2024-10-10
L’attacco agli ayatollah è pronto. Netanyahu accelera, Biden frena
Benjamin Netanyahu e Joe Biden (Ansa)
Telefonata di 50 minuti tra i due statisti: Washington resta diffidente, oggi Bibi convoca il gabinetto di guerra. Il ministro Yoav Gallant: «Saremo letali e precisi». Allo studio una combinazione di raid aerei e blitz sotto copertura.Israele punta deciso a intensificare l’offensiva terrestre in Libano e ha praticamente definito il piano di attacco all’Iran, come risposta a quello subito dalla Repubblica islamica la scorsa settimana. Due mosse che, soprattutto quest’ultima, potrebbero scombussolare ulteriormente uno scenario mediorientale già complesso e che rischiano di essere l’anticamera di una guerra totale tra Tel Aviv e Teheran. Motivo per cui gli Stati Uniti intendono vederci chiaro per evitare una pericolosa escalation che coinvolge un Paese con un programma nucleare e che continua ad arricchire l’uranio, in barba alle sanzioni. Dopo che negli ultimi giorni Washington ha mostrato più di un segnale di diffidenza riguardo alla risposta dello Stato ebraico all’Iran, in particolare opponendosi di fronte all’eventualità che venissero colpite le infrastrutture petrolifere ed energetiche, nel tardo pomeriggio di ieri è avvenuto un colloquio telefonico tra Benjamin Netanyahu e Joe Biden. Il Washington Post aveva tra l’altro riferito che la Casa Bianca non era stata informata della strategia di reazione che il governo israeliano stava studiando. I due leader non si sentivano dallo scorso 21 agosto e durante la conversazione durata circa 50 minuti e a cui ha partecipato anche la vice presidente e candidata dem alle elezioni del prossimo 5 novembre, Kamala Harris, il premier israeliano ha informato l’alleato della decisione presa al termine del lungo vertice tenutosi nella notte tra martedì e mercoledì con i ministri, i vertici dell’esercito e i responsabili dei servizi segreti israeliani sulla portata e la tempistica dell’attacco all’Iran. Secondo tre alti funzionari americani, citati da Axios, la rappresaglia decisa da Israele sarà significativa e vedrà, con ogni probabilità, una serie di attacchi aerei mirati su obiettivi militari e altri raid segreti come quello dello scorso 31 luglio a Teheran in cui è stato eliminato il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh. Il colloquio telefonico tra Bibi e Biden, inoltre, è arrivato dopo la rivelazione fatta nel suo ultimo libro dal giornalista del Watergate Bob Woodward, secondo cui il presidente americano avrebbe definito Netanyahu «un figlio di p… e un fottuto cattivo re» e in seguito alle polemiche legate all’annullamento in extremis della visita al Pentagono del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant. Stando alle fonti citate dal Wp, il premier israeliano avrebbe fatto sapere al suo ministro che non avrebbe potuto recarsi in Virginia fin quando non avrebbe avuto un colloquio telefonico con Biden e non ci sarebbe stata la conseguente approvazione del piano militare contro l’Iran. Un inconveniente che ha evidenziato qualche frizione all’interno dell’esecutivo israeliano, accentuata dalla dichiarazione diffusa ieri dall’ufficio di Gallant, secondo cui il viaggio era stato approvato dal premier. Gallant ha inoltre dichiarato che l’attacco all’Iran «sarà letale, preciso e particolarmente sorprendente» e che a Teheran «non capiranno cosa e come è successo», chiarendo che «l’intero sistema di sicurezza israeliano, dal soldato sul campo fino al primo ministro, è in sintonia con l’attacco all’Iran e che l’intera di catena di comando è allineata e concentrata sulla questione». Nella giornata di oggi è attesa la convocazione di un gabinetto di sicurezza da parte di Netanyahu per avere il nullaosta all’operazione.Nel frattempo si continua a sparare e combattere su tutti i fronti. Da Damasco, l’agenzia di stampa statale ha riferito che in seguito a un raid aereo condotto dalle forze israeliane contro un obiettivo legato all’Iran a est della città di Quneitra, nel Golan, è morto un soldato siriano. In Libano è stata bombardata Dahiyeh, la città roccaforte di Hezbollah, e la valle della Bekaa. Nel distretto di Sidone, secondo quanto riportato dal ministero della Salute libanese, è stato colpito un albergo nel villaggio di Wardaniyeh che ospitava famiglie sfollate con un bilancio di quattro vittime e dieci feriti; mentre un’altra persona è rimasta uccisa a Saida, nella regione di Baalbek. A Blida, città posta lungo il confine sudorientale tra Libano e Israele, i miliziani del Partito di Dio dicono di aver ingaggiato una battaglia con le truppe israeliane e di averne contrastato l’avanzata. L’Idf, tuttavia, ha comunicato su Telegram di aver colpito circa 185 obiettivi terroristici di Hezbollah in Libano e circa 45 di Hamas nella Striscia di Gaza. Nell’enclave palestinese, in differenti attacchi, sono morte diverse persone: quattro corpi sono stati recuperati da una casa famiglia nel campo profughi di Bureij, una famiglia intera di nove persone è rimasta uccisa in un edificio residenziale nel quartiere di Shujayea. Sempre a Gaza, fa discutere una lettera firmata da 130 militari israeliani e rivolta al governo di Netanyahu, in cui manifestano il rifiuto di continuare a combattere nella Striscia per «non sottoscrivere la condanna a morte dei 101 ostaggi» ancora nelle mani di Hamas: «È chiaro che la continuazione della guerra a Gaza non solo ritarda il ritorno degli ostaggi, ma mette anche in pericolo la loro vita. Molti sono stati uccisi dai bombardamenti dell’Idf, molti di più di quelli che sono stati salvati nelle operazioni militari», si legge, «noi, che abbiamo servito e continuiamo a servire con dedizione, rischiando la vita, annunciamo che se il governo non cambia immediatamente rotta e non si adopera per raggiungere un accordo per riportare a casa gli ostaggi, non saremo in grado di continuare a combattere».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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