei prigionieri, ponendo così ostacoli a un accordo. Il primo ministro, la cui leadership è sempre più in discussione dallo strappo con il centrista Benny Gantz e la richiesta di elezioni anticipate, deve fare i conti anche con l’ira della Casa Bianca dopo l’attacco israeliano al convoglio della Ong World central kitchen, che operava a Gaza, e costato la vita a sette cooperanti occidentali. Nel tardo pomeriggio di ieri c’è stata una telefonata tra Bibi e Joe Biden. Nel colloquio, durato circa 45 minuti, il presidente americano ha ribadito il sostegno al diritto di difesa di Israele da Hamas, ma ha invitato Netanyahu ad aumentare gli sforzi affinché possa prevenire l’uccisione e il ferimento di civili innocenti e operatori umanitari a Gaza. Da un evento privato svoltosi martedì alla Casa Bianca è trapelato un retroscena su una frase pronunciata da Biden, il quale avrebbe affermato che sua moglie Jill gli avrebbe chiesto di «fermare subito la guerra a Gaza». Nelle ore successive è arrivata la precisazione da parte di Elizabeth Alexander, direttrice della comunicazione della First lady, spiegando che Jill Biden non ha chiesto che Israele ponga fine alla sua manovra militare contro Hamas: «Così come il presidente, la First lady è devastata dall’attacco contro gli operatori umanitari e la perdita di vite innocenti in corso a Gaza. Entrambi vogliono che Israele faccia di più per proteggere i civili».
Jose Mourinho (Getty Images)